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Cave dismesse: in Lombardia la prima ex cava divenuta bacino idrico

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L’invaso Bargnana è nato da una cava dismessa nel territorio di Castrezzato (Brescia); con la sua capacità di 150mila metri cubi conterrà le piene del vicino alveo fluviale difendendo il territorio dal rischio idrogeologico e permetterà l’irrigazione di oltre 1.500 ettari.

Grazie ad una legge lombarda del 2017, quello di Castrezzato, nel bresciano, è il primo territorio in Italia a godere della trasformazione di un’ex cava in invaso di accumulo idrico, per mitigare le conseguenze della crisi climatica: un ormai esaurito sito estrattivo di ghiaia presente lungo il tracciato dell’autostrada A35 Brescia-Bergamo-Milano, è diventato un bacino idrico, per assicurare la difesa idrogeologica del territorio e per accumulare acqua necessaria all’irrigazione. “Sono le due facce di una stessa medaglia, cui l’intervento appena inaugurato dà una risposta concreta, esempio delle opportunità, previste dal Piano Laghetti, proposto dai Consorzi di bonifica e da Coldiretti”, sottolinea Massimo Gargano direttore generale dell’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi). L’invaso Bargnana, scavato su una superficie di 20.000 metri quadri, ha una capacità di 150.000 metri cubi, metà dei quali destinati a contenere le piene della roggia Trenzana-Travagliata, “trasformando il pericolo di esondazione nell’opportunità di creare una riserva idrica: un autentico uovo di Colombo, a servizio di un reticolo idrico che permette l’irrigazione di oltre 1.500 ettari”, commenta Gladys Lucchelli, direttore generale Anbi Lombardia. “Non è certo l’unico modo di affrontare la siccità – dichiara Fabio Rolfi, Assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia – ma è un intervento strutturale importante, la cui realizzazione è stata rallentata dalla troppa burocrazia”.

Cave dismesse: in Lombardia è possibile trasformale in laghetti

Con la legge regionale 34/2017 è stata introdotta la possibilità di utilizzare le cave dismesse come bacino di accumulo per le acque meteoriche e per la laminazione delle piene, ossia per il progressivo abbassamento delle portate di piena di un alveo fluviale, finalizzato a prevenire fenomeni di esondazione. Per attuare la normativa, Anbi Lombardia, attraverso il Centro dati acqua e territorio rurale, ha fornito il supporto tecnico-specialistico, censendo i siti potenzialmente idonei a tali scopi. Secondo Anbi la creazione di laghetti ha molte potenzialità: oltre alla funzione di contenimento delle piene degli alvei fluviali e di riserva irrigua, possono essere idonei alla produzione di energia fotovoltaica o idroelettrica, alla fruizione ambientale e turistica, in caso di emergenza anche alla potabilizzazione. In Lombardia ce ne sono 10 già cantierabili, che porterebbero un incremento di 5.470 ettari irrigabili; in tutta Italia i progetti eseguibili sono 223, la cui realizzazione comporterà circa 16.300 nuove unità lavorative, con un incremento di quasi 435mila ettari di superfici irrigabili, favorendo anche un incremento di produzione alimentare. L’obiettivo finale, però, è assai più ambizioso: 10.000 laghetti entro il 2030, di cui il 40% a gestione consortile ed il restante di proprietà delle aziende agricole.

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Redazione

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