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Il riscaldamento globale restringe le aree coltivabili a cereali e altre colture alimentari di base

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Il riscaldamento globale ridurrà drasticamente la quantità di terreni agricoli disponibili per le colture di base, soprattutto alle basse latitudini. È il risultato di una ricerca sull’impatto del cambiamento climatico sull’attuale produzione di colture alimentari e sulla loro diversità potenziale nei terreni coltivati a livello globale. Fortissima la vulnerabilità della regione subsahariana anche in caso di riscaldamento globale di 1,5 °C. Si sottolinea la necessità di limitare il riscaldamento globale a 2 °C per evitare impatti dannosi sulla produzione di riso, mais, grano, soia e altre colture alimentari di base.

Il cambiamento climatico minaccia la sicurezza alimentare mondiale, mettendo a rischio la produttività delle principali colture alimentari riso, mais, grano e soia, ma non solo – e spostando geograficamente le loro aree di coltivazione. Un gruppo di ricercatori coordinati dall’Università Aalto in Finlandia, la cui ricerca è pubblicata su Nature Food, ha studiato come andrà negli anni a venire per 30 tipi di colture alimentari da cui dipende attualmente il sostentamento della popolazione globale, in base a quattro diversi scenari di riscaldamento che vanno da 1,5 °C a 4 °C.

Le proiezioni hanno evidenziato differenze sostanziali, in base alle latitudini, nel potenziale di adattamento e nella vulnerabilità del sistema alimentare. Nella regione equatoriale, anche in caso di riscaldamento globale di 1,5 – 2 °C, molti terreni si troveranno in condizioni climatiche in cui nessuno dei 30 tipi di colture studiate è attualmente coltivato. Alle latitudini più alte, invece, l’agricoltura potrebbe beneficiare delle condizioni medie più calde. La ricerca stima che entro il 2100, fino al 30% della produzione mondiale di colture alimentari potrebbe trovarsi in condizioni climatiche che attualmente non le ospitano.

Il concetto di Safe Climatic Space

Lo studio individua la “nicchia climatica” di ogni coltura presa in esame, applicando il concetto di Safe Climatic Space, che mappa l’attuale spazio climatico delle principali aree di produzione di ogni coltura (per il 95% della produzione globale) utilizzando tre parametri climatici: le precipitazioni annuali, la biotemperatura e l’aridità. In base a questo concetto, i ricercatori hanno valutato l’idoneità climatica futura dei terreni coltivati in tutto il mondo per i 30 tipi di colture alimentari scelti. La ricerca fornisce così una visione completa degli effetti dei cambiamenti climatici su un’ampia e diversificata gamma di colture alimentari, utilizzando un quadro unificato, e consente un confronto quantitativo e completo degli impatti dei cambiamenti climatici tra le varie colture e regioni.

La riduzione dei terreni agricoli disponibili

Secondo le proiezioni, nelle regioni a bassa latitudine, il 10-31% della produzione attuale si sposterebbe al di fuori della nicchia climatica anche con un riscaldamento globale di 2 °C e fino al 20-48% con un riscaldamento di 3 °C. Con un rischio per l’attuale produzione di colture che minaccia i mezzi di sussistenza delle famiglie agricole in diversi Paesi della regione equatoriale. Contemporaneamente, la diversità potenziale delle colture alimentari diminuirebbe sul 52% delle terre coltivate globali con un innalzamento di 2 °C e sul 56% con un +3 °C.

La diversità potenziale aumenterebbe, invece, alle latitudini medio-alte, offrendo opportunità di adattamento ai cambiamenti climatici. “Tuttavia, anche se le condizioni climatiche sono favorevoli, altri fattori potrebbero ostacolare l’agricoltura in queste aree. Ad esempio, il riscaldamento potrebbe portare nuovi parassiti ed eventi meteorologici estremi, che il nostro modello non include. Quindi la situazione non è proprio così netta”, dichiara il professor Matti Kummu, autore dello studio insieme a Sara Heikonen, Matias Heino e Mika Jalava dell’Università Aalto, Stefan Siebert dell’Università di Göttingen e Daniel Viviroli dell’Università di Zurigo.

Rischi radicali per l’approvvigionamento alimentare nella regione Subsahariana

Troviamo un notevole aumento della percentuale di aree agricole che passano a condizioni climatiche senza precedenti se il riscaldamento globale supera i 2 °C. Questo risultato fa eco alle ricerche esistenti e all’Accordo di Parigi, che sottolineano la necessità di limitare il riscaldamento globale a 2 °C per evitare impatti dannosi sulla produzione di colture alimentari, soprattutto alle basse latitudini”, scrivono nello studio i ricercatori, che insistono sulla necessità di diversificazione delle colture.

“È allarmante constatare – si legge nella ricerca – che i maggiori effetti negativi sull’attuale produzione vegetale si osservano per le colture e i gruppi di colture che sono elementi importanti dell’approvvigionamento alimentare nelle loro attuali principali aree di produzione. Questo effetto è particolarmente pronunciato per le radici tropicali e i cereali, il che suggerisce la necessità di modificare la dieta o di aumentare le importazioni di cibo. Inoltre, mostriamo che le quattro colture di base globali (grano, riso, mais e soia) subiscono alcune delle maggiori riduzioni di superficie coltivata all’interno del Safe Climatic Space, il che sottolinea la necessità di diversificare la produzione vegetale”.

Diversificare le colture

I ricercatori sottolineano che una maggiore diversità nella produzione vegetale locale favorisce la stabilità e la diversità dell’approvvigionamento alimentare su scala nazionale e la resilienza della produzione a fattori di stress come i parassiti e le sempre più frequenti condizioni meteorologiche avverse dovute ai cambiamenti climatici. Inoltre, la diversità delle colture consente di adattarsi ai cambiamenti climatici selezionando colture resistenti alle condizioni climatiche locali o diversificando la produzione (ad esempio, attraverso la rotazione delle colture).

Rafforzare la governance climatica nazionale e internazionale

Secondo le conclusioni dello studio, è improbabile che gli effetti negativi sulla produzione agricola nelle regioni a bassa latitudine possano essere compensati da adattamenti progressivi delle pratiche di gestione agricola. “Pertanto, oltre agli sforzi di mitigazione dei cambiamenti climatici, è fondamentale sostenere l’approvvigionamento alimentare in queste regioni rafforzando la governance climatica nazionale e internazionale, ad esempio creando accordi commerciali e finanziamenti per l’adattamento innovativo nei Paesi a basso reddito”. Viene evidenziata la necessità cruciale di alleviare gli impatti negativi del cambiamento climatico sulla produzione di colture alimentari e sulla futura diversità potenziale delle colture. “La ricerca e le soluzioni future dovrebbero mirare a far progredire l’attuazione pratica della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici e ad affrontare gli attuali ostacoli a queste azioni, quali, ad esempio, la scarsa capacità di adattamento, le politiche nazionali non coordinate e le restrizioni commerciali”.

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