La trasformazione di una città in smart city prevede un ripensamento totale, anche di panchine e fioriere. L’arredamento urbano autocostruito, riutilizzato ed eco-friendly, è parte integrante di una strategia che mira ad abbassare l’impatto ambientale degli spazi che viviamo.
Tra le parole chiave del lessico, integralmente anglofono o quasi, della smart city, troviamo il termine up-cycling. Con questa espressione indichiamo l’azione di dare nuova vita a ciò che sembrava da buttare, trasformandolo in qualcosa di utile e, possibilmente, più nobile rispetto a prima. Vecchi pancali, cassette della frutta, europallet e altri componenti in legno possono divenire arredamento urbano autocostruito. I materiali di recupero trovano nuovo utilizzo in città, migliorando il decoro e il comfort del centro senza effetti collaterali per l’ambiente.
L’autocostruzione come strumento di rigenerazione urbana
La rigenerazione urbana riveste un ruolo di fondamentale importanza nella transizione verso le smart city. Essa offre modi e opportunità di riutilizzare spazi in disuso. Una buona maniera di recuperare aree degradate è quella di posizionarvi arredi funzionali ed economici, già parte del ciclo della materia e che non richiedono lo sfruttamento di nuove risorse. L’arredamento urbano autocostruito permette l’adattamento di sedute, tavoli e fioriere allo spazio che li ospiterà. Un ambiente così valorizzato è in grado di creare soluzioni uniche e funzionali, fornendo un servizio aggiuntivo alla comunità che poi farà uso degli arredi installati.
L’autocostruzione in up-cycling è un’efficace modalità di coinvolgimento perché favorisce la crescita del gruppo sociale. Promuovendo la cultura del fai da te e valorizzando il lavoro manuale si genera un senso di orgoglio e partecipazione. La rigenerazione non deve essere lasciata soltanto agli addetti ai lavori, ma può riguardare e coinvolgere tutti. La difficoltà principale nella promozione e diffusione della cultura dell’autocostruzione sta proprio in questo. Non tutte le comunità sono disposte a lavorare assieme per migliorare il decoro delle aree dove vivono, ridurre l’impatto delle loro città e approfondire la conoscenza dei propri vicini di casa. Molti non ne hanno il tempo o la voglia.
Impatto sociale e ambientale
Porre l’accento su ambiente e sociale, coniugando le due realtà, non è nulla di estemporaneo. Avere una visione d’insieme sensibilizza le comunità verso il rispetto del pianeta, dando loro contemporaneamente modo di collaborare, conoscersi e costruire nuclei operativi di persone che abitano gli stessi spazi e desiderano valorizzarli.
Perché una città possa davvero dirsi smart, dunque intelligente, occorre anche che sia vissuta con intelligenza. L’impatto sociale e ambientale dell’arredamento urbano autocostruito unisce queste due dimensioni in maniera virtuosa. Da una parte si popolano le aree urbane di elementi eco-friendly, dall’altra si fa rete, unendo il vicinato sotto lo stesso scopo.

Esperienze di progettazione partecipata
La progettazione partecipata degli spazi urbani resta ancora una realtà piuttosto di nicchia nel settore dell’architettura urbanistica. Ciononostante, esistono già esempi vincenti di questo modo di prendersi cura degli spazi in Italia e in Europa. Possiamo citare, per esempio, il Piano Regolatore della città di Urbino di Giancarlo De Carlo. Risalente alla seconda metà degli anni ’50, il PRG della città rinascimentale si contraddistingueva per l’approccio progettuale tipico dell’architetto. Concetti come sostenibilità, valorizzazione delle esigenze della cittadinanza e partecipazione democratica hanno sempre guidato il suo lavoro.
Nella pianificazione del PRG, De Carlo coinvolse gli urbinati e sviluppò alcune soluzioni di concerto con loro. Nel corso dei decenni, numerosi cambiamenti e modifiche hanno modificato le idee originali, com’era inevitabile per una città in crescita e frequentatissima da studenti universitari. Lo scheletro del disegno dell’architetto è però sempre rimasto. A cavallo tra gli anni ’50 e ’60, De Carlo portò la sua progettazione partecipata anche in Umbria. Il villaggio Matteotti di Terni ripropone lo stesso concept di Urbino, trasferendolo in una cornice geografica piuttosto differente.
A livello europeo è il progetto berlinese dello Spreefeld a raccontarci il successo di un’architettura di tutti e per tutti. L’idea di partenza, in questo caso, è stata quella di riappropriarsi di spazi urbani dimenticati. Senza necessità di nuova cubatura di cemento si è optato per favorire la convivenza multigenerazionale e lo stile di vita eco-consapevole. Nuove tecnologie, stili architettonici originali e design innovativo caratterizzano l’architettura dello Spreefeld. A livello sociale, si sono messi sul mercato edifici non costosi e progettati dal basso, in netta contrapposizione alle logiche dominanti del mercato immobiliare della città più cara d’Europa, in termini di costo dello spazio al metro quadro.
Materiali di recupero più utilizzati
L’arredamento urbano autocostruito non può fare a meno dei materiali di recupero. Le due cose sono strettamente legate e ciò vale per buona parte delle possibili materie prime utilizzate per sostenere arredi e opere architettoniche.
