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L’Italia è il Paese europeo più colpito dalla crisi climatica secondo l’Indice di Germanwatch

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Caldo torrido, piogge intense, incendi furiosi, alluvioni mortali e tempeste devastanti: le manifestazioni di eventi meteorologici estremi si fanno sempre più frequenti in tutto il mondo. Con costi crescenti in termini di vite umane ed economici. Come dimostrano i numeri del Climate Risk Index 2025, che sottolinea l’urgenza di contrastare il riscaldamento globale con azioni più efficaci.

L’Italia è in testa ai paesi più colpiti dalla crisi climatica secondo il Climate Risk Index 2025 curato dall’associazione ambientalista Germanwatch. In una classifica che ci vede subito dopo il Pakistan e il Belize e prima di Stati Uniti, Spagna e Grecia, siamo il paese europeo che ha maggiormente sofferto degli impatti di eventi meteorologici estremi nel 2022. L’Indice di rischio climatico (Climate Risk Index) classifica i Paesi in base agli impatti umani ed economici delle condizioni meteorologiche estreme, con il Paese più colpito al primo posto.

Quest’ultima edizione, che prende in considerazione gli effetti provocati dagli eventi estremi nel 2022 e nell’arco di 30 anni tra il 1993 e il 2022, evidenzia la crescita di danni e perdite – con il carico di morti, feriti e senzatetto che piogge intense, caldo torrido, alluvioni, tempeste devastanti e incendi furiosi comportano – e sottolinea l’urgente necessità di rafforzare la resilienza e l’azione per il clima.

La metodologia del Climate Risk Index

La metodologia dell’Indice di rischio climatico prevede l’analisi dell’impatto degli eventi meteorologici estremi attraverso tre categorie di rischio: idrologico, meteorologico e climatologico. Si basa sui dati del database internazionale dei disastri EM-DAT, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI). L’indice considera gli impatti assoluti e relativi, utilizzando sei indicatori chiave: perdite economiche, vittime e persone colpite, ognuno in termini assoluti e relativi.

I disastri legati al riscaldamento globale aumentano di frequenza e intensità

Dal 1993 al 2022, secondo le stime del rapporto, sono state perse più di 765.000 vite e sono state registrate perdite economiche dirette per quasi 4.200 miliardi di dollari (al netto dell’inflazione), causate da più di 9.400 eventi meteorologici estremi. La frequenza e l’intensità dei disastri legati al clima continuano ad aumentare. Si è fatto troppo poco, secondo il Germanwatch, che insiste sul “costo crescente dell’inazione” messo in luce dall’Indice di rischio climatico 2025.

I Paesi più colpiti dovrebbero considerare i risultati del Climate Risk Index come un segnale d’allarme per il rischio di eventi frequenti o di eventi estremi rari e insoliti. “La mancanza di ambizione e di azione nella mitigazione porta a essere fortemente colpiti anche nei Paesi ad alto reddito”, scrivono i curatori dell’Indice. “È nell’interesse dei Paesi ad alto reddito e ad alte emissioni intensificare l’azione di mitigazione, compresi obiettivi climatici più elevati e l’attuazione di tali azioni, con nuovi contributi nazionali determinati (NDC), per rimanere al di sotto o il più vicino possibile di 1,5°C di riscaldamento globale e mantenere gli impatti a una scala gestibile”.

Caldo estremo, siccità e inondazioni le minacce per l’Italia sul lungo e sul breve periodo

L’Italia è tra i Paesi più colpiti sia nella classifica del 2022 che in quella sull’andamento del trentennio. Nel periodo 1993-2022, la Dominica, la Cina e l’Honduras sono stati i Paesi più colpiti; seguiti dal Myanmar, dall’Italia e dall’India. A colpire il nostro Paese, ondate di calore estreme, in particolare nel 2003 e nel 2022, oltre a siccità, incendi e inondazioni; eventi che hanno causato notevoli perdite umane ed economiche.

Nel 2022, i Paesi più colpiti sono stati il Pakistan, il Belize e l’Italia, seguiti da Stati Uniti, Spagna e Grecia. Nel 2022 – si legge nell’Indice del Germanwatch – il caldo estremo ha provocato incendi violenti e una grave siccità nella Pianura Padana, causando oltre 18.000 morti. Le temperature a Roma hanno raggiunto 40,8°C ed è stato dichiarato lo stato di emergenza in cinque regioni settentrionali. A seguire si piazzano altri due Paesi europei. In Grecia durante l’estate del 2022, il caldo estremo fino a 42,1°C ha causato più di 3.000 morti e vasti incendi, colpendo 55.000 persone. In Spagna, da metà giugno a metà luglio 2022, il caldo estremo e gli incendi hanno portato a temperature fino a 43,2°C, causando più di 11.000 morti e colpendo 3.500 persone.

Cambiamento climatico responsabile di una “nuova normalità” degli eventi estremi

Nell’arco dei 30 anni, il maggior numero di vittime è stato provocato dalle tempeste (35%), dalle ondate di calore (30%) e dalle inondazioni (27%). Le tempeste hanno causato le perdite economiche di gran lunga più significative (56% o 2,33 trilioni di dollari al netto dell’inflazione), seguite dalle inondazioni (32% o 1,33 trilioni di dollari) che sono state invece responsabili del 50% delle persone colpite. Nell’indice a lungo termine, i Paesi più colpiti possono essere suddivisi in due gruppi: i Paesi più colpiti da eventi estremi altamente insoliti (ad esempio Dominica, Honduras, Myanmar e Vanuatu) e quelli colpiti da eventi estremi ricorrenti (come Cina, India, Filippine). “La scienza climatica mostra chiaramente che il cambiamento climatico aumenta il rischio per entrambe le categorie e contribuisce a trasformare eventi estremi non comuni in minacce continue, creando una ‘nuova normalità’”, mettono in evidenza i curatori dell’analisi.

Colpiti tutti i Paesi

Il Climate Risk Index 2025 mostra che tutti i Paesi sono colpiti. Nel lungo periodo, la classifica mostra che gli impatti degli eventi meteorologici estremi colpiscono in particolare i Paesi del Sud del mondo; tra i 10 Paesi più colpiti (Dominica, Cina, Honduras, Myanmar, Italia, India, Grecia, Spagna, Vanuatu, Filippine), cinque rientrano infatti nel gruppo dei Paesi a reddito medio-basso, compresi tre piccoli Stati insulari. Nell’indice del 2022, però, sette dei 10 Paesi più colpiti (Pakistan, Belize, Italia, Grecia, Spagna, Porto Rico, Stati Uniti, Nigeria, Portogallo, Bulgaria) appartengono al gruppo dei Paesi ad alto reddito. “Questo indica chiaramente che, mentre le capacità di reazione dei Paesi ad alto reddito superano significativamente quelle dei Paesi a basso reddito, anche i Paesi a più alto reddito dovrebbero implementare la loro gestione del rischio climatico”.

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