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Quanto ci costano le scorie nucleari? I numeri dello stoccaggio nucleare in Italia

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Il dibattito sul nucleare è tornato piuttosto attuale, ultimamente. Nonostante la questione sia stata regolata da un referendum storico, nel nostro Paese, che ha visto la maggior parte degli italiani schierarsi contro la produzione di questo tipo di energia, il quadro internazionale attuale, con venti di guerra che sono tornati a soffiare in diverse aree del pianeta, ha creato le condizioni per ripensare la questione. Se si intende farlo davvero, però, occorre prendere in considerazione l’eventualità per intero. L’aspetto delle scorie non va sottovalutato. I numeri relativi a questo tipo di scarto sono più consistenti di quanto si potrebbe pensare.

Quante scorie nucleari ha l’Italia oggi

Secondo i calcoli di ISPRA e SOGIN, in Italia abbiamo 78mila metri cubi di rifiuti nucleari. Di queste scorie, circa 32.663 mc sono radioattivi. È come se avessimo 13 piscine olimpioniche colme di scarti sicuramente nocivi. Il dato è aggiornato al 31 dicembre 2023 e segna un aumento del 5% rispetto ai dodici mesi del 2022. Anche se non abbiamo centrali attive, dunque, i rifiuti si accumulano. Ciò si deve principalmente allo smantellamento dei poli funzionanti tra gli anni ’70 e ’80. Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente, ha personalmente reso pubblico il dato, a fine giugno, in un’audizione di fronte alla commissione alle attività produttive e all’ambiente della Camera dei Deputati.

Entro fine ciclo, ovvero proiettando il dato attuale sul tempo che SOGIN ha stimato per ultimare il lavoro di ripulitura delle centrali che stiamo smantellando, arriveremo a 90mila metri cubi di scorie nucleari. La regione che ne detiene la maggiore quantità è il Lazio. Tale territorio custodisce oltre 10mila metri cubi di scarto, ovvero il 32,3% del totale italiano. Seguono Lombardia (19,70%) e Piemonte (18,28%). Questi numeri ci indicano come non siano affatto poche le scorie nucleari che stiamo gestendo nel nostro Paese. Le spese annuali di custodia sicura sfiorano i 300 milioni di euro. Lo stoccaggio definitivo potrebbe arrivare a costare 1,5 miliardi di euro.

Questi costi sono sostenuti dal contribuente. L’addizionale A2 che troviamo sulle bollette dell’energia elettrica è la voce relativa alla gestione delle scorie nucleari presenti sul nostro territorio. Le spese di custodia e messa in sicurezza temporanea sono aumentate, in maniera rilevante, a causa della mancata realizzazione del Deposito Nazionale, il quale avrebbe dovuto rappresentare una soluzione sicura e definitiva per la gestione di questo scarto che, a oggi, non può essere trattato.

Tipologie di rifiuti radioattivi in Italia

CATEGORIAVOLUME STIMATOEMIVITAPROVENIENZA PRINCIPALE
Bassa attività (LLW)40mila metri cubimeno di 30 annisettori della medicina e dell’industria
Media attività (ILW)35mila metri cubitra i 30 e i 300 anniimpianti nucleari dismessi
Alta attività (HLW)1.500 metri cubioltre 10mila annicombustibile esausto di provenienza estera

Quando parliamo di emivita ci riferiamo al tempo in cui decade metà della massa iniziale dell’elemento chimico radioattivo. È un termine specifico ormai parte del vocabolario comune. Le sigle LLW, per low-level waste; ILW (intermediate-level waste) e HLW (high-level waste) sono internazionali e servono a catalogare la pericolosità delle scorie nucleari.

Chi paga lo stoccaggio delle scorie nucleari? Cittadini e bollette

La componente A2, inclusa tra le voci di spesa della bolletta dell’energia elettrica, si riferisce ai costi legati allo smantellamento di centrali nucleari dismesse. Queste spese includono le operazioni di decontaminazione, gestione scorie e bonifica dei siti. L’addizionale è parte dei cosiddetti oneri di sistema. Denominiamo così le voci di costo aggiuntive che si applicano a tutti i clienti, indipendentemente dal loro operatore, e che sono destinate a finanziare specifiche attività. In questo caso, naturalmente, si tratta dei costi legati al decommissioning nucleare. 

Un importo di circa 100 milioni all’anno, parte del gettito fiscale dell’addizionale A2, è destinato al bliancio dello Stato. Ciò significa che vi è una suddivisione dei costi tra smantellamento nucleare e finanziamento generale del Paese. Gli oneri di sistema si suddividono in quota fissa, che esprimiamo in euro al mese, e quota variabile, in euro per chilowattora. La quota fissa non si applica alle abitazioni di residenza anagrafica. Quella variabile incide in maniera diversa, da famiglia a famiglia, a seconda delle dimensioni dell’abitazione, del proprio contratto di utenza e delle abitudini di vita. Generalmente, gli oneri rappresentano intorno al 20% del totale di spesa sulla bolletta dell’energia elettrica.