Legno, plastica riciclata e cemento
Il legno è il principe dei materiali riutilizzabili. Naturalmente, ci riferiamo qui a travi ancora solide e robuste, non danneggiate né intaccate dal tempo o dalle condizioni meteorologiche. Panchine, fioriere, tavolini, sedute, giochi pubblici, staccionate e svariati altri elementi di arredo possono essere realizzati in legno di riuso, all’interno di una rigenerazione urbana concertata. E un identico ragionamento può essere fatto con la plastica riciclata. Il polimero si può infatti riusare numerose volte prima che perda di qualità.
Per quanto riguarda il cemento, esso si rafforza e ricompone dopo il primo utilizzo, tornando impiegabile. Per ottenere tale risultato, occorre inserirlo in un ciclo di rigenerazione complesso, ma possibile con le tecnologie odierne.

Criteri di sicurezza e durabilità
Quando parliamo di materiali per costruzioni, inevitabilmente, dobbiamo sottolineare che la loro sicurezza e durabilità sono fondamentali per il riutilizzo. Per garantire che il calcestruzzo riciclato sia di alta qualità, dunque adatto all’utilizzo in nuovi progetti, è fondamentale aderire a rigorosi standard di controllo. Questi includono test regolari, precedenti e successivi alla posa, sugli aggregati riciclati. Verificandone stabilità e resistenza è possibile assicurare che il materiale soddisfi le specifiche tecniche richieste dalla sua delicata destinazione d’uso.
Esempi di progetti realizzati in Italia
Spostandoci in avanti sulla linea temporale, diversi decenni dopo i progetti firmati De Carlo che abbiamo già indicato, possiamo segnalare quanto si stia facendo oggi, nel nostro Paese, a livello di collocazione e installazione di arredamento urbano autocostruito.
Quando si citano esempi di spazi di questo tipo si racconta sempre Restart L’Aquila. Il capoluogo abruzzese, com’è noto, fu vittima di un tremendo sisma nell’aprile del 2009. Nel cuore della città è sorta, successivamente al tragico evento, una piazzetta realizzata utilizzando esclusivamente le macerie reperite dopo il terremoto. Restart non porta la firma di nessun urbanista, in quanto è stata creata, dal nulla o quasi, dagli aquilani. La necessità era quella di ricreare un luogo di aggregazione, nel quale si facesse anche memoria di quanto accaduto. Ecco allora che la cittadinanza si è appropriata di Piazza San Basilio, autocostruendosi un ambiente nel quale fare rete ricordando il dramma.
Città e quartieri virtuosi
Tra i luoghi nei quali si installano volentieri arredi urbani autocostruiti troviamo i cosiddetti ecoquartieri, veri e propri rioni virtuosi che si stanno sempre più diffondendo, anche nel nostro Paese. Questi isolati presentano edifici dall’alta efficienza energetica, con impianti che sfruttano le fonti rinnovabili in modo da diminuire le emissioni inquinanti. Gli spazi verdi vengono salvaguardati e implementati, puntando alla riduzione del consumo di suolo. In simili quartieri la viabilità è regolata secondo piani e strumenti di mobilità sostenibile e, per una corretta gestione del rifiuto, sono stati realizzati spazi dedicati alla raccolta differenziata.
Quando l’attenzione alla sostenibilità e alla generazione è elevata, normalmente si accetta volentieri di inserire arredi realizzati con materiali di riuso e progettati da chi vive quegli spazi e conosce meglio le esigenze dei residenti locali.
Reti di cittadini attivi e maker
La partecipazione di cittadini attivi, tra cui spiccano in particolar modo i maker, ovvero coloro che hanno voglia di impegnarsi in prima persona, con la loro capacità di innovare e il desiderio di sperimentare, è fondamentale per una pianificazione urbana condivisa. Residenti come questi possono contribuire a creare spazi urbani più inclusivi, sostenibili e in linea con le esigenze dei locali. Spesso sono proprio queste figure dinamiche e proattive a incaricarsi di realizzare e posizionare l’arredamento urbano autocostruito.
Un concetto posto in collegamento diretto con quanto appena messo in evidenza è quello di inclusione. Chi vive e abita un territorio ne conosce le necessità e sa se vi si siano stabiliti disabili, persone con difficoltà motorie o che abbiano necessità di un determinato tipo di seduta pubblica. Una pianificazione partecipata, di tutti e per tutti come già l’abbiamo definita, non può certo evitare di tenere in considerazione gli anelli più deboli della catena che chiamiamo comunità.
Come avviare un’iniziativa nel proprio territorio
Una pianificazione urbana condivisa, che metta al centro partecipazione attiva, creatività e senso di comunità, può portare a città più vivibili. È importante che i cittadini siano protagonisti della loro realizzazione. Vi si può riuscire attraverso diverse attività e iniziative: progetti di volontariato, partecipazione a eventi locali, sensibilizzazione su tematiche di interesse collettivo, coinvolgimento nella vita politica del territorio… le strade sono svariate e numerose. Quel che è più importante è volersi mettere in gioco in maniera seria. Chi al termine della lettura di questo approfondimento si senta stimolato a farlo, può attivarsi fin da subito. Diventare cittadino attivo è più semplice di quanto si pensi.