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Rapporto sull’economia circolare: Italia ancora leader ma serve una svolta

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Pubblicato il 7 Rapporto sull’economia circolare in Italia del Circular Economy Network (CEN), promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con ENEA. L’Italia appare tra buone performance e qualche passo falso, mentre rimane forte la dipendenze dall’estero

L’Italia rimane nel podio europeo per tasso di circolarità, in seconda posizione dopo i Paesi Bassi tra i 27 Paesi UE ma in prima posizione nel confronto con le altre principali economie europee (Germania, Francia e Spagna). La performance migliore, infatti, è dei Paesi Bassi (70,6 punti), seguita dal nostro Paese con 65,2 punti. La Germania si classifica in terza posizione (60,6 punti). La Francia e la Spagna si trovano in quinta e settima posizione totalizzando rispettivamente, 58,7 e 56,9 punti. È questa l’estrema sintesi del nuovo Rapporto 2025 sull’economia circolare del Circular Economy Network (CEN), promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con ENEA.

Gli highlights del Rapporto sull’economia circolare

Un primo segnale positivo segnalato dal Rapporto è l’aumento della produttività delle risorse nel nostro paese, con un miglioramento del 20% rispetto al 2019, anche se rimane la dipendenza dalle importazioni di materiali, che nel 2023 è stata pari al 48% del fabbisogno complessivo, valore nettamente superiore a quello dell’UE che nello stesso anno si è attestato al 22%. Il costo delle nostre importazioni è salito da 424,2 miliardi nel 2019 a ben 568,7 miliardi di euro nel 2024, con un aumento del 34%.

A ogni modo, nel 2023 l’Italia ha raggiunto una produttività delle risorse pari a 4,3 euro di PIL per ogni kg di risorse consumate. Si tratta di un dato nettamente superiore alla media UE (2,7 €/kg) e anche a quella di Paesi come Spagna (4,1 €/kg), Francia (3,5 €/kg) e Germania (3,4 €/kg).

Altra buona notizia per il nostro paese è la conferma nel 2023 degli ottimi livelli di tasso di utilizzo circolare di materia (CMU) – ovvero il rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate col riciclo e il consumo complessivo di materiali – facendo segnare un valore pari al 20,8%, a fronte di una media dell’11,8% nell’UE, con una crescita di 2 punti percentuali rispetto al 2019. È la performance migliore tra i principali Paesi europei, seguita dalla Francia (17,6%), e dalla Germania (13,9%) e infine dalla Spagna (8,5%).

Le performance dell’Italia

Ottime le performance dell’Italia anche nella gestione dei rifiuti. Il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto di 3,2 punti percentuali rispetto al 2019, attestandosi al 2023 al 50,8%. Confrontando le performance dei quattro principali Paesi europei, solo la Germania fa meglio dell’Italia con un notevole 68,2%, mentre risultano peggiori le performance di Francia (42,2%) e la Spagna (41,4%). Infine, il consumo dei materiali per abitante (11,1 tonnellate nel 2023) è minore della media europea (14,1 t) anche se si registra un trend è in crescita – non una buona notizia –, mentre altri Paesi come Germania, Francia e Spagna lo stanno invece riducendo.

Imperativo, aumentare riciclo delle materie critiche

Nonostante il miglioramento del tasso di utilizzo circolare di materia (CMU), il contributo delle materie prime riciclate, rispetto a quelle vergini, rimane ancora molto limitato nella nostra manifattura, un problema non da poco, considerate le difficoltà dell’approvvigionamento dall’estero e i prezzi elevati. Solo il piombo e il rame superano la soglia del 50%, mentre argento, oro, cobalto e nichel sono al di sotto del 25% mentre per il litio, il gallio e lo scandio il contributo è quasi nullo.

Secondo uno studio presentato da Erion nel 2022, le materie prime critiche sono rilevanti per molteplici settori industriali, contribuiscono ad una produzione industriale per circa 564 miliardi di euro e all’export italiano per circa 444 miliardi di euro. Secondo il citato studio di Erion, se l’Italia applicasse le migliori pratiche europee per il riciclo, potrebbe recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche.

Accelerare verso la transizione ecologica

Lo studio pone l’enfasi sulla necessità di accelerare verso la transizione ecologica, perché un aumento della circolarità – con una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un incremento dell’uso di materie prime seconde – può contribuire a rilanciare il made in Italy e migliorare la competitività delle imprese. Secondo una stima di Cassa Depositi e Prestiti l’adozione di pratiche circolari ha generato, nel 2024, un risparmio di 16,4 miliardi di euro per le imprese manifatturiere. La Commissione europea stima in 45 miliardi di euro, per i 27 paesi UE, il risparmio annuo dei costi energetici adottando modelli di maggiore circolarità.

Per non parlare dei benefici ambientali, diventati di somma urgenza, basti pensare all’innalzamento delle temperature a livelli record che sti stanno registrando in questo primo avvio di estate rovente.

Come più volte rilevato, insomma, una maggiore circolarità dell’economia contribuisce anche al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra: più sfidanti diventano gli obiettivi climatici, maggiore valore, anche economico, assumono le misure di circolarità.

Rapporto sull’economia circolare: le tappe verso la decarbonizzazione

Maggiore produttività dei materiali e dell’energia, aumento del riciclo e del riutilizzo, riduzione degli scarti e valorizzazione delle materie prime seconde, sono questi i pilastri su cui costruire un modello industriale più sostenibile e indipendente dall’estero.

A livello di policy, per continuare il percorso verso una maggiore circolarità dell’economia italiana è, innanzitutto, necessario attuare la Strategia nazionale per l’economia circolare. Alcuni provvedimenti in questa direzione sono stati presi: la legge 115/2024 sulle materie prime critiche e strategiche, il D.L. 131/2024 in materia di RAEE, il D.M 127/2024 end of waste sui rifiuti inerti da costruzione e demolizione, nuovi Criteri Ambientali Minimi in taluni settori.

I vantaggi di un aumento della circolarità al 2030

Per spiegare il rapporto tra i costi e i benefici derivanti dalla crescita della circolarità dell’economia italiana sono stati confrontati due scenari al 2030: uno business as usual e uno di maggiore circolarità. Seguendo l’attuale trend nello scenario “business as usual” nel 2030 la quantità di rifiuti riciclati raggiungerebbe il 77% (dal 70% nel 2020), aumenterebbe la produzione di rifiuti del 4% e calerebbe la quantità di rifiuti da smaltire; il consumo interno di materiale crescerebbe da 459 Mt del 2020 a 611 Mt. Lo scenario più circolare, invece, propone una riduzione del 3,5% annuo del consumo di materiali a partire dal 2022, una crescita del tasso di riciclo del 1,5% annuo dal 2021 e a una riduzione nella produzione dei rifiuti del 1% dal 2021. Argomentazioni concrete per spingere sull’acceleratore della decarbonizzazione.

Per chiudere con le parole di Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, “Bene ma non benissimo. In un contesto economico e politico incerto, con l’aggravarsi di conflitti internazionali, in cui anche le materie prime giocano un ruolo fondamentale, l’Italia deve decidere se rafforzare la sua leadership nella circolarità o perdere questo vantaggio”.

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