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Pandemia, cala la produzione di rifiuti urbani

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Nel 2020 la produzione di rifiuti in Italia è scesa del 4% circa, mentre la raccolta differenziata è cresciuta del 2% circa. Ancora disomogenea la distribuzione degli impianti di trattamento.

“Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso” sosteneva il filosofo José Ortega y Gasset, con parole che dovrebbero diventare il mantra di una società alle prese con emergenza climatica e inquinamento arrivati a livelli di allerta, costi energetici e ambientali legati alla produzione di materie prime sempre più alti. Raccolta differenziata ed economia circolare, ovvero un sistema secondo cui i prodotti giunti a fine vita non devono più finire in discarica, ma vengono reimmessi nel ciclo dei consumi attraverso il riciclo o il riutilizzo, rappresentano una strada. Ma a che punto siamo in Italia in tema di rifiuti e quali sono stati gli effetti della pandemia su questo fronte? A tracciare un bilancio è il Rapporto Rifiuti Urbani 2021 di Ispra, secondo cui nel 2020 la produzione di rifiuti si è attestata a poco meno di 29 milioni di tonnellate, in discesa del 3,6% rispetto al 2019. A registrare il calo più consistente sono state le regioni del Centro (-5,4%), seguite da quelle settentrionali (-3,4%) e da quelle del Sud (-2,6%). Dati fortemente influenzati dall’emergenza sanitaria, con le restrizioni agli spostamenti e i periodi di chiusura per diversi tipi di esercizi commerciali. Nel 2020 ogni italiano ha prodotto quasi 500 chili di rifiuti. In testa il Centro Italia, con 524 chili pro capite, seguito dal Nord con 507 chili e dal Sud, con 443 chili. La produzione di rifiuti è diminuita in tutte le Regioni, particolarmente in quelle settentrionali, ma ha visto un calo generalizzato anche nelle città. Tra queste spiccano Venezia e Milano (rispettivamente -15,7% e -14%), seguite da Firenze (-12,3%), Palermo (-10,8%), Catania e Roma, con un meno 10%.

Cresce la raccolta differenziata

Di pari passo è cresciuta la raccolta differenziata che si è attestata al 63%, con un incremento di quasi il 2% rispetto all’anno precedente. Il Veneto si è confermata la Regione con la quota più alta (76%), seguita da Sardegna (74,5%), Lombardia (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%), Emilia Romagna (72,2%) e Marche (71,6%). La maggioranza dei Comuni italiani, inoltre, ha raggiunto nel 2020 l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata. Le migliori performance, in quelli con più di 200 mila abitanti, sono state registrate a Parma, Venezia e Milano, seguite da Padova e Bologna. Più della metà dei rifiuti sono stati riciclati, il 18% è stato incenerito, il 20% ha preso la via della discarica (con una riduzione del 7,4% rispetto al 2019). Un quadro sostanzialmente positivo, che mostra però ancora qualche difficoltà. Si nota infatti una certa disomogeneità nella distribuzione geografica degli impianti di trattamento. Secondo il rapporto, nel 2020 risultavano operativi 673 impianti, dei quali 359 al Nord, 120 al Centro e 194 al Sud. Altro tema critico, gli investimenti in ricerca e sviluppo, che vedono il nostro Paese ancora indietro in termini di numero di brevetti depositati e di innovazione. Infine il rapporto realizza una stima dei costi per i cittadini. Lo scorso anno, ogni italiano ha sborsato, in media, 185 euro (+9% rispetto al 2019). Con costi più elevati (quasi 222 euro) per chi abita al Centro; è andata meglio al Sud con circa 196 euro e al Nord, con appena 165 euro. Tra le città più care Venezia, con 376 euro per abitante, seguita da Cagliari con 300 euro e Perugia con 288 euro. Mentre i costi minori sono stati sostenuti dagli abitanti di Campobasso (160 euro), Trento (178 euro) e Trieste (150 euro).

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