Pixel di Adform

Chiudi
Cerca nel sito:

Qual è lo stato di salute della green economy nel 2025?

green economy
Condividi l'articolo

È questa la domanda che regge la nuova Relazione sulla green economy scritta dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presieduta dall’ex ministro Edo Ronchi. Sebbene il percorso verso la decarbonizzazione sia in pieno sviluppo, anche per le congiunture mondiali non mancano arretramenti e passi falsi.

Non è una strada in discesa, quella verso la transizione ecologica, tra venti di guerra e nuovi alleati delle fonti fossili. Nasce da questa urgenza di definirne i contorni la pubblicazione della “Relazione sullo stato della green economy del 2025” a cura della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ovvero misurare l’esatta distanza tra gli sforzi che l’UE sta facendo su questo tema e gli arretramenti pesanti degli Stati Uniti d’America con l’Amministrazione Trump e una Cina sempre più convinta a investire sulle tecnologie green, quindi con un duplice ruolo di partner e concorrente spietato per gli europei.

Mentre gli Usa, infatti, puntano tutto sulle fonti fossili, essendo i maggiori produttori mondiali di petrolio, i maggiori esportatori mondiali di gas e grandi consumatori di combustibili fossili, la Cina rappresenta oltre il 40% della capacità installata globale di energia eolica e solare fotovoltaica, produce più della metà delle auto elettriche presenti oggi sui mercati del mondo e oltre l’80% di moduli solari fotovoltaici e di celle per batterie di veicoli elettrici.

Le principali tematiche strategiche della green economy in Italia

Presa tra due fuochi, l’Ue, e con lei il nostro paese, è il tema di fondo della Relazione, devono “guardare alla green economy europea non in modo riduttivo, come settore dei soli beni e servizi ambientali ma, complessivamente, come l’economia del futuro – decarbonizzata, circolare e nature positive – in grado di assicurare un miglior benessere ed uno sviluppo durevole perché sostenibile”.

Limitandoci solo all’Italia per esigenze di sintesi, i punti fermi ribaditi dalla Relazione – che si articola in oltre un centinaio di pagine –, a sostegno dell’esigenza di proseguire sulla strada delle decarbonizzazione sono diversi e tutti convincenti.

Emissioni di gas serra e crisi climatica

Dal 1990 al 2024, le emissioni di gas serra in Italia sono state ridotte complessivamente del 28%. Benino. Perché per raggiungere l’obiettivo assegnato all’Italia nell’ambito del burden sharing europeo del 43% al 2030, occorre tagliarle di un altro 15%, quindi rimangono appena sei anni per colmare il gap. Anche perché il trend dell’ultimo anno è in discesa. Nel 2023 c’era stato un taglio di ben 28 milioni di tonnellate di gas serra, mentre nel 2024 il taglio è stato pari a poco più di 7 milioni di tonnellate: senza invertire il trend è impensabile raggiungere il target al 2030.

Obiettivo necessario da raggiungere a prescindere dagli impegni internazionali, visto che l’Italia si trova al centro dell’hot-spot climatico rappresentato da bacino del Mediterraneo ed è particolarmente esposta agli effetti del riscaldamento globale: nel nostro Paese l’aumento delle temperature medie corre a circa il doppio della velocità della media mondiale. Secondo gli ultimi aggiornamenti di Ispra, il 2024 è stato anche per l’Italia l’anno più caldo di sempre, con una temperatura di 1,33°C più elevata rispetto alla media del ventennio 1991-2020: questo vuol dire più di 2,5 °C rispetto alla media degli anni ’60 (e quindi ben al di sopra dei +3°C rispetto al periodo pre-industriale).

Risparmio ed efficienza energetica

Nel 2024 i consumi primari di energia in Italia si sono lievemente ridotti (-0,5% circa rispetto al 2023), a fronte di una altrettanto modesta crescita del PIL (+0,7%). Analizzando i trend di medio e lungo periodo, dal 2005 al 2024, in Italia i consumi di energia per unità di ricchezza prodotta si sono ridotti del 28% (meno rispetto alla media europea, che ha raggiunto il -35%), con un trend molto positivo del biennio 2022-2023 (rispettivamente -6% e -3% su base annua) che però non è stato confermato nel 2024 (con un calo solo di circa l’1%). Un buon margine dal quale partire, insomma.

