Il petrolio è uno dei combustibili fossili più antichi, e utilizzati, presenti sul pianeta Terra. L’energia necessaria a moltissimi settori industriali si ricava, ancora oggi, da questa sorgente di energia, così come quella per portare potenza in tantissime case o alimentare generatori elettrici di emergenza. A fronte di queste possibilità, com’è noto, l’impiego di petrolio presenta svariate minacce. In questo approfondimento ci concentreremo su quella che è la più evidente, anche ad occhio nudo: lo sversamento in mare del cosiddetto oro nero, universalmente noto con il termine inglese oil spill.
Che cos’è un oil spill e come avviene
L’espressione oil spill è traducibile in italiano con le parole fuoriuscita di petrolio. Già soltanto questi lemmi spiegano bene di che cosa si tratti. Parliamo di un rilascio generalmente accidentale, ma che in alcune occasioni potrebbe anche essere intenzionale, di petrolio nell’ambiente. Spesso, la dispersione del combustibile avviene in mare.
Quando si verificano questi episodi si crea una macchia galleggiante, detta slick, di ampiezza variabile, ma quasi sempre imponente, che inquina severamente acque e coste. Queste fuoriuscite possono verificarsi a causa di incidenti che coinvolgano petroliere oppure piattaforme petrolifere, ma anche oleodotti. Frequentemente, accadono durante operazioni di estrazione o trasporto del petrolio.
Storicamente, la responsabilità di questi incidenti è stata di operatori che hanno provocato collisioni, incagli, guasti meccanici o errori umani. Situazioni di questo tipo possono causare la rottura delle cisterne delle navi e lo sversamento di petrolio.
Talvolta, la responsabilità del disastro è dovuta a errate procedure di estrazione. In altre occasioni, incidenti come i cosiddetti blowout, ovvero le eruzioni dei pozzi di estrazione, oppure guasti alle attrezzature provocano la fuoriuscita di petrolio dalle piattaforme. Similmente, perdite o rotture di oleodotti, sottomarini o terrestri, possono causare lo spilling. Infine, anche eventi naturali, quali uragani o terremoti, possono causare danni alle infrastrutture petrolifere, provocando fuoriuscite. È un’eventualità registrata più raramente, ma comunque possibile.
I principali tipi di sversamento
È possibile catalogare due tipi differenti di oil spill. Qualora sia sversato crudo pesante si avrebbe a che fare con una miscela complessa di idrocarburi dall’elevato peso molecolare. Questo tipo di greggio presenta consistenza viscosa e tende a formare chiazze più compatte in superficie. Tale composizione ne rallenta dispersione ed evaporazione. Occorre poi considerare la densità maggiore di questa tipologia di petrolio. Essa può far sì che affondi verso il fondale, contaminando anche le aree più profonde. Il petrolio leggero è più volatile e si disperde maggiormente nell’atmosfera. La sua maggiore fluidità facilita la penetrazione nei sedimenti del fondale, così come nelle falde acquifere, dove può causare danni a lungo termine.
È importante anche fare una distinzione tra oil spill accidentale e cronico. Il primo riguarda gli incidenti che possono sfortunatamente verificarsi in mare, a causa delle ragioni di cui abbiamo già scritto. Il secondo sottende invece a un comportamento criminale, che purtroppo è all’ordine del giorno. Vi sono infatti imbarcazioni che scaricano volutamente acque sporche e idrocarburi in mare, durante i loro tragitti, per non portarli con sè e smaltirli in maniera corretta, investendo tutto il tempo e il denaro necessario a farlo. Navi vecchie e non correttamente manutenute, poi, potrebbero involontariamente disperdere carburante o petrolio negli oceani, a causa di problemi di contenimento dovuti a ruggine e/o obsolescenza.
Impatti ambientali: cosa succede a fauna, flora e coste quando si verifica un oil spill
Le modalità nelle quali uno sversamento in mare incide su fauna, flora e coste sono principalmente due. La principale è la diffusione del liquido viscoso, il quale uccide le specie perché ne inficia le possibilità di sopravvivenza. È il caso delle lontre che, a causa della pelliccia impregnata di nero non riescono a riscaldarsi, perché il petrolio mette fuori uso la loro capacità isolante, e muoiono dunque di ipotermia. È anche quanto accade agli uccelli marini che si trovano le penne e le piume legate dall’idrocarburo e non riescono più a spiccare il volo.
Accanto a questo fenomeno ve n’è anche uno più a lungo termine. Il petrolio è infatti tossico per i mammiferi e, in generale, per tutti gli animali che respirano. Esso può infatti causare problemi cardiovascolari, inibire la crescita cellulare, indebolire il sistema immunitario e condurre, più o meno direttamente a seconda della quantità, fino alla morte.
Nello specchietto riassuntivo sottostante, abbiamo elencato i principali rischi per l’ecosistema legati all’oil spill:
- danni agli uccelli marini. Il piumaggio dei volatili legati al mare si rovina entrando a contatto con il petrolio e gli uccelli rischiano di ingerire involontariamente l’idrocarburo planando sull’acqua alla ricerca di nutrimento;
- contaminazione di molluschi e pesci. Gli organismi che vivono nell’acqua non possono certo respirare, attraverso le branchie che consentono loro la sopravvivenza, petrolio. Così facendo restano intossicati, esattamente come capiterebbe a un animale dotato di apparato respiratorio che inspirasse anidride carbonica piuttosto che ossigeno;
- impatti sul turismo e sull’economia della pesca. Nessun pescatore si recherebbe a cercare pesce in aree contaminate dal petrolio e contraddistinte da una moria di organismi, uccisi dall’intossicazione. Alla stessa maniera, non vi sono turisti che si recherebbero in spiagge bagnate dalla marea nera.