Secondo le stime, ogni famiglia italiana contribuisce con circa 8–10 euro l’anno allo stoccaggio delle scorie nucleari, senza che esista ancora un sito definitivo. La cifra si abbasserebbe dopo l’entrata in funzione di un simile polo, che ridurrebbe le spese causate dalla dispersione degli scarti.

I costi operativi annuali

L’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA), attinge dai fondi raccolti grazie all’addizionale A2 per fronteggiare le spese di vigilanza, manutenzione, trasporto delle scorie nucleari, smantellamento dei siti e personale. Sono costi vivi e ingenti, dal momento che le procedure per la gestione di simili scarti sono complesse, e vanno naturalmente osservate alla lettera.

Scorie nucleari: reattori al tramonto
Il problema delle scorie nucleari va considerato: si tratta di un sottoprodotto inevitabile della produzione di energia di questo tipo

Il Deposito Nazionale: una soluzione ancora bloccata

Il Deposito Nazionale per le scorie nucleari, declamato come soluzione rapida e definitiva, capace di accelerare un processo come quello di decommissioning che si trascina avanti da decenni, è ancora molto più teorico che concreto. Siamo infatti piuttosto indietro sull’iter di realizzazione. In questo momento si sta portando avanti, tra non poche difficoltà, lo step di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), secondo la procedura avviata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica a fine novembre. Il progetto prevede il supporto tecnico di SOGIN e l’aggiornamento della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI).

Lo stallo si deve soprattutto all’individuazione del luogo adatto. Nessuna amministrazione sembra intenzionata ad avallare la realizzazione sul proprio terreno e, non appena si identifica una potenziale location, si solleva un polverone di critiche e obiezioni. Un mese fa, Pichetto Fratin ha sbottato, chiedendo di stringere i tempi, con un perentorio aut aut: o si fanno avanti i territori o deciderà arbitrariamente il governo. Il Deposito Nazionale accoglierà circa 84.000 metri cubi di rifiuti radioattivi, a bassa e molto bassa attività, oltre a 14.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Le remore dei comitati locali sono naturalmente dovute alle preoccupazioni connesse ai possibili rischi per la salute.

Stoccaggio diffuso o deposito unico?

VOCE DI SPESADEPOSITI DIFFUSIDEPOSITO NAZIONALE
Costi annui300 milioni di euro100 milioni di euro (post avvio)
SicurezzaVariabile e diversificataAlta
AccessibilitàComplicata perché sistema dispersivoSemplice perché sistema centralizzato
Costi inizialiDato non disponibile1,5 miliardi di euro

I dati in tabella sono stati tratti dal sito dedicato al Deposito Nazionale.

Convergenze europee: cosa fanno gli altri paesi?

Naturalmente, il problema delle scorie nucleari non riguarda soltanto l’Italia. Gran parte dei Paesi europei ha a che fare con la stessa questione, anche in proporzioni maggiori, dal momento che in molti Stati le centrali sono attive e producono energia. In Francia esistono tre depositi nazionali. Molto ampio è l’impianto di riprocessamento di La Hague, nel dipartimento della Manica. Presso questa sede si trattano scorie nucleari francesi, tedesche, belghe, svizzere, olandesi e persino giapponesi. Sono stati spediti a quelle latitudini anche alcuni scarti italiani, risalenti al periodo nel quale le nostre centrali erano attive. Il centro può processare fino a 1.700 tonnellate di materia nucleare ogni anno.

I transalpini hanno aperto altri due depositi nazionali, uno a Aube (nord-est della Francia) e un terzo a Bure, località ai confini tra la Lorena e le Ardenne. In Germania non esiste un vero e proprio luogo dedicato, ma si sono destinate a deposito delle caverne saline presenti sul territorio. La loro dimensione non è paragonabile a quella dei contri francesi, ma ognuna di esse costituisce una sorta di mini-riserva per scarti che contribuisce alla gestione di questo rifiuto speciale.

Il primato della creazione del miglior stabilimento europeo per lo smaltimento delle scorie nucleari spetta alla Finlandia. Onkalo è il deposito geologico per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari creato dal Paese scandinavo che si estende per 400 metri sotto la roccia granitica dell’isola di Olkiluoto ed è stato pensato per durare 100.000 anni. Si tratta di un periodo di tempo più lungo dell’intera storia della civiltà umana documentata. I geologi hanno stimato che il granito resterà al suo posto per tutto questo tempo, custodendo il pericoloso rifiuto.

https://www.rigeneriamoterritorio.it/packaging-free-ridurre-gli-imballaggi-nella-vita-quotidiana

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Mattia Mezzetti

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