Il carbonio blu è uno dei più potenti alleati naturali contro il cambiamento climatico. Questi ecosistemi costieri, pur coprendo meno del 3% degli oceani, immagazzinano quasi metà del carbonio organico marino e la loro protezione è fondamentale per il futuro del pianeta.
Nel dibattito sul cambiamento climatico, si parla spesso di alberi, foreste e suoli come strumenti fondamentali per ridurre l’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Meno noti, ma altrettanto (se non più) efficaci, sono gli ecosistemi marini e costieri che svolgono un ruolo cruciale nel ciclo del carbonio. È qui che entra in gioco il concetto di carbonio blu o blue carbon: una forma di stoccaggio naturale del carbonio che avviene grazie a paludi salmastre, mangrovie, praterie sottomarine e altre zone umide costiere.
Eppure, la distruzione e il degrado di queste aree mettono a rischio questa importante funzione ecologica, contribuendo invece al rilascio di carbonio nell’atmosfera. Conoscere e valorizzare questi ambienti significa investire in una soluzione naturale, già esistente, per affrontare una delle più grandi sfide del nostro tempo.
Che cos’è il blue carbon

Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), con l’espressione carbonio blu o blue carbon si indica il carbonio organico assorbito e immagazzinato da specifici ecosistemi costieri e marini, come paludi salmastre, mangrovie, praterie di fanerogame marine (come la Posidonia oceanica) e zone umide litoranee.
Questi habitat, oltre a offrire rifugio alla biodiversità e protezione alle coste, sono capaci di catturare grandi quantità di CO₂ attraverso la fotosintesi e di conservarla sotto forma di biomassa, sia nelle parti visibili (foglie, radici, rizomi), sia nei sedimenti sottostanti, dove può restare intrappolata anche per millenni, in condizioni di bassa ossigenazione. Si tratta di un processo chiamato assorbimento CO₂, che avviene in modo particolarmente efficiente rispetto agli ecosistemi terrestri.
Infatti a differenza degli ecosistemi terrestri, come le foreste, che sequestrano CO₂ prevalentemente nella biomassa fuori terra e nel suolo, gli ecosistemi blu hanno una capacità di stoccaggio più rapida ed efficace, soprattutto nella frazione sedimentaria. Inoltre, mentre gli alberi rilasciano CO₂ quando vengono abbattuti o bruciati, i sedimenti marini continuano a trattenere carbonio anche dopo la morte della vegetazione, purché non vengano disturbati.
Secondo le stime più recenti, le praterie marine, le mangrovie e le paludi costiere coprono meno del 2% degli oceani, ma sono responsabili di oltre il 50% del carbonio organico sepolto annualmente nei sedimenti marini. Questo rende il loro contributo estremamente significativo rispetto alla loro estensione limitata. Proprio per questo motivo, si parla oggi di carbonio blu come di una risorsa “strategica” nella lotta al cambiamento climatico, con un potenziale che integra, e non sostituisce, quello delle foreste e dei suoli.
Oggi, il ripristino e la salvaguardia degli ecosistemi costieri sono riconosciuti come parte integrante delle strategie internazionali per la mitigazione climatica. Anche in Italia, progetti attivi nelle lagune dell’Alto Adriatico e nel Delta del Po stanno dimostrando il potenziale concreto del carbonio blu.
Gli ecosistemi coinvolti
Il carbonio blu viene immagazzinato in modo naturale grazie ad alcuni ecosistemi costieri e marini particolarmente efficienti nel trattenere la CO₂. Si tratta di ambienti che, pur coprendo aree limitate a livello globale, svolgono un ruolo chiave nei cicli del carbonio e nella regolazione del clima. In particolare sono:
- Le mangrovie: tipiche delle fasce tropicali e subtropicali, sono alberi o arbusti che crescono lungo le rive di estuari e zone di marea. Le loro radici aeree intricate non solo proteggono le coste, ma permettono di intrappolare grandi quantità di sedimenti ricchi di carbonio. Le mangrovie possono immagazzinare fino a quattro volte più carbonio rispetto alle foreste pluviali per unità di superficie.
- Le praterie sottomarine di fanerogame, come la Posidonia oceanica nel Mar Mediterraneo, formano estesi tappeti vegetali sul fondo del mare. Queste piante marine svolgono una funzione fondamentale nell’assorbimento CO₂, grazie al fitoplancton che favorisce la fotosintesi e alla capacità di intrappolare materia organica nei sedimenti sabbiosi.
- Le paludi salmastre si trovano lungo le coste temperate e sono caratterizzate da piante erbacee resistenti all’acqua salata. Grazie al suolo saturo d’acqua e povero di ossigeno, questi ambienti rallentano la decomposizione della materia organica, favorendo l’accumulo di carbonio nei substrati profondi.
