È in funzione la fase 1 di Ravenna CCS, il progetto in joint venture di Eni e Snam, che prevede la cattura di 25mila tonnellate all’anno di CO2 emesse dalla centrale di Casalborsetti e il loro stoccaggio in un giacimento esausto, a 3.000 metri di profondità nel mare Adriatico, passando attraverso la piattaforma offshore di Porto Corsini Mare Ovest.
“Avviate le attività di iniezione della Co2”: all’inizio del mese di settembre, le società Eni e Snam hanno annunciato di aver dato il via alla fase 1 di Ravenna CCS, il loro progetto in joint venture di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. È il primo impianto in Italia di cattura, trasporto e stoccaggio permanente della CO2. È stato costruito dalla società NextChem (Gruppo Maire Tecnimont) con tecnologia giapponese della MHI (Mitsubishi Heavy Industries).
Secondo la nota di Eni e Snam, “il progetto è realizzato a scopi esclusivamente ambientali, per contribuire alla decarbonizzazione dei settori industriali”; inoltre, “si sta affermando come primo al mondo in termini di efficienza e potrà giocare una parte importante nel raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione Europea di dotarsi entro il 2030 di una capacità di stoccaggio di CO₂ pari ad almeno 50 milioni di tonnellate per anno”.
La fase 1 di Ravenna CCS
La fase 1 ha l’obiettivo di catturare, trasportare e stoccare 25mila tonnellate all’anno di CO2 emessa dalla centrale Eni di trattamento del gas naturale di Casalborsetti, nel comune di Ravenna. Questa centrale tratta gas naturale proveniente dalle piattaforme italiane situate nell’offshore adriatico e da impianti a terra. Il progetto sta garantendo un livello di abbattimento superiore al 90% della CO₂ in uscita dal camino della centrale. Una volta catturata, l’anidride carbonica viene trasportata, attraverso condotte precedentemente utilizzate per il trasporto del gas naturale e riconvertite, fino alla piattaforma offshore di Porto Corsini Mare Ovest per essere iniettata nell’omonimo giacimento di gas esaurito, dove viene stoccata a circa 3.000 metri di profondità.
L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, nel sottolineare la competitività del servizio offerto, ha affermato che “un progetto di grande importanza per la decarbonizzazione è diventato realtà industriale” e che “la cattura e lo stoccaggio della CO₂ è una pratica efficace, sicura e disponibile fin da ora per abbattere le emissioni delle industrie energivore le cui attività non sono elettrificabili”.
La fase 2 prevista dal 2027
Dal 2027 si procederà con la fase 2. L’anidride carbonica sarà, a questo punto, catturata dai camini industriali di altre attività Eni nell’area e di altre industrie energivore, e trasportata tramite tubazioni interrate o via nave fino alla stazione di pompaggio di Ravenna. Le due società italiane prevedono “di stoccare fino a 4 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030, per contribuire alla decarbonizzazione delle industrie e dei settori hard to abate (cemento, siderurgia, industria chimica, petrolchimica ed estrattiva), in linea con gli obiettivi definiti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima”. Dal 2030 in poi, sempre secondo le previsioni di Eni e Snam, la grande capacità dei giacimenti, stimata in oltre 500 milioni di tonnellate totali, permetterà di incrementare la portata a 16 o più milioni di tonnellate all’anno in base alle richieste proveniente dal mercato.
Le questioni aperte
Diverse questioni, però, rimangono aperte. A partire dai costi. Il prezzo della CO2 sul mercato (attualmente di poco più di 60 euro a tonnellata) non consente di recuperare i costi operativi degli impianti, stimabili in più del doppio. Non sono chiari, inoltre, a livello nazionale ed europeo, eventuali schemi di finanziamento per permettere l’espansione su scala industriale di simili attività. E se le due società parlano per il futuro di grandi numeri, va detto che in questa sua prima fase l’impianto CCS di Ravenna ha una capacità molto limitata rispetto ad altri impianti già operativi in Europa.
Come Northen Lights in Norvegia, per esempio, completato nel 2024, con una capacità iniziale di stoccaggio di un milione e mezzo di tonnellate di CO2 all’anno. Prosegue inoltre, a livello scientifico e industriale, il dibattito sulla sicurezza e la sostenibilità a lungo termine dello stoccaggio della CO2 nei giacimenti esausti. Come sussiste l’interrogativo, altrettanto strategico, dell’efficacia, e quindi dell’opportunità, della CCS tra le tecniche di mitigazione per il clima.