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L’inquinamento è arrivato anche nello spazio?

Spazio interstellare
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Una delle scene indubbiamente più suggestive ma al contempo drammatiche del film Gravity di Alfonso Cuarón è quella in cui i due astronauti interpretati da George Clooney e Sandra Bullock vengono colpiti all’improvviso da una violenta ondata di detriti provenienti dall’esplosione di un satellite causata da un missile russo. Il tragico evento avrà conseguenze drammatiche e sarà il motore di una pellicola pluripremiata, soprattutto dal punto di vista tecnico. Per quanto si tratti di pura finzione cinematografica, è ormai un triste dato di fatto che nello spazio intorno al nostro pianeta Terra ci sia un quantitativo di rifiuti sempre più ingente e, anzi, inaccettabile ad essere più precisi. Ma da dove arrivano e come si potrebbe risolvere questo problema? Proviamo a rispondere ad alcune di queste questioni.

Indice

L’inquinamento dello spazio è già una realtà

Attualmente ci sono 128 milioni di detriti in orbita intorno alla Terra: ma da dove vengono? Scopriamolo insieme.
La nostra Terra

Ormai non si tratta più di supposizioni, ma di certezze: secondo l’Orbital Debris Quarterly News della NASA circolano ormai da diverso tempo nella nostra orbita importanti quantità di rifiuti quali resti di satelliti, armi antisatellite, razzi ausiliari e molto altro ancora.

Possiamo anche indicare una data di inizio rispetto alla formazione del fenomeno, vale a dire l’anno 2007, quando il satellite meteorologico cinese FengYun-1C venne distrutto intenzionalmente in occasione di un test per armi anti-satellite. A partire da questo evento, molti altri avvenimenti simili hanno contribuito in maniera decisa al fenomeno: pensiamo ad esempio allo scontro tra due satelliti (Iridium-33 e Kosmos-2251) avvenuta nel 2009 e poi ad un altro test di armi anti-satellite portato a termine dalla Russia nel 2021, quando era stato disintegrato Kosmos-1408, un oggetto di oltre due tonnellate di peso. Con il passare del tempo, dunque, nell’orbita spaziale ha iniziato ad accumularsi una fastidiosa ferraglia per la quale prima o poi dovremo trovare una soluzione.

Cosa si sta facendo per l’inquinamento spaziale

Le principali agenzie e organizzazioni che si occupano dell’esplorazione dello spazio si sono ritrovate costrette, alla luce dei fatti, a correre ai ripari. L’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, ha per esempio lanciato a partire dal 2009 il programma Space Situational Awareness, al fine di fornire agli astronauti e a tutti gli operatori del settore dei servizi dei veri e propri aggiornamenti sul meteo e sul traffico spaziale.

Al momento, a disposizione degli esploratori spaziali ci sono sistemi che combinano strumenti ottici, radar e sistemi di analisi basati sull’Intelligenza Artificiale in grado di identificare tutti gli oggetti presenti nello spazio potenzialmente pericolosi per le operazioni umane, già di per sé molto delicate.

Ovviamente, anche la Nasa si è attivata di recente per cercare delle possibili soluzioni al problema, come ad esempio l’Orbital Debris Program Office.

I possibili effetti dell’inquinamento spaziale

Viene a questo punto da chiedersi quali siano, nel concreto, gli effetti dell’inquinamento causato dai detriti legati alle attività umane nello spazio. Sempre secondo la NASA ci sarebbero all’incirca 23 mila frammenti di dimensioni superiori a quella di una palla da baseball attualmente in orbita intorno alla Terra, insieme a circa mezzo milione di oggetti di dimensioni comprese tra 1 e 10 centimetri e circa 100 milioni tra 1 e 10 millimetri.

Vale la pena di ricordare anche la presenza di oggetti di dimensioni decisamente più piccole, ma paradossalmente ancor più pericolosi, poiché proprio alla luce delle loro caratteristiche viaggiano ad una velocità minima di 27.000 chilometri all’ora, rappresentando così una grave minaccia non solo per i razzi di lancio, ma anche per le sonde, i satelliti e i veicoli di rientro dal’atmosfera. Le missioni stesse, d’altra parte, contribuiscono all’accumulo di detriti nello spazio. Sebbene la riutilizzabilità dei razzi possa mitigare l’inquinamento spaziale, non può comunque eliminarlo completamente.

Cosa ci aspetta per il futuro

Rimanere inermi di fronte a questo problema potrebbe comportare seri rischi per chiunque in futuro sarà impegnato in missioni spaziali. Ecco perché è così importante, già da ora, attivarsi per pensare a delle possibili vie d’uscita.

Stando ad una serie di studi presentati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) prevediamo un imminente aumento del rischio di collisioni tra rifiuti spaziali e satelliti nei prossimi anni. Nello specifico c’è uno studio del 2018, il più recente a nostra disposizione, che ha previsto come entro i prossimi 20 anni, in una costellazione di 1.000 satelliti a un’altitudine di 1.200 km, il rischio di collisione tra un satellite a banda larga di 200 kg e un frammento di dimensioni comprese tra 1 e 10 cm aumenterà di otto volte, passando dall’11% al 90%.

La questione è delicata anche per un altro motivo: si potrebbe pensare che per eliminare il problema alla radice basterebbe ripulire lo spazio da questi rifiuti. Ma è tutto molto meno scontato di quanto potrebbe apparire: questo tipo di operazioni, infatti, comporta una serie di sfide tecnologiche, economiche e geopolitiche di non poco conto.

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Alberto Muraro

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