Chiudi
Cerca nel sito:

Trash art, trovare ispirazione nei rifiuti

Trash art: statue umane fatte di rifiuti
Condividi l'articolo

Le fondamenta teoriche della trash art rimandano alle avanguardie storiche. Futurismo, cubismo e dadaismo erano già forme di ribellione verso l’arte predominante e volevano dissacrarla in maniera provocatoria. Oggi i tempi sono cambiati e c’è un’emergenza ambientale in corso. La trash art desidera ancora provocare ma non lo fa più soltanto per porsi come alternativa, bensì per sensibilizzare le persone. Il tema della valorizzazione del rifiuto è infatti di stretta attualità ed è ormai parte anche del dibattito artistico. Inserire rifiuti sulle tele ove si dipinge riporta alla mente il concetto di rifiuto come risorsa. Se lo scarto è tutt’altro che inutile, allora può anche diventare arte.

Il riciclo è arte, è trash art

Sono numerosi gli artisti che si schierano, senza mezze misure, dalla parte dell’ambiente. Svariati professionisti hanno adottato la denominazione di ecological artist, proprio per sottolineare questa loro inclinazione. Per queste maestranze, la scelta di utilizzare materiali di scarto risponde a un obiettivo preciso. Desiderano infatti diffondere una consapevolezza nuova e farci riflettere sulle nostre abitudini quotidiane. Siamo troppo legati al consumismo esasperato e utilizziamo le risorse naturali in maniera irresponsabile. È possibile inserire elementi di riciclo tanto per creare opere in studio quanto per realizzarne in esterna, all’interno del tessuto urbano.

Quel che conta è l’esplicitazione del legame con le tematiche di sostenibilità ambientale. L’arte, e in particolare la trash art, possono fornire all’attivismo un’importante carica visiva, capace di arrivare dritta al cuore delle persone che la osservano. Una comunicazione di questo tipo è più dirompente di quella che si può effettuare servendosi soltanto delle parole. Finché l’arte continuerà a porsi come riflesso del mondo, e quest’ultimo si troverà in pericolo com’è adesso, continueranno a esistere interpretazioni creative di un rapporto simbiotico e conflittuale come quello tra l’uomo e la natura. Andiamo ora a vedere qualche esempio di trash art, per spiegare quale sia la sua forza.

Leggi anche: “Venezia sulle tracce dei suoi rifiuti

Trash art: una scultura assemblata con materiali di recupero
Una scultura realizzata con materiali di scarto, chiaro esempio di trash art

Vik Muniz e le vite dei catadores

Muniz è un artista brasiliano. La sua fama si deve principalmente ai trash graffiti con i quali promuove, instancabilmente, il riutilizzo dei rifiuti. Gli è persino stato dedicato un film, intitolato Waste Land, il quale racconta l’esperienza dell’artista presso il Jardim Granacho di Rio de Janeiro, una delle più grandi discariche del mondo. Qui Muniz ha incontrato i catadores, ovvero i raccoglitori di immondizia, persone che cercano ancora qualcosa di utile presso la discarica. Le loro vite intrise di povertà e disperazione sono il soggetto di un progetto artistico di ampio respiro, che li rende protagonisti di ritratti toccanti realizzati con materiali raccolti da loro stessi.

Si evidenzia, nel lavoro di Muniz, la stretta connessione tra artista, opera e contesto geografico-sociale. Il legame creato con i catadores non rivaluta soltanto i materiali di rifiuto, bensì anche quella stessa frazione di società che è spesso considerata di scarto.

John Dahlsen e i suoi collage di rifiuti

Dahlsen si fregia di essere parte del collettivo di artisti ambientalisti che è stato ribattezzato environmental art. L’australiano si procura il materiale delle sue opere in spiaggia, ove raccoglie i rifiuti trascinati a riva dall’Oceano, che poi cataloga minuziosamente e riusa per dar vita a collage astratti tridimensionali ed evocativi di splendidi paesaggi naturali. I materiali che predilige sono artificiali: plastiche, reti, rimasugli di boe… possibilmente già profondamente scolpiti dall’erosione naturale. In tal maniera, Dahlsen vuole forzare una riflessione su cicli di produzione, utilizzo di materiali quotidiani e ridestinazione degli stessi al fine artistico.

La trash art di BORDALO II: murales sensazionali

BORDALO II è un artista portoghese. Lo street artist è celebre per i suoi patchwork creati servendosi di materiali di scarto. Le opere che firma sono molto diffuse a Lisbona, ove vive e lavora, ma ha anche installato due opere imponenti in Italia, la prima a Roma e la seconda a Torino. Il suo complesso lavoro è figlio di un approfondito processo di riciclo creativo, che ha luogo direttamente nell’area del muro prescelto per l’intervento. La base dei suoi patchwork sono i materiali di scarto, che BORDALO trova in strada e assembla per dare origine a murales 3D di grandi dimensioni e caratterizzati da un imponente impatto scenografico.

L’artista tratta temi quali l’iper-produzione di rifiuti e l’inquinamento ambientale e stimola la riflessione dello spettatore dando origine a ritratti di specie animali in via d’estinzione. Il fatto che lo faccia utilizzando oggetti che, molto spesso, hanno un ruolo in questo, dal momento che inquinano l’habitat naturale di queste creature, conferisce alle sue opere un significato ancor più simbolico e dirompente.

La Mutoid Waste Company

Il collettivo di artisti e performer noto come MWC, o Mutoid Waste Company, è nato a Londra durante gli anni ’80 ma ha poi proseguito la sua attività nel piccolo comune di Santarcangelo di Romagna, artisticamente attivissimo. Qui hanno convertito una cava abbandonata in Mutonia, il loro quartier generale. Il nome si deve alle loro opere, i cosiddetti mutoidi, creature gigantesche semoventi, assemblate utilizzando esclusivamente materiali di recupero come motori, tubature, pezzi di automobili, plastica e rivestimenti in plexiglass o linoleum.

Questi giganti rappresentano il rapporto tra uomo e natura nell’età post-industriale e sono stati spesso utilizzati in performance avanguardistiche tenute in locali reclusi contemporaneamente a party, generalmente illegali, dove si svolgevano raduni di amanti del genere acid house.

Leggi anche: “Una montagna di plastica: il problema dell’inquinamento ad alta quota

Condividi l'articolo
Mattia Mezzetti

Ultime Notizie

Cerca nel sito