Ricercatori svedesi hanno presentato un metodo riproducibile e scalabile per produrre nanosfoglie di ossido di grafene da fibre di carbonio. Una scoperta che apre nuovi scenari per la produzione di batterie per auto e cellulari, ma non solo.
Per la produzione di grafene, ricercatori svedesi stanno lavorando a un metodo alternativo all’estrazione della grafite. Un metodo più verde e sostenibile che consentirebbe al contempo di ridurre la dipendenza dall’estrazione della fonte grezza. I risultati dei ricercatori del KTH Royal Institute of Technology sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Small. In una nota stampa dell’istituto di Stoccolma, gli scienziati dichiarano di aver sviluppato un metodo riproducibile e scalabile per la produzione di nanoschede di ossido di grafene (GO) da fibre di carbonio commerciali, segnando una svolta nella sintesi di nanomateriali sostenibili. L’ossido di grafene è un nanomateriale ampiamente studiato che può essere utilizzato nelle batterie per auto quando i suoi fogli sottili si impilano tra loro, formando strati simili alla grafite.
Che cosa sono i nanomateriali
I nanomateriali, secondo la definizione fornita dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, sono sostanze chimiche di dimensioni estremamente ridotte comprese tra 1 e 100 nanometri (nm). Il nanometro (nm) corrisponde a 0,000001 millimetri (mm). Alcuni nanomateriali sono presenti in natura (ad esempio le particelle che costituiscono il polline), altri possono essere una conseguenza non intenzionale di attività umane (ad esempio i prodotti della combustione). Altri ancora sono prodotti artificialmente come il biossido di titanio o, appunto, il grafene.
Che cos’è il grafene
Il grafene – spiega un apposito sito del CNR – è un foglio di atomi di carbonio disposti a formare un reticolo esagonale. Ogni singolo foglio è spesso quanto un solo atomo, e quindi in confronto ha un’estensione laterale enorme, come un lenzuolo molto flessibile eppure resistente. Per questo si parla di grafene come di un materiale bidimensionale, in cui esistono solo le due dimensioni del piano. La grafite è composta da tanti di questi fogli messi assieme uno sull’altro. Anche se la grafite era studiata intensamente da tempo, solo nel 2004 si è scoperto che uno suo singolo foglio ha proprietà molto diverse. Il grafene, “il materiale più sottile del mondo è destinato a rivoluzionare quasi ogni campo della vita quotidiana”, scrive il CNR. Le applicazioni del grafene sono molteplici: in elettronica, perché può essere piegato e allungato senza perdere le sue proprietà elettriche; per sensori di luce e acqua; per creare nuove batterie nanotecnologiche o anche supercapacitori per lo sviluppo di automobili ibride, cellulari di lunga durata o dispositivi flessibili; come nanoadditivo, da aggiungere a plastiche o materiali compositi per renderli più resistenti o elettricamente conduttivi; come filtro molecolare.
Il nuovo metodo è replicabile con le biomasse
Il processo messo a punto dai ricercatori del KTH Royal Institute of Technology per la produzione di grafene prevede l’esfoliazione delle fibre di carbonio commerciale con acido nitrico, che fornisce un’elevata resa di fogli di ossido di grafene dello spessore di un atomo con caratteristiche paragonabili all’ossido di grafene commerciale ottenuto dalla grafite estratta. Richard Olsson, professore di materiali polimerici al KTH, afferma che la proof of concept è stata realizzata con fibre di carbonio derivate dal poliacrilonitrile (PAN), un polimero ampiamente disponibile che subisce un’ossidazione e una grafitizzazione ad alta temperatura. Secondo Olsson, il metodo potrebbe essere duplicato con altre fonti primarie, come le biomasse o i residui dell’industria forestale.
È un processo di ossidazione elettrochimica
Il metodo consiste nel trasformare le fibre di carbonio utilizzando il processo di ossidazione elettrochimica in un bagno di acqua e acido nitrico. Il bagno fa da conduttore e quando una corrente elettrica viene inviata attraverso la fibra di carbonio, il materiale inizia a perdere elettroni, trasformando la superficie proprio come l’ossidazione appare come ruggine su un’automobile. In questo caso, la trasformazione provoca il distacco di strati di ossido di grafene su scala nanometrica dalla superficie delle fibre di carbonio. “Rispetto ai metodi di sintesi esistenti, il nuovo approccio offre un’alta resa di 200 milligrammi di ossido di grafene per grammo di fibra di carbonio. Questo efficiente tasso di conversione lo rende fattibile per la produzione su larga scala, affrontando una sfida chiave nella sintesi dei nanomateriali”, spiega Olsson.
Una valida alternativa per il mercato delle batterie di auto elettriche
Il mercato delle batterie per veicoli elettrici è, secondo Olsson, uno di quelli che possono beneficiare della nuova tecnologia. “Il cuore della funzionalità delle batterie di grafite si trova nel grafene stratificato all’interno, che può essere ricavato da fibre di carbonio commerciali con questo metodo”, afferma. “Il futuro della produzione automobilistica si baserà sull’alimentazione a batteria, e la domanda è: da dove si ricaverà la grafite? Ci sarà bisogno di alternative”.