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Abusivismo edilizio: solo il 15% degli illeciti demoliti in 18 anni

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Degrado del paesaggio, aggravio del rischio idrogeologico e del rischio sismico, mancata sicurezza per i cittadini. Nonostante i costi che l’abusivismo edilizio si porta dietro, solo in pochi casi gli edifici realizzati illecitamente vengono abbattuti.

Il Rapporto “Abbatti l’abuso 2023” rappresenta la terza edizione del lavoro di ricerca e di analisi avviato nel 2018 da Legambiente sul tema delle mancate demolizioni degli immobili abusivi costruiti dal 2003, anno del terzo e ultimo condono edilizio approvato nel nostro Paese.

Per arrivare dritti al cuore del problema, Legambiente ha scelto di limitare il monitoraggio sulle cinque regioni più esposte: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia – regioni a tradizionale presenza mafiosa – e Lazio. Regioni che, non a caso, figurano ormai stabilmente nelle prime posizioni della classifica sull’illegalità ambientale, stilata ogni anno nel Rapporto Ecomafia.

Il dato sorprendente è che le ordinanze di demolizione eseguite sono poco più del 15% rispetto a quelle emesse, troppo poco per dare un segnale di riaffermazione della legge nei confronti dei protagonisti del mattone illegale.

Abusivismo edilizio: nel Sud Italia sono abusive 42 case su 100

Sebbene rimanga uno dei grandi nodi irrisolti del Paese per le devastanti conseguenze ambientali, sociali ed economiche, che coinvolgono la sicurezza stessa dei cittadini, l’abusivismo edilizio rimane un tema completamente assente dal dibattito pubblico, se non in periodo elettorale, quando gli annunci di condono vengono utilizzati per attrarre voti dal bacino elettorale degli abusivi di professione. Labusivismo edilizio rappresenta una vera emergenza nazionale. L’ultimo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), elaborato da Istat in collaborazione con l’istituto di ricerche Cresme, segnala nel 2022 un incremento di oltre il 9% delle case abusive, con una crescita che non si registrava dal 2004 e una situazione nelle Regioni del Sud “insostenibile”, con più di 42 abitazioni costruite illegalmente su 100. Un dato enorme, ancora ignorato dalle istituzioni, come precisa Legambiente.

L’abusivismo sfregia l’intero territorio, ma colpisce in particolare le parti ad alto rischio idrogeologico, a partire dalle zone costiere, “con un ruolo rilevante esercitato dalla criminalità organizzata – denuncia l’associazione ambientalista – come dimostrano i decreti di scioglimento per mafia delle amministrazioni locali, per troppo tempo favorito da una politica disattenta o, peggio, complice e da un’opinione pubblica che è stata spesso tollerante, soprattutto dove il fenomeno è più grave e diffuso”. Le cronache dei disastri che puntualmente s’impongono all’opinione pubblica danno evidenza a questo fenomeno, basti pensare a quanto successo a Ischia lo scorso anno. Tra l’altro secondo Legambiente è proprio sulle isole minori che la diffusione degli abusi – misurata sulla base delle ordinanze emesse in rapporto alla popolazione – è più alta: un abuso ogni 12 abitanti.

Abbattimenti degli immobili abusivi: solo il 15% in 18 anni  

Per ripristinare lo stato di diritto e provare a rimediare ai danni inferti al territorio la legge prevede l’abbattimento dei manufatti abusivi. Solo nel 2022 sono state emesse oltre 83mila ordinanze di demolizione, con una media, per i Comuni costieri, cinque volte maggiore di quelli dell’entroterra.

Ma la demolizione non sempre avviene, come dimostrano i dati raccolti da Legambiente. Le risposte fornite dai 485 Comuni di Lazio, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia che hanno fornito risposte complete (il 24% del campione) è desolante: tra 2004 e 2022 sono stati abbattuti il 15% dei quasi 71mila immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento.

Sopra la media degli abbattimenti i Comuni siciliani (19%) e quelli del Lazio (17%). La provincia con il migliore rapporto tra ordinanze emesse ed eseguite dai Comuni del suo territorio è quella di Rieti (quasi 42%), la peggiore quella di Crotone, in cui nessuna amministrazione locale ha ritenuto doveroso fornire i dati. Tra i Comuni capoluogo che hanno risposto, il risultato migliore è quello di Avellino con il 39%, quelli peggiori Catanzaro (0,7%), Brindisi (0,2%) e Benevento (0). Il Comune con il più alto numero assoluto di demolizioni è quello di Lipari, in provincia di Messina: ben 538.

Nonostante le competenze di Comuni, Regioni (che possono commissariare i Comuni inadempienti, come ha fatto recentemente la Regione Calabria) e Prefetture (anch’esse investite del compito di dare esecuzione alle demolizioni in caso di inadempienza dei Comuni), una parte significativa degli abbattimenti è ancora frutto dell’iniziativa della magistratura. “In virtù di questa spinta – spiega il report – in alcuni distretti giudiziari sono stati siglati appositi protocolli tra le Procure e i Comuni interessati dall’abusivismo, per collaborare nelle operazioni di demolizione. Un passo in avanti, almeno sulla carta, ma che deve ancora dimostrare i suoi risultati in fatto di ripristino della legalità su vaste aree del Paese”. Un aspetto positivo è comunque l’effetto deterrente esercitato dalle demolizioni rispetto alla realizzazione di nuovi abusi.

Quali danni provoca l’abusivismo edilizio

Altro strumento a disposizione delle amministrazioni locali per scoraggiare il mattone selvaggio è la trascrizione degli immobili abusivi non demoliti nel patrimonio del Comune. Ma anche in questo caso i numeri sono sconfortanti: i Comuni, di fatto, non trascrivono l’avvenuta acquisizione degli immobili. La media nelle cinque Regioni monitorate è poco meno del 6%. E in molti casi non avviene nemmeno la trasmissione delle pratiche di demolizione non eseguite da parte dei Comuni ai Prefetti competenti per territorio: solo il 2% delle ordinanze è stato inviato.

L’abusivismo edilizio nel nostro Paese è ancora particolarmente attivo ed è urgente contrastare in modo serio il fenomeno. “Più che le variazioni congiunturali – scrive l’Istat nel suo Rapporto sul benessere equo e sostenibile – a preoccupare è la lunga persistenza del fenomeno, in forza del quale, in larga parte del Paese, una quota significativa della produzione edilizia continua a operare fuori dalla legalità, nell’aspettativa di futuri condoni. Nel frattempo, il mancato rispetto di piani urbanistici, vincoli di tutela e norme di sicurezza scarica costi altissimi sulla società, in termini di degrado del paesaggio, rischio sismico e dissesto idrogeologico”.

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