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Terre e rocce da scavo: al via le semplificazioni per l’utilizzo

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Il Ministero dell’Ambiente ha presentato una proposta di regolamento per la gestione delle terre e rocce da scavo prodotte nei cantieri. Con l’obiettivo di facilitarne il riutilizzo in chiave di economia circolare.

Incentivare l’uso di terre e rocce da scavo, ossia il suolo scavato per la realizzazione di strade e gallerie, piuttosto che per trivellazioni, opere di consolidamento, fondazioni e sbancamenti. Per decenni si è dibattuto se le terre e le rocce da scavo andassero considerate come rifiuto o sottoprodotto, ma la corsa verso la transizione ecologica ha finalmente spostato il baricentro verso quest’ultimo. Con questo approccio – ossia incentivare l’impiego di terre e rocce da scavo – hanno lavorato Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), presentando a fine settembre lo Schema di regolamento recante “Disposizioni per la semplificazione della disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo”. Il documento è stato posto in consultazione pubblica per 10 giorni, ai fini di raccogliere proposte di integrazione e modifica al testo.

Regolamento su terre e rocce da scavo: cosa prevede

Se in passato l’utilizzo delle terre e rocce da scavo è stato disincentivato dalla selva di adempimenti che lo imbrigliavano, il nuovo regolamento nasce invece dalla necessità di facilitarlo, anche per assicurare la realizzazione di impianti, opere e infrastrutture nei tempi previsti dal PNRR. Inoltre, il campo di applicazione della disciplina è stato esteso ai sedimenti, ossia i materiali scavati dai corpi idrici, dalle spiagge, dai fondali lacustri.

Il provvedimento stabilisce che sono considerati sottoprodotti (e non rifiuti) le terre e rocce da scavo che soddisfano i requisiti di:

  • essere generati durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;
  • essere utilizzati nel corso dell’esecuzione dell’opera – in conformità alle disposizioni del piano di utilizzo – per la realizzazione di reinterri, rimodellazioni, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali, in processi produttivi o in sostituzione di materiali di cava;
  • essere utilizzati direttamente, senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  • soddisfare i requisiti di qualità ambientale espressamente previsti dal regolamento.

Il Regolamento stabilisce che nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso. Oltre al rispetto dei requisiti di qualità ambientale, i materiali di riporto – ad eccezione dell’amianto – sono sottoposti al test di cessione, un particolare tipo di estrazione chimica che consente di valutare il potenziale di rilascio delle sostanze mobili contenute nel campione, in particolare quelle che potrebbero costituire una fonte di inquinamento dell’ambiente o un pericolo per la salute umana.   

Le principali semplificazioni normative introdotte

Le semplificazioni amministrative introdotte prevedono definizioni più chiare e una serie di snellimenti burocratici per l’impiego delle terre e rocce da scavo, compresi i passaggi intermedi. Viene estesa la durata della proroga dei tempi di utilizzo di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti generate dai cantieri non sottoposti a VIA e AIA e specifiche procedure semplificate sono inoltre state introdotte per l’utilizzo in sito, per cantieri fino a 20 m3 e per quelli di micro-dimensioni, eccezione fatta per le terre e rocce da scavo prodotte nell’ambito di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale. Nel caso in cui per le operazioni di scavo sia previsto l’uso di additivi, è stata prevista una procedura più chiara per valutare il rispetto dei requisiti di qualità ambientale. Infine, l’attesa e ormai improrogabile digitalizzazione del sistema di documentazione, con la possibilità di inviare richieste e comunicazioni alle autorità competenti in formato digitale. Le osservazioni inviate dagli stakeholder in fase di consultazione pubblica probabilmente miglioreranno la capacità del nuovo regolamento di intercettare maggiori quantità di terre e rocce da scavo, sottraendole al regime di gestione dei rifiuti, fermo restando i limiti posti dal Testo Unico Ambientale (TUA) e dallo stesso Regolamento in discussione. Un ulteriore passo avanti sulla via della transizione ecologica.

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