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Quanto vale la gestione dell’acqua in Italia

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Oltre un milione di imprese agricole, 330mila aziende manifatturiere e 10mila imprese energetiche hanno a che fare con la filiera dell’acqua. Un settore che nel 2022 ha generato quasi 370 miliardi di euro, ma che è minacciato dalla siccità e dal cambiamento climatico.

È allarme siccità in Italia, ormai già da qualche anno. Nel 2022 l’elevato deficit di precipitazioni registrato su scala nazionale (- 24% rispetto alla media del periodo 1991-2020) si è trasformato in una notevole riduzione della disponibilità naturale della risorsa idrica rinnovabile, quella che si produce annualmente attraverso il ciclo idrologico, pari a 67 km3: oltre il 50% in meno rispetto alla media del periodo 1951-2022. La siccità rientra nello spettro delle conseguenze provocate dai cambiamenti climatici e rende sempre più necessario avere un servizio idrico integrato in buona salute, che garantisca la sicurezza dell’approvvigionamento idropotabile.

Lo stato di salute del servizio idrico in Italia

In Italia – secondo il Blue Book 2024 realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Istat, Enea, ANBI e le sette Autorità di Bacino dei Distretti Idrografici – l’approvvigionamento idropotabile è garantito da oltre 37mila fonti presenti sul territorio nazionale, che forniscono un prelievo annuo di più di 9 miliardi di metri cubi di acqua:

  • i pozzi sono il tipo di fonte più diffusa sul territorio (43% dei Comuni italiani);
  • le sorgenti (39% dei Comuni);
  • i corsi d’acqua e i bacini artificiali (meno del 5%);
  • i laghi naturali (meno dello 0,5%);
  • le acque marine o salmastre rappresentano delle fonti residuali.

Considerando gli effetti dei cambiamenti climatici in corso, è cruciale incentivare forme non convenzionali di approvvigionamento, tra le quali il riuso delle acque reflue urbane per l’irrigazione, per i processi produttivi e i servizi ambientali.

Gli investimenti nel settore idrico hanno raggiunto, nel 2022, i 64 euro annui per abitante, con una crescita del 94% rispetto al 2012 (quando l’investimento medio ammontava a 33 euro circa pro capite), anno di avvio della regolazione Arera. Valori che si avvicinano progressivamente alla media europea degli ultimi cinque anni, pari a 82 euro per abitante. Il fabbisogno di settore è comunque stimato in almeno 6 miliardi di euro l’anno: serviranno dunque risorse aggiuntive tra 1,3 e 2 miliardi di euro per innalzare l’indice di investimento annuo e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinandosi così alla media di altri Paesi europei di dimensione simile all’Italia.

Tra i settori in cui appare più urgente investire c’è la depurazione delle acque reflue, non solo per la tutela dell’ambiente, ma per la produzione di risorse idriche aggiuntive. Il contributo potenziale del riutilizzo idrico sarebbe tra il 40% ed il 50% del fabbisogno irriguo nazionale. In termini di capacità di investimento esiste però un divario profondo tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto nel Meridione: qui gli investimenti medi si sono attestati su 11 euro per abitante.

La Direttiva europea sulla gestione delle acque

In ambito comunitario il trattamento delle acque reflue urbane è disciplinato dalla Urban Waste Water Directive (Direttiva del Consiglio europeo 91/271/EEC), adesso in fase di revisione. Consiglio e Parlamento europeo hanno trovato l’accordo sulla necessità di innalzare gli standard di qualità delle acque reflue trattate introducendo: 

  • entro il 2035 il trattamento secondario, ossia la rimozione della materia organica prima dello scarico nell’ambiente, per tutti gli agglomerati urbani con almeno 1.000 abitanti equivalenti; 
  • entro il 2039 il trattamento terziario (finalizzato alla rimozione di azoto e fosforo) per impianti che servono 150.000 abitanti o più; ed entro il 2045 a impianti che coprono almeno 10.000 abitanti;
  • entro il 2045 tutti gli impianti che servono oltre 10.000 abitanti dovranno adottare il trattamento quaternario per la rimozione di microinquinanti e sostanze di origine farmaceutica o chimica, che di per sé non rappresentano un pericolo per la salute umana o  l’ambiente, ma che possono diventarlo se presenti in concentrazione elevata o in combinazione con altre sostanze.

Per adeguarsi agli obiettivi della proposta di Direttiva, gli impianti di maggiore taglia dovranno investire, complessivamente, intorno ai 5 miliardi di euro per adeguarsi agli standard di trattamento terziario e tra i 2 e i 6 miliardi di euro per implementare nuove tecnologie finalizzate a garantire il trattamento quaternario.

Il valore della gestione dell’acqua

La filiera dell’acqua coinvolge una vasta gamma di attività economiche: dalla produzione agricola alla manifattura idrovora, al settore energetico, toccando oltre un milione di imprese agricole, circa 330mila aziende manifatturiere e 10mila imprese energetiche. Solo considerando il valore generato dalla catena delle forniture del ciclo idrico, composta da molteplici aziende industriali e di servizio, si arriva – secondo il Libro Bianco 2024 realizzato da The European House – Ambrosetti – ad un valore aggiunto di oltre 16 miliardi di euro e un indotto di oltre 150mila posti di lavoro. Uno straordinario volano per l’economia italiana, che nel 2022, considerando l’intera filiera estesa dell’acqua, ha generato quasi 370 miliardi di euro, pari al 20% circa del PIL. Un valore in crescita di quasi il 9% rispetto al 2021.

Ma su questa risorsa incombe lo spettro della siccità, che secondo gli analisti ha colpito in modo particolare il nostro Paese, che si posiziona al quinto posto in Europa per quota di territorio esposta a siccità severo-estrema negli ultimi due anni, pari a più del 13% (quasi 6 punti percentuali al di sopra della media europea). Il 2022 è stato l’anno più siccitoso della storia italiana e il 2023 ha consolidato il trend, con un’eccedenza termica di + 1,12o C rispetto al periodo 1991-2020.

Peraltro, a fronte della riduzione della frequenza e della quantità delle precipitazioni si aggiunge l’aumento pericoloso della loro intensità, con oltre 1.000 casi estremi di piogge intense registrati nel 2022, oltre il 50% in più rispetto alla media annua. Uno dei settori più danneggiati è l’agricoltura. L’impatto sulle colture dovuto a siccità, gelo e alluvioni nel 2022 ha causato una perdita di quasi 6 miliardi all’intero settore, soprattutto ai danni dei comparti cerealicolo, degli ortaggi, frutta e vino.

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