- Le lagune costiere, come quelle italiane dell’Alto Adriatico, sono sistemi complessi in cui acqua dolce e salata si mescolano. Spesso ricche di vegetazione sommersa e fanghi organici, rappresentano veri e propri serbatoi naturali di carbonio. Quando mantenute in equilibrio ecologico, possono continuare a svolgere la loro funzione di stoccaggio per lunghi periodi.
Proteggere e ripristinare questi ambienti non significa solo tutelare la biodiversità, ma anche rafforzare la capacità del pianeta di assorbire CO₂ in modo naturale ed efficace.
Perché è importante per il clima
Il carbonio blu è fondamentale nella lotta alla crisi climatica perché permette di immagazzinare CO₂ per lunghissimi periodi, anche per millenni. Gli ecosistemi costieri intrappolano il carbonio nei sedimenti saturi d’acqua, dove la scarsità di ossigeno rallenta la decomposizione. Questo rende il loro stoccaggio più stabile e duraturo rispetto a quello dei suoli agricoli o delle foreste.
Se ben conservati o ripristinati, questi ambienti funzionano come veri e propri pozzi naturali di assorbimento di CO₂, riducendo l’impatto delle emissioni globali. Al contrario, la loro distruzione può liberare grandi quantità di carbonio immagazzinato, trasformandoli da risorsa a fonte di inquinamento.
Per questo motivo, il carbonio blu è oggi riconosciuto come strumento strategico di mitigazione climatica, capace di affiancare e rafforzare le azioni contro il cambiamento del clima.
Dove si trova il carbonio blu: mappa globale e focus italiano
Gli ecosistemi di carbonio blu sono distribuiti in tutto il mondo, ma alcuni luoghi si distinguono per la presenza intensa di mangrovie, paludi salmastre e praterie marine.
Regione / Ecosistema | Estensione stimata | Serbatoi di carbonio |
Mangrovie (Indonesia, Brasile, Messico, Nigeria ecc) | Oltre 147.000 km² | 4,19 Pg C (stock nel 2012) |
Seagrass (Australia, USA, Mediterraneo ecc) | tra 300 000 e 600000 km² | 19,9 Pg C totali; 140 g C/m²/anno |
Paludi salmastre e zone umide | Spot europei, Nord America | Circa 393 t C/ha nel suolo |
Le regioni più attive includono estuari tropicali, il Golfo del Messico e le coste mediterranee. Un esempio concreto: il Golfo del Messico ospita 2,16 M ha tra mangrovie, praterie e paludi, con oltre 480 Tg (teragrammi) di carbonio nei primi 1 m di sedimenti.
In Italia, gli ecosistemi blu presenti lungo le coste offrono un contributo concreto al sequestro di CO₂:
- Delta del Po: paludi salmastre estese e praterie di Phragmites australis, con stime di sequestro rilevante ma variabile in funzione della vegetazione
- Lagune venete: habitat costieri misti con vegetazione sommersa che accumula fanghi organici (dati specifici locali in aggiornamento).
- Praterie marine in Sardegna e Toscana: presenze di Posidonia oceanica riconosciute a livello mediterraneo con stoccaggio sedimentario fino a migliaia di anni.
Tabella – Capacità di assorbimento CO₂ (tonnellate per ettaro all’anno)
Ecosistema | CO₂ assorbita (t/ha/anno) |
Mangrovie | ≈ 1,495 t CO₂/ha/anno |
Paludi salmastre (tidal marshes) | ≈ 951 t CO₂/ha/anno |
Praterie marine (seagrass) | ≈ 607 t CO₂/ha/anno |
Le minacce agli ecosistemi del blue carbon
Questi habitat costieri e marini sono gravemente minacciati dall’attività umana, con impatti diretti sul loro potenziale di stoccaggio CO₂:
Erosione costiera e urbanizzazione
- Dighe e costruzioni lungomare interrompono il naturale apporto di sedimenti, aumentando l’erosione delle spiagge e lagune, e riducendo la capacità di accumulare materiale organico.
- Tra il 1980 e il 2005, le zone umide costiere del Mediterraneo hanno perso il 50 % della loro superficie, in gran parte per urbanizzazione, agricoltura e scarichi artificiali.
Inquinamento
- Lo sversamento di nutrienti (nitrati, fosfati) da agricoltura e attività industriali può generare eutrofizzazione, riduzione di ossigeno e danneggiare praterie marine e paludi salmastre.
