Chiudi
Cerca nel sito:

Completato il decommissioning nucleare a Bosco Marengo

fusti radioattivi
Condividi l'articolo

Poco più di un terzo delle attività di decommissioning programmate da Sogin negli ultimi 20 anni sono state completate. L’ex impianto di Bosco Marengo è il primo in Italia ad essere stato riportato allo stato di brown field. Per diventare green field quando sarà pronto il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

Esattamente a metà giugno di quest’anno è stata annunciata la fine delle attività di smantellamento dell’impianto ex Fabbricazioni nucleari a Bosco Marengo (provincia di Alessandria), il sito piemontese dove si fabbricava combustibile nucleare. Lo hanno fatto in pompa magna il Sindaco di Bosco Marengo Gianfranco Gazzaniga e il Prefetto di Alessandria Francesco Zito, che insieme ai rappresentanti delle forze dell’ordine hanno visitato l’impianto di Bosco Marengo, accompagnati dal Presidente di Sogin Luigi Perri e dall’Amministratore delegato Emanuele Fontani. L’impianto in questione ha prodotto nel corso del suo esercizio elementi di combustibile per centrali nucleari, in Italia e all’estero. A partire dal 1987, con la chiusura del programma nucleare italiano, l’impianto ha gradualmente diversificato l’attività, specializzandosi in settori ceramici avanzati e altri prodotti. Nel 2005 Sogin, la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, è divenuta proprietaria dell’impianto, con l’obiettivo di portare a termine il suo smantellamento. Poco più di un terzo delle attività complessive di decommissioning programmate da Sogin negli ultimi vent’anni sono state completate. Il punto l’ha fatto la stessa Sogin, a dicembre 2021: nella centrale di Latina è entrato in esercizio l’impianto Leco per estrarre e condizionare i fanghi radioattivi; nella centrale di Trino è stata completata la rimozione dalla piscina dei purificatori dei componenti “attivati”; nella centrale di Caorso sono terminate la ricostruzione del deposito temporaneo Ersba2 e la realizzazione della waste route, mentre era prevista per l’inizio dell’anno la conclusione delle spedizioni delle resine; nella centrale del Garigliano è terminata la realizzazione del nuovo radwaste e la bonifica dell’ultima delle tre trincee.

Il brown field di Bosco Marengo

Quello di Bosco Marengo è comunque il primo impianto italiano dove si sono concluse le attività di smantellamento previste dalla Fase 1, raggiungendo il cosiddetto stato di brown field, cioè di area dismessa potenzialmente contaminata: infatti il sito ospita ancora residui radioattivi. Obiettivo che ha comunque consentito di togliere i vincoli radiologici e di declassificare le aree e gli edifici dove in passato si fabbricavano gli elementi di combustibile nucleare, che tornano ad essere fruibili come ambienti convenzionali. I circa 500 metri cubi di rifiuti radioattivi ancora presenti, derivanti dalle pregresse attività di esercizio dell’impianto e dalle successive attività di dismissione, sono stati stoccati in sicurezza nel deposito temporaneo B106, adeguato ai più recenti standard di sicurezza. E, quando sarà disponibile, saranno trasferiti al Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi, che dovrebbe essere in grado di ospitarne 95mila metri cubi. A quel punto anche il deposito temporaneo di Bosco Marengo verrà smantellato e il sito sarà così riportato a green field, ossia ad una condizione che consenta il suo riutilizzo per altre attività. Le principali attività svolte hanno riguardato la decontaminazione e lo smantellamento del ciclo di produzione degli elementi di combustibile, il cuore dell’impianto durante il suo esercizio. Sono stati smantellati i sistemi ausiliari quali l’impianto di ventilazione, la vasca di decontaminazione dei materiali e l’impianto di trattamento e drenaggio degli effluenti liquidi. Inoltre, negli ultimi anni sono stati trattati e ridotti di volume tutti i rifiuti radioattivi solidi e liquidi che erano presenti. Le prossime attività, fanno sapere da Sogin, riguarderanno il mantenimento in sicurezza, la gestione dei rifiuti radioattivi e la conclusione dei lunghi lavori di caratterizzazione e bonifica di una parte dell’area. Una durata dovuta alla particolare cura che viene adottata nelle misure di caratterizzazione radiologica. Tranne un piccolo quantitativo di rifiuti radioattivi a debole contaminazione (poche decine di chili), si tratta di materiali inerti quali plastica, ferro, cemento, legno, fusti petroliferi eccetera, interrati in passato durante l’esercizio dell’impianto. Tale materiale dopo gli opportuni controlli verrà rimosso e conferito in discarica.

In attesa del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi

Inutile nascondere che i riflettori sono tutti puntati sulle prossime tappe dell’iter per la costruzione del Deposito Nazionale. Il 15 marzo scorso, terminata la consultazione pubblica che si è svolta dal 5 gennaio 2021 al 14 gennaio 2022, Sogin ha trasmesso al Ministero della Transizione ecologica (MiTe) la proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), dove ospitare il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico, come previsto dal D. lgs. 31/2010. La norma prevede ora che il MiTe, acquisito il parere tecnico dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (ISIN), approvi con proprio decreto la Carta, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. Successivamente la mappa verrà resa pubblica e sarà disponibile sui siti web di Sogin, dei Ministeri e dell’ISIN. Con l’approvazione della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) si aprirà la fase successiva di confronto finalizzata a raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti, da parte delle Regioni e degli enti locali il cui territorio ricade nelle aree idonee ad ospitare il Deposito Nazionale.

Ultime Notizie

Cerca nel sito