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Agricoltura biologica: un aiuto contro il surriscaldamento globale

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Utilizzo di concimi naturali, rotazione dei raccolti e minore uso di mangimi ad alto consumo energetico: le pratiche dell’agricoltura biologica comportano una produzione di emissioni minore del 50% rispetto a quella tradizionale. 

Il suolo è importante per il clima: dopo gli oceani è il secondo serbatoio di carbonio. E altrettanto importanti ai fini della neutralità climatica sono le tecniche di coltivazione del suolo: in particolare, il metodo biologico rappresenta un valido strumento di contrasto al cambiamento climatico. È quanto sostiene la Federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica (FederBio) con la campagna di comunicazione “Being Organic in Eu”, finalizzata a migliorare la conoscenza dell’agricoltura biologica. Ma il legame tra pratiche agricole con il metodo biologico e benefici climatici è sottolineato anche dall’Agenzia europea per l’ambiente (AEA). 

L’agricoltura biologica produce meno emissioni di quella tradizionale 

“L’aratura dei terreni agricoli – ricorda l’Agenzia europea per l’ambiente – accelera la decomposizione e la mineralizzazione della materia organica. Per mantenere il carbonio e i nutrienti all’interno del suolo, i ricercatori suggeriscono di ridurre la lavorazione dei terreni, coltivando secondo il principio della rotazione del raccolto, utilizzando le cosiddette colture da rinnovo, e lasciando i residui della coltivazione sulla superficie del suolo”. Lasciare i residui della coltivazione sulla superficie, prima e durante la semina, contribuisce a proteggere il suolo dall’erosione. Prosegue l’Agenzia: “l’agricoltura biologica, che prevede l’uso di concimi naturali, può ricostruire lo strato di carbonio organico situato in profondità, sotto la superficie del suolo. L’agricoltura biologica comporta inoltre il beneficio aggiunto di ridurre i gas serra, poiché non fa ricorso a fertilizzanti chimici”. Anche la FAO sottolinea il ruolo dell’agricoltura biologica per contrastare la crisi climatica: “cambiare il modo di produrre cibo può fare una grande differenza nel mitigare i cambiamenti climatici, può aiutare gli agricoltori ad adattarsi e a diventare più resilienti e contribuire alla protezione della biodiversità”, afferma l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. “L’agricoltura biologica offre un approccio sistemico per ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GHG) e aumentare il sequestro di carbonio nel suolo, sostenendo terreni sani e proteggendo la biodiversità”. Secondo stime FAO, le emissioni di CO2 per ettaro di terreno coltivato con metodi di agricoltura biologica sono tra il 48 – 66 % in meno rispetto a quelle generate dai metodi di coltivazione tradizionali, soprattutto grazie al mantenimento e l’aumento della fertilità del suolo portata dall’uso del letame di fattoria; al fatto che non si utilizzino fertilizzanti e pesticidi di sintesi; al minor uso di mangimi ad alto consumo energetico

Agricoltura biologica: meno anidride carbonica e azoto rispetto a quella tradizionale 

“Cambia la terra”, campagna promossa da Federbio insieme a Isde, Legambiente, Lipu, Slow Food e WWF, chiarisce che “la produzione, il trasporto e l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi a base di combustibili fossili sono molto comuni nell’agricoltura tradizionale. E contribuiscono in modo significativo alle emissioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica: basti pensare che la produzione di questo tipo di fertilizzanti rappresenta da sola fino al 10% delle emissioni agricole globali. Nell’agricoltura biologica l’utilizzo di questo tipo di fertilizzanti è completamente vietato, e questo porta a una significativa riduzione delle emissioni di anidride carbonica: se la pratica venisse adottata da tutte le aziende agricole, a livello globale si assisterebbe a una riduzione diretta di gas serra del settore del 20%”. E poi c’è l’azoto. Nell’agricoltura convenzionale l’applicazione di azoto sintetico (utilizzato per la crescita di piante e animali) rappresenta una delle principali fonti di emissioni dirette di gas serra. L’azoto, innocuo in natura, diventa altamente reattivo e dannoso quando passa attraverso un processo chimico detto “fissazione”: nella forma di protossido di azoto rappresenta un gas serra estremamente potente che, a causa della sua lunga permanenza nell’atmosfera, ha un impatto sul riscaldamento globale circa 300 volte superiore a quello dell’anidride carbonica. “Studi mostrano che la produzione biologica utilizza circa il 50% in meno di azoto reattivo rispetto all’agricoltura convenzionale” sostiene FederBio. Invece sul fronte dell’altro grande gas climalterante, il metano, la FAO spiega che non esistono dati sufficienti sugli effetti dell’agricoltura biologica.  

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