Da aggiungere che, sempre nel 2024, il peso dell’import sul fabbisogno di energia è stato in Italia intorno al 72%. Nel biennio 2023-2024 la dipendenza energetica dell’Italia dalle importazioni si è ridotta di ben 7 punti percentuali mentre i consumi finali di energia nel 2024 sono aumentati di circa l’1,5%, pari a circa +1,6 Mtep. L’unico settore ad aver ridotto i consumi finali di energia nel 2024 è stata l’industria, con un valore di -0,5 Mtep a fronte però di un calo della produzione industriale (-3,5%). Quindi, serve un cambio di passo netto targato Made in Italy.

Fonti energetiche rinnovabili

Nel 2024 la produzione di energia elettrica da rinnovabili per la prima volta ha superato la soglia dei 130 miliardi di kWh (TWh), arrivando quasi ad eguagliare la produzione fossile e rappresentando il 49% di tutta la generazione nazionale di elettricità. Si tratta di un dato incoraggiante che testimonia una ripresa del settore nell’ultimo triennio, dopo un blocco durato quasi un decennio. Il target fissato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), pari a circa il 70% della generazione di elettricità coperto da rinnovabili al 2030, potrebbe essere superato introducendo adeguate politiche incentivanti, sostiene la Relazione.

Nell’ultimo triennio, infatti, il settore si era finalmente sbloccato: nel 2024 sono stati installati 7,5 GW di nuovi impianti eolici e fotovoltaici. Purtroppo, i dati del primo semestre del 2025 mostrano un nuovo rallentamento del 17% per le installazioni di eolico e fotovoltaico, rispetto al primo semestre dell’anno precedente. Il nuovo rallentamento è, con ogni probabilità, dovuto alla chiusura del Superbonus del 110% che aveva dato un impulso rilevante al fotovoltaico residenziale ed anche alla frenata di alcune Regioni nella individuazione di aree idonee per gli impianti.

Circolarità dell’economia

La transizione verso una maggiore circolarità dell’economia è particolarmente strategica per l’Italia, un Paese a forte vocazione manifatturiera che utilizza grandi quantità di materiali. Nel 2024, infatti, l’Italia ha registrato – tra i principali Paesi europei – la più alta dipendenza dalle importazioni di materiali: il 46,6%. Una quota nettamente superiore rispetto a quella di Francia (30,8%), Germania (39,5%) e Spagna (39,8%). La produttività delle risorse in Italia – misurata in euro di PIL generati ogni kg di materiale consumato – dal 2020 al 2024 è tuttavia cresciuta del 32%, da 3,6 a 4,7 €/kg ed è la migliore performance fra i principali Paesi europei (Germania e Spagna con 3,9 €/kg e Francia con 3,6 €/kg).

Anche per il tasso di utilizzo circolare dei materiali – definito come quota dei materiali riciclati impiegati sul totale della domanda di materie prime – che nel 2023 ha raggiunto il 20,8%, l’Italia mantiene la migliore performance fra i grandi Paesi europei, seguita dalla Francia con il 17,6%; dalla Germania al 13,9%; dalla Spagna all’8,5%. La strada, quindi, è quella giusta ma serve più impegno.

Green economy e mobilità sostenibile

Al 31 dicembre 2024 il parco circolante italiano ha superato i 41,3 milioni di autovetture, con un incremento di circa 425 mila unità rispetto all’anno precedente, sufficiente a spingere il tasso di motorizzazione nazionale oltre le 700 auto ogni mille abitanti. Un parco circolante che continua a crescere diventando ogni anno sempre più vecchio: l’età media dei veicoli, infatti, ha raggiunto i 12,8 anni. Le auto circolanti a benzina e diesel rappresentavano nel 2024 ancora l’82,5% del parco totale (42,7 % benzina, 39,8 % diesel).

I veicoli elettrici, sia i modelli completamente elettrici (BEV) che quelli plug-in (PHEV), nel 2024 hanno avuto in Italia una contrazione del 13% delle immatricolazioni rispetto all’anno precedente, totalizzando 118.000 nuove registrazioni, con una quota di mercato in diminuzione dall’8,6% al 7,6%. Mentre le auto ibride sono il 6% del parco circolante e quelle elettriche restano ancora una quota marginale del parco circolante: l‘1,3%, con 520 mila veicoli nel 2024. Nel 2024, dopo il forte recupero del 2023, le immatricolazioni di nuove autovetture hanno registrato una lieve contrazione (-0,5%). Complessivamente, la parte più consistente delle nuove immatricolazioni di auto riguarda il comparto ibrido che registra un aumento del 10%, con 623.000 immatricolazioni, consolidando una quota di mercato del 40%.

TI È PIACIUTO QUESTO ARTICOLO?
Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere aggiornamenti sulle novità e sulle storie di rigenerazione territoriale:

Ultime Notizie

Cerca nel sito