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Lavorando gli scarti degli agrumi si ottengono fibre tessili da indossare

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Solo in Italia ogni anno si producono 700mila tonnellate di scarto dalla spremitura delle arance. Orange Fiber a Catania recupera ogni anno 15 tonnellate di sottoprodotto per la fabbricazione di fibre tessili, evitando i costi di smaltimento all’industria alimentare.

Il pastazzo sfila sulle passerelle di moda. Questo materiale è ricavato dai residui della spremitura degli agrumi e il suo impiego nell’industria tessile fa risparmiare alle aziende alimentari milioni di euro, circa una decina solo in Sicilia, perché il pastazzo rappresenta oltre il 50% del peso degli agrumi. Inoltre, il suo utilizzo come materia prima seconda alimenta un modello di economia circolare sperimentato dal 2014, a Catania, da Orange Fiber, azienda che ha conquistato brand come H&M, Salvatore Ferragamo, Marinella. E che ogni anno recupera almeno 15 tonnellate di materia dagli scarti della produzione dei succhi di frutta.

Tessuti dalla cellulosa delle arance e del legno

Orange Fiber è partita dall’utilizzo delle arance. Poi ha brevettato un processo per la creazione di tessuti dagli scarti di tutti i tipi di agrumi, dall’arancia al limone, dal pompelmo al bergamotto. E la ricerca continua. “La cellulosa delle arance è un materiale innovativo, con enormi potenzialità e molteplici ambiti applicativi da esplorare – racconta Enrica Arena Ceo e co-founder di Orange Fiber – adesso ci stiamo concentrando sull’ottimizzazione del processo di produzione industriale e lo sviluppo di diverse tipologie di tessuti”. Orange Fiber ha stretto una partnership con il gruppo Lenzing, leader mondiale nella produzione di fibre tessili a partire dal legno, per la creazione di TENCEL™ limited edition, un materiale tessile prodotto dalla cellulosa dell’arancia e del legno ed è imminente la presentazione della nuova collezione di tessuti realizzata con questa fibra.

Il pastazzo degli agrumi: tanti possibili utilizzi degli scarti

Le potenzialità dei residui della lavorazione degli agrumi non si fermano al tessile. Lo conferma una ricerca internazionale del Cnr condotta insieme al Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari ambientali e forestali dell’Università di Firenze e al Centro de Química-Física Molecular and IN-Institute of Nanoscience and Nanotechnology di Lisbona, e pubblicata sulla rivista internazionale Processes. Il pastazzo rappresenta un fardello pesante per l’industria del succo d’arancia: solo in Italia sono 700mila le tonnellate annue prodotte. A livello globale, secondo la ricerca, si sono superati i 47 milioni di tonnellate annue. Una parte è utilizzata come fertilizzante o mangime, ma la gran parte viene smaltita. Lo scarto, secondo i ricercatori del Cnr, ha tanti possibili utilizzi: è ricco di preziosi composti bioattivi come pectina, polifenoli e terpeni da utilizzare nella farmaceutica e può essere utilizzato per generare biometano, in modo veloce ed efficiente. Grazie alla cavitazione idrodinamica, una nuova tecnologia di estrazione dei composti bioattivi dal pastazzo “conforme ai principi della chimica verde, rapida ed efficiente, che non fa uso di solventi di sintesi” racconta il ricercatore Francesco Menguzzo, si ottimizza la valorizzazione dello scarto. “La cavitazione – spiega il ricercatore – è un fenomeno di formazione, accrescimento e implosione di bolle di vapore in un liquido, a temperature inferiori rispetto al punto di ebollizione, che genera micro-ambienti caratterizzati da temperature localmente elevatissime, intense onde di pressione e getti idraulici”. Il processo è veloce, efficace e rispetta i principi di sostenibilità, con alte rese in pochi minuti di tempo.

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Redazione

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