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Climate change: gli scenari europei con aumenti di 3°C

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Il sesto Rapporto dell’IPCC stima i rischia associati ad un aumento globale delle temperature di 3°C e fa il punto sulle misure di adattamento e di mitigazione del rischio

Per gli scienziati che da anni lavorano ai rapporti sul clima delle Nazioni Unite, la Terra è un’unica entità che solo la cooperazione tra Stati può salvare. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che monitora l’andamento del riscaldamento globale, afferma con parole chiare che serve un’azione immediata e urgente, se si vogliono affrontare con successo i rischi posti dall’aumento della temperatura media del pianeta. Nel suo sesto Rapporto “Cambiamento climatico 2022, impatti, adattamento, vulnerabilità” l’IPCC studia gli effetti dei cambiamenti climatici sia su scala globale che regionale e ragiona sulle possibilità di adattamento, attuali e future, a seconda del grado di riscaldamento. Con l’obiettivo di arginare i rischi. Per quanto riguarda l’Europa, gli scienziati indentificano quattro categorie di rischi: le ondate di calore, le perdite della produzione agricola, la scarsità di risorse idriche e le inondazioni. Con ripercussioni più pesanti sull’area mediterranea.

Scenari di rischio con un aumento di 3°C

“La regione mediterranea – si legge nell’analisi degli autori italiani del Rapporto, Piero Lionello e Gustavo Naumann – si è riscaldata e continuerà a riscaldarsi maggiormente della media globale, particolarmente d’estate”. Con rischi particolarmente elevati per le persone e gli ecosistemi, “a causa della combinazione di vari fattori, tra cui una popolazione urbana numerosa e in crescita esposta alle ondate di calore, un numero elevato e crescente di persone che vivono in insediamenti colpiti dall’innalzamento del livello del mare, una grave e crescente carenza idrica, già sperimentata oggi da paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Ma anche la perdita di ecosistemi marini e terrestri e l’elevata dipendenza economica dal turismo”. La premessa, che è anche certezza, è che il livello di ciascun rischio aumenta con l’aumentare del livello di riscaldamento globale. In ambito europeo, con un innalzamento della temperatura pari a 3°C rispetto ai livelli pre-industriali, il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore raddoppierebbe o triplicherebbe rispetto a quanto stimato con un aumento di 1,5°C. E molto alto diventerebbe il rischio di scarsità delle risorse idriche, non solo nell’Europa meridionale, ma anche in quella centro occidentale. Periodi prolungati di siccità potrebbero innescare una condizione irreversibile di aridità, con 170 milioni di persone colpite da siccità estrema. Contenendo il riscaldamento a 1,5°C, la popolazione coinvolta scenderebbe a 120 milioni. Sul fronte della produzione agricola, a causa della combinazione tra caldo e siccità, si prevedono perdite sostanziali per la maggior parte delle aree europee, che non saranno compensate dai guadagni attesi per l’Europa settentrionale. Inoltre, aumenteranno i rischi per le persone e le infrastrutture derivanti dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali.

Adattamento e mitigazione dei rischi

“In molte regioni – spiega Lionello – la capacità di adattamento è già notevolmente limitata. Se l’aumento della temperatura rispetto ai valori dell’epoca preindustriale supererà gli 1,5°C, questa capacità risulterà ancora più ridotta e costosa”. Il contenimento dei rischi da ondate di calore comporta molteplici interventi su edifici e spazi urbani. Riguardo alla scarsità d’acqua invece, le strategie di riduzione del fabbisogno idrico devono essere associate a modifiche dell’uso del territorio; e, nel caso di un livello di riscaldamento elevato, è necessaria una vasta gamma di interventi “che tuttavia – precisa Lionello – potrebbe non essere sufficiente a evitare la mancanza di adeguate risorse idriche nell’Europa meridionale. L’adattamento attuale – prosegue l’esperto – si basa principalmente su strutture che assicurino la disponibilità e la fornitura di risorse idriche. L’efficacia di queste strutture sul lungo periodo però è discutibile, perchè creano un circolo vizioso in cui l’approvvigionamento idrico attira sviluppi che ne richiedono l’ulteriore aumento. Inoltre, nel caso di riscaldamento globale elevato, misure di risparmio idrico e di efficienza potrebbero non essere sufficienti per contrastare la ridotta disponibilità della risorsa”. Infine, IPCC sottolinea che in molti paesi del Mediterraneo la pianificazione non prende in considerazione la possibilità di marcati aumenti del livello del mare. Mentre questo continuerà nei prossimi secoli, anche nel caso le concentrazioni di gas serra si stabilizzino.

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