Il governo vara un nuovo pacchetto di misure che introducono nuove fattispecie di reati e inaspriscono le pene per quelli esistenti, sostanzialmente elevandoli, quasi tutti, al rango di delitti (non più contravvenzioni).
In piena estate, ovvero tra luglio e agosto, il Consiglio dei ministri ha approvato il Decreto-legge “Terra dei Fuochi”, che introduce “misure straordinarie per contrastare i reati ambientali e restituire legalità ai territori colpiti da roghi e traffici illeciti di rifiuti, tutelando la salute pubblica e l’ambiente”.
Il provvedimento si muove con uno spettro piuttosto ampio, modificando in un colpo solo sia il DLgs 152/2006, ovvero il Testo unico ambientale (TUA), che il Codice penale e di procedura penale, il Codice antimafia, il Codice della strada e persino il Dlgs 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’intervento prevede, inoltre, la destinazione di 15 milioni di euro per il 2025 al Commissario Unico Giuseppe Vadalà per gli interventi di bonifica nella Terra dei fuochi (ovvero nelle province di Napoli e Caserta).
Come si legge sin dal preambolo, la ragione della stretta nel contrasto alle varie forme di illegalità nel ciclo dei rifiuti va ricercata sulla “straordinaria necessità e urgenza di assicurare il contrasto delle attività illecite in materia di rifiuti, che interessano l’intero territorio nazionale, con particolare riferimento alle aree della c.d. Terra dei fuochi, nonché alla ritenuta “straordinaria necessità e urgenza di contrastare il fenomeno dei roghi tossici di rifiuti urbani e speciali che mettono in pericolo la vita e l’incolumità delle persone, compromettendo altresì la salubrità dell’ambiente”.
In particolare si fa riferimento “all’esigenza di dare esecuzione alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 30 gennaio 2025”, ovvero alla sentenza Cannavacciuolo, che ha condannato l’Italia per violazione degli artt. 2 e 8 della CEDU in relazione all’inquinamento da rifiuti nelle province di Napoli e Caserta (c.d. Terra dei Fuochi), mentre non viene fatto cenno della necessità di recepimento, entro il 21 maggio 2026, della nuova Direttiva Ue 2024/1203 sulla tutela penale dell’ambiente.
Le misure più importanti
Nel dettaglio, l’art. 1 riorganizza la tutela penale dell’ambiente mediante introduzione di nuovi reati, inasprimento delle pene o passaggio, degli stessi reati, da contravvenzione a delitto. Ciò avviene, in particolare, con riferimento: all’abbandono di rifiuti, alla gestione non autorizzata, alla combustione illecita e alle spedizioni illegali. Viene, inoltre, introdotta un’aggravante speciale quando i fatti sono commessi nell’ambito nell’attività organizzata di una impresa o comunque di una attività organizzata.
Stretta sull’abbandono dei rifiuti
In questo caso, la riforma, oltre a innalzarne in diversi casi il livello di biasimo fino alla qualifica di delitto, prevede adesso tre fattispecie autonome:
- Abbandono di rifiuti non pericolosi, art. 255 d.lgs. n. 152/2006;
- Abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari (e più gravi), art. 255-bis d.lgs. n. 152/2006;
- Abbandono di rifiuti pericolosi, art. 255-ter d.lgs. n. 152/2006.
Ciascuna delle tre fattispecie si sdoppia poi sul piano sanzionatorio a seconda del caso in cui il responsabile sia un cittadino oppure un’impresa.
Per ragioni di sintesi, volendo rimanere solo al primo caso, quello più ricorrente, cioè l’abbandono di rifiuti non pericolosi, il privato è punito con l’ammenda da millecinquecento a diciottomila euro, e ove l’abbandono o il deposito vengano effettuati mediante l’utilizzo di veicoli a motore, con la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da uno a quattro mesi. Mentre se l’autore dell’abbandono è il titolare di impresa o responsabile di ente si prevede la pena dell’arresto da sei mesi a due anni o dell’ammenda da tremila a ventisettemila euro.
Tale abbandono diventa un delitto in due casi specifici:
- Se dal fatto deriva pericolo per la vita o l’incolumità delle persone ovvero pericolo di compromissione o deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo oppure di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;
- Se il fatto è commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati ai sensi dell’articolo 240 o comunque sulle strade di accesso ai predetti siti e relative pertinenze.
Va da sé che l’abbandono di rifiuti pericolosi diventa anch’esso un delitto, prevedendo anche delle aggravanti (con ulteriore inasprimento di pene) “nel caso di pericolo per la vita o l’incolumità delle persone, o pericolo di compromissione o deterioramento delle matrici ambientali o di un ecosistema, o l’essere l’abbandono intervenuto in siti contaminati”.
Sanzioni più dure per i trafficanti
Anche i delitti di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.) e di traffico organizzato di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.) sono modificati con l’introduzione di una aggravante (aumento della pena fino alla metà), laddove i fatti causino gli eventi di pericolo ivi descritti (quelli che abbiamo già visto applicarsi ai delitti di abbandono gestione abusiva, discarica abusiva, combustione illecita e spedizione illegale).
Norme più severe per le spedizioni illecite
Il provvedimento modifica anche l’art. 259 TUA che riguarda la spedizione illecita dei rifiuti, sostituendo la vecchia contravvenzione (punita con l‘arresto fino a due anni) con un vero e proprio delitto punito con la reclusione da uno a cinque anni, ove la spedizione illegale riguardi rifiuti non pericolosi, pena aumentata fino a un terzo nel caso di rifiuti pericolosi.
L’allargamento delle misure di prevenzione del Codice antimafia ai reati in materia di rifiuti
All’art. 5 introduce la possibilità di adottare la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende (di cui all’art. 34 del Codice Antimafia) rispetto ad alcuni reati in materia di rifiuti quando sussistono indizi sufficienti a ritenere che il libero esercizio di attività economiche o imprenditoriale sia messo a repentaglio. Quindi, anche in questo caso il tribunale competente può decidere di porre sotto amministrazione giudiziaria un’azienda ritenuta colpevole di alcuni specifici reati in tema di rifiuti, ovvero nei casi di: inquinamento ambientale, disastro ambientale, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, abbandono di rifiuti pericolosi, alcune ipotesi di attività non autorizzata di gestione di rifiuti, combustione illecita di rifiuti, spedizione illegale di rifiuti.
L’inasprimento delle sanzione a carico delle imprese nell’ambito del Dlgs 231/2001
Come si accennava prima, viene aggiornato anche il DLgs. 231/2001, inerente alla responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche per adeguarlo alle norme penali introdotte con il Decreto. Nel merito, il nuovo art. 259-bis d.lgs. n. 152/2006 prevede “l’aggravante di un terzo della pena se i fatti previsti dagli art. 256 (gestione abusiva di rifiuti), 256-bis (combustione illecita) e 259 d.lgs. n. 152/2006 (spedizione illegale) sono realizzati nell’ambito di attività di impresa o comunque di attività organizzata (primo periodo), aggiungendo che “il titolare dell’impresa o il responsabile dell’attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l’autonomo profilo dell’omessa vigilanza sull’operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all’impresa o all’attività stessa. Ai predetti titolari d’impresa o responsabili dell’attività si applicano altresì le sanzioni previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.