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La lunga strada della bonifica del SIN della Val Basento

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A quasi 18 anni dall’istituzione del Sin manca ancora molto al completamento delle opere di bonifica. Due convenzioni firmate dalla Regione Basilicata lasciano adesso sperare che le attività di risanamento vadano avanti.

Piccoli passi avanti verso la bonifica del Sito di interesse nazionale della Val Basento. Un’area ubicata nella parte centro orientale della Basilicata (nella provincia di Matera) inquinata dai residui delle lavorazioni della Liquichimica, azienda nata grazie a fondi pubblici negli anni Sessanta, per la produzione di bioproteine destinate a mangimi animali e chiusa proprio per il suo impatto inquinante. Sulla stessa area inoltre operavano Materit, società del gruppo Fibronit che realizzava tubi e condotte per l’irrigazione in amianto, e ANIC, azienda specializzata nella produzione di fibre tessili, che per anni hanno sversato i loro rifiuti tra fiumi e terreni. Non solo: “anche sotto l’area destinata a ospitare l’aeroporto sono stati trovati livelli altissimi di contaminazione da metalli pesanti” ricordano i volontari del Movimento Tutela Valbasento, attivo sul territorio con una costante azione informativa nei confronti della città. “La situazione non è migliorata nemmeno con l’ingresso in scena della Tecnoparco Valbasento, azienda incaricata inizialmente di offrire servizi alle imprese della zona industriale, ma a sua volta coinvolta in una serie di inchieste sullo smaltimento illecito di rifiuti”, sostengono dal Movimento.

Il Sin 18 anni dopo

Già negli anni Sessanta si iniziava a sospettare la connessione tra polvere d’amianto e asbestosi e sul territorio qualcuno iniziava ad essere contrario alla presenza degli insediamenti industriali nell’area, ma la produzione proseguì fino al 1986. Sono passati 35 anni da allora, 18 dalla classificazione dell’area come Sito di interesse nazionale, ma secondo il Movimento Tutela Valbasento poco è stato fatto per risanare le falde inquinate e i terreni contaminati. I motivi stanno nei costi per risanare le aree e dismettere gli impianti industriali abbandonati, ma anche nell’incertezza circa l’attribuzione delle responsabilità, nella lentezza degli iter giudiziari e dunque dei processi decisionali. Una situazione purtroppo simile a quella di altri Sin nazionali.

Qualcosa si muove

L’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) segnala che il Sin lucano è composto da aree “non ancora caratterizzate o con una caratterizzazione parziale” e i territori messi fin qui in sicurezza riguardano solo una superficie minima. La portata della contaminazione concernente falde acquifere e suoli di quest’area va ancora studiata a fondo. Ma ora qualcosa finalmente si muove. Nei giorni scorsi sono state poste le basi per firmare due convenzioni fra la Regione Basilicata e il Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Matera per portare avanti le attività di bonifica. Gli accordi sono relativi alla “progettazione degli interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica del sito”. In particolare, la prima delibera prevede il completamento della bonifica dei suoli delle aree pubbliche e di quelle agricole colpite da inquinamento indotto. La seconda, invece, l’attuazione del piano di monitoraggio delle acque sotterranee dell’area dell’ex pista Mattei. Un passo avanti per un lavoro che richiederà ancora parecchi anni per essere completato.

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