Come intervenire: tecniche e tecnologie di bonifica
Per limitare e contenere una slick (che non può mai essere rimossa al 100%) si procede attraverso alcune tecniche e tecnologie sviluppate nel corso dei decenni. Dapprima si applicano speciali barriere galleggianti che limitano la dispersione. In secondo luogo, si impiegano speciali skimmer, posti su barche, al fine di aspirare il petrolio, separandolo dall’acqua. Alternativamente si procede alla bruciatura in situ, allo scopo di incendiare l’idrocarburo prima che raggiunga spiagge o aree particolarmente pescose. Infine, si fa uso di dispersanti chimici, per eliminare le tracce di petrolio rimaste dopo l’applicazione delle altre tecniche.
Tecnica 13850_f778bc-40> |
Descrizione 13850_3a20ea-29> |
Vantaggi 13850_1191f6-42> |
Limiti 13850_7ea027-ea> |
Rimozione meccanica 13850_3f5507-ae> |
Servendosi di skimmer e barriere galleggianti si raccoglie fisicamente il petrolio dalla superficie 13850_49bf5d-09> |
Rapido e applicabile ovunque 13850_1a37da-62> |
Metodo di bonifica piuttosto grossolano e inefficace 13850_0e38ef-ad> |
Combustione in situ 13850_8bb5d8-c5> |
In determinate circostanze, il petrolio può essere bruciato sulla superficie dell’acqua 13850_aff022-8b> |
Ancor più veloce della rimozione e utile contro sversamenti considerevoli 13850_e98a62-55> |
Tecnica limitata da condizioni meteorologiche e dalla quantità di inquinante 13850_8186d8-b7> |
Assorbimento 13850_5e5861-5c> |
Si impiegano panni specifici, trucioli di legno e così via per assorbire il petrolio 13850_971d5a-99> |
Metodo che si può mettere in campo immediatamente, da parte della Guardia Costiera, in attesa dell’intervento degli specialisti 13850_65a91e-13> |
Tecnica lunga, impegnativa e dispendiosa, che anticipa una rimozione meccanica perché inefficace da sola 13850_3766bf-8f> |
Dispersione chimica 13850_d53114-d3> |
Impegando dispersanti chimici si frammenta il petrolio in goccioline più piccole, facilitandone la degradazione naturale grazie all’alterazione delle sue proprietà 13850_a19612-ea> |
La soluzione più adatta in caso di forti correnti 13850_c805d9-cb> |
Metodo rischioso e che può causare altri danni, qualora si esageri nel dosaggio 13850_a547b4-b5> |
Tre oil spill che hanno segnato la storia recente: casi studio
Alcuni sversamenti di petrolio sono entrati nella storia, a causa delle vaste problematiche che hanno causato.
Molti lettori ricorderanno probabilmente il disastro della Deepwater Horizon, il massiccio oil spill nelle acque del Golfo del Messico dovuto a un incidente avvenuto a 1.500 metri di profondità, presso il Pozzo Macondo. Si tratta del più grande disastro ambientale petrolifero di sempre. Lo sversamento proseguì, ininterrotto sebbene sempre più flebile, per 6 mesi, tra l’aprile e il settembre 2010.
La petroliera Prestige, carica di 77mila tonnellate di petrolio, affondò il 19 novembre 2002 al largo della Spagna. L’immensa macchia nera interessò un amplissimo bacino idrico, dal Nord del Portogallo fino alle Landes francesi, devastando la costa della Galizia, che impiegò anni per riprendersi, e passando alle cronache come la peggior tragedia ambientale nella storia della penisola iberica.
Anche l’Italia ha avuto la sua catastrofe ambientale. Il disastro del traghetto Moby Prince, entrato in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, nella notte del 10 aprile 1991, presso la rada del porto di Livorno, causò un incendio che carbonizzò le 140 persone a bordo dell’imbarcazione e liberò una quantità di idrocarburo tra le 100 e le 300 tonnellate (si tratta di stime; nessuno è mai riuscito a stabilire quanto petrolio finì effettivamente in mare). La collisione rappresenta la più grave tragedia che abbia interessato la Marina mercantile italiana dal termine del secondo conflitto mondiale.
Come prevenire gli sversamenti, dalla tecnologia alla governance
Come recita il vecchio adagio, prevenire è meglio che curare. La tecnologia moderna ci consente di difenderci da simili tragedie, affiancando marinai e lavoratori e limitando (ma non riducendo a 0, naturalmente, perché è impossibile) il rischio legato al fattore umano. Non possiamo però delegare tutto a computer e sensori. Armatori e governi devono mettere in campo regolamenti chiari e limitare le possibilità di circolazione per imbarcazioni vecchie e usurate. Sarebbe poi necessario impedire a certi Stati la concessione, troppo facile – dietro pagamento, della propria bandiera a trasportatori senza scrupoli, i quali danno la priorità al loro guadagno e non si curano delle conseguenze ambientali.
I tempi sono probabilmente maturi per una revisione, con inasprimento, della normativa internazionale sui trasporti marini e le operazioni estrattive negli oceani. Visti gli sforzi che stiamo facendo, come società, per rispettare di più l’ambiente che ci ospita, è necessario aumentare la severità delle pene contro chi si macchia di reati così impattanti o li causa per superficialità e negligenza. L’oil spill causa inquinamento grave e duraturo. Per contrastarlo ci occorre una governance che integri tecnologia, prevenzione, bonifica e informazione pubblica. In questo modo, potremo proteggere i mari e le comunità che da essi dipendono.