- Plastiche e metalli pesanti compromettono il funzionamento di questi ecosistemi, con effetti a cascata su biodiversità e capacità di accumulo di carbonio.
Pesca a strascico e uso del territorio
- La pesca a strascico distrugge sedimenti e radici nelle praterie marine, limitandone la rigenerazione e la capacità di stoccare CO₂.
- Conversione a zone acquacole o agricole, come la coltivazione intensiva o le saline, ha portato alla perdita del 25–50 % delle mangrovie, paludi e praterie negli ultimi 50–100 anni.
Secondo dati FAO e ricerche IUCN, dal 1940, più del 30 % delle mangrovie, 25 % delle paludi salmastre e oltre il 30 % delle praterie marine sono scomparsi. La perdita annuale di questi ecosistemi oscilla tra lo 0,5 e il 3 %, con tassi superiori a regioni come il Sud-est asiatico. Il tasso di degrado delle zone costiere è circa quattro volte superiore a quello delle foreste tropicali.
Perché proteggerli conviene anche economicamente
Proteggere gli ecosistemi del carbonio blu non è solo una scelta ambientale, ma anche un investimento economico intelligente. Il concetto di Natural Capital, nel nostro Paese portato avanti da Natural Capital Italia, rappresenta il valore economico dei servizi che la natura ci offre gratuitamente: tra questi, la capacità di assorbire e immagazzinare CO₂, la protezione dalle inondazioni, la conservazione della biodiversità e il sostegno all’attività ittica e turistica.
Lo stoccaggio del carbonio può essere monetizzato attraverso i mercati dei crediti di carbonio: chi tutela o ripristina mangrovie, praterie marine o paludi salmastre può vendere crediti derivanti dal carbonio sequestrato, generando così un flusso di entrate. Questo meccanismo incentiva la conservazione e promuove progetti di sviluppo sostenibile.
Inoltre, la protezione degli ecosistemi blu riduce i danni da erosione ed eventi climatici estremi, abbattendo i costi economici legati a disastri naturali e manutenzione delle infrastrutture costiere. Il valore dei servizi forniti da questi habitat supera i migliaia di dollari per ettaro all’anno, rendendo la loro salvaguardia un’opportunità strategica per bilanciare crescita economica e sostenibilità.
Cosa si sta facendo: progetti e politiche
A livello europeo, il progetto Life Blue Natura in Spagna coordinato dalla Junta de Andalucía e supportato da partner come CSIC-CEAB e IUCN-Med, si concentra sulla quantificazione e valorizzazione del carbonio blu in Andalusia. L’iniziativa mira a misurare il carbonio sequestrato da praterie di fanerogame marine e paludi salmastre, sviluppando metodologie per la certificazione dei crediti di carbonio e promuovendo politiche di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici. Il progetto ha anche prodotto un manuale per la creazione di progetti di carbonio blu in Europa e nel Mediterraneo, fornendo linee guida per la progettazione e la rendicontazione secondo standard internazionali.
In Italia, la Mediterranean Wetlands Initiative (MedWet) lavora per la tutela e il ripristino delle zone umide costiere, come le lagune venete e le praterie di Posidonia oceanica, favorendo la conservazione della biodiversità e il sequestro di carbonio
A livello internazionale, l’UNEP Blue Carbon Initiative, l’Iniziativa Blue Carbon delle Nazioni Unite, attraverso il programma “Go Blue”, promuove la conservazione e il ripristino degli ecosistemi marini e costieri per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Progetti come il Lamu Blue Carbon Project in Kenya mirano a conservare e ripristinare 4.000 ettari di foreste di mangrovie, generando crediti di carbonio vendibili e beneficiando le comunità locali. Queste iniziative evidenziano l’importanza degli ecosistemi blu nel sequestro del carbonio e nel supporto alle economie locali.
Azioni strategiche per il carbonio blu:
- Mappatura e monitoraggio delle aree costiere: rilevare e seguire lo stato di salute degli ecosistemi blu per proteggere le zone più preziose e intervenire tempestivamente.
- Ripristino di habitat sommersi e paludi: recuperare le aree degradate per aumentare la capacità naturale di assorbire CO₂.
- Integrazione nelle strategie di decarbonizzazione nazionali: inserire gli ecosistemi blu nei piani nazionali per la riduzione delle emissioni, garantendo supporto politico e finanziario.
- Educazione e coinvolgimento delle comunità locali: coinvolgere le popolazioni costiere per promuovere la tutela e l’uso sostenibile degli habitat blu.
Lo sapevi?
Il carbonio blu rappresenta meno del 3% delle aree oceaniche, ma immagazzina quasi il 50% del carbonio organico presente negli oceani!