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Contro i trafficanti di stracci siglato Protocollo tra Unirau e Agenzia delle Dogane

protocollo stracci
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Siglato un Protocollo d’intesa tra l’associazione di categoria Unirau e le Dogane, condividendo expertise, informazioni e banche dati, con l’obiettivo di fare fronte comune contro i traffici di rifiuti tessili, il più delle volte camuffati da semplici indumenti usati.

Per frenare i traffici internazionali di rifiuti tessili l’Associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta, selezione e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani (UNIRAU) ha stipulato un Protocollo d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Con l’obiettivo principale di organizzare attività formative e divulgative per il personale dell’Agenzia addetto ai controlli in dogana sulle attività svolte dagli operatori del settore al fine di rendere più efficaci le operazioni di verifica e controllo.

Le ragioni del Protocollo

I particolare, secondo l’art. 2 del protocollo, Unirau “si impegna a organizzare, su richiesta dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e senza fini di lucro, attività formative/divulgative rivolte al personale della medesima Agenzia finalizzate all’approfondimento delle attività svolte dalle società operanti nel settore della raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani, onde consentire all’Agenzia l’acquisizione di conoscenze/dati informativi utili per migliorare e rendere più efficace l’azione amministrativa di contrasto agli eventuali traffici illeciti aventi ad oggetto i rifiuti in questione”. Esigenza di migliorare la conoscenza delle dinamiche più interne legate alla gestione dei rifiuti tessili nata anche dall’aumento esponenziale dei flussi illeciti, anche tramite l’acquisizione di conoscenze e dati informativi, che continuano a rappresentare tra le tipologie maggiormente trafficate a livello mondiale.

Secondo stime dell’European Environment Agency più o meno due milioni di tonnellate di veri e propri rifiuti tessili mischiati abilmente con indumenti usati vergono esportati dai paesi Ue prevalentemente verso Asia e Africa, non sempre rispettando le regole. Infatti, di quanto inviato nei paesi africani pare che solo il 60% sarebbe effettivamente riutilizzato, mentre sul destino dei flussi verso l’Asia si apre solo un enorme buco nero. Considerato che, come accade per altre frazioni di scarti, a livello di codici doganali non esiste una netta differenza tra rifiuti veri e propri e prodotti usati riutilizzabili, incertezza sfruttata dai trafficanti per classificare tutto (anche i rifiuti) come “tessili usati” (codice doganale 6309).

Le dichiarazioni

Per Claudio Oliviero, direttore della Direzione Dogane dell’ADM, “La crescente invasività e trasversalità delle frodi e dei traffici illeciti in ambito doganale impone all’Agenzia di dotarsi di strumenti di contrasto del fenomeno sempre più sofisticati e invasivi; l’obiettivo è sempre quello di prevenire e arginare al massimo livello questi fenomeni criminosi, nell’interesse dello Stato e dei cittadini; in quest’ottica, l’accordo stipulato con UNIRAU costituisce una preziosa opportunità per l’amministrazione di acquisire maggiori conoscenze tecniche nel settore dei rifiuti tessili urbani, che potranno essere proficuamente utilizzate dai nostri funzionari impegnati nell’attività di controllo in dogana”.

Gli fa eco Andrea Fluttero presidente UNIRAU, secondo cui “La strategia europea per un tessile sostenibile e circolare, approvata nel 2022, l’obbligo per i Comuni di garantire la raccolta differenziata dei rifiuti tessili urbani e la prossima entrata in vigore di regimi di EPR (responsabilità estesa dei produttori) stanno radicalmente cambiando questa filiera. In tal senso, la nostra associazione intende dare il massimo supporto informativo ai legislatori ed alle Autorità di controllo per valorizzare il lavoro dei tanti operatori della raccolta e della selezione che operano nel rispetto delle norme e contrastare chi infrangendo le leggi crea danni ambientali e concorrenza sleale”.

I dati sui sequestri di rifiuti tessili alle frontiere italiane

Solo per avere un’idea dei flussi illeciti che riguardano i rifiuti tessili, nel solo 2023 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli italiana, ha sequestro, principalmente lungo le nostre banchine portuali, circa 250 tonnellate di stracci e indumenti usati ma spediti in violazione delle regole Ue, più dell’11% del totale sequestrato. Un fenomeno criminale, quello dei traffici internazionali di rifiuti tessile che ha spinto la Commissione Ue a un lungo processo di revisione della Direttiva Quadro sui rifiuti (2008/98/CE) per migliora la gestione di due filiere particolarmente a rischio (sia per gli impatti ambientale che per l’assenza di efficienza eccesso di illegalità), ovvero dei rifiuti tessili e di quelli alimentari.

Fonte Agenzia delle Dogna e dei Monopoli, 2024

I dati del report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente

Secondo l’ultimo Report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) del 27 febbraio 2023, dal titolo “EU exports of used textiles in Europe’s circular economy”, negli ultimi vent’anni, l’esportazione di articoli tessili usati dall’Unione Europea è triplicata, passando dalle 550.000 tonnellate del 2000 alle quasi 1,7 milioni di tonnellate del 2019, anno nel quale abbiamo esportato la media di 3,8 chili di rifiuti tessili per ogni cittadino UE: il 25% dei 15 kg che acquistiamo in media ogni anno.

Secondo i curatori del Report, nello stesso anno il 46% dei tessuti è stata esportata in Africa, destinata soprattutto al mercato dell’abbigliamento usato. Il resto, ovvero ciò che è stato esportato con la qualifica di usato ma che non trova l’interesse di nessun acquirente, finisce in discarica o in smaltimenti informali.

Un altro 41% di rifiuti tessili, sempre secondo il Report, sarebbe stato spedito in Asia, in aree specificamente impegnate nella selezione, principalmente per la produzione di stracci industriali, destinando il resto, laddove possibile (considerati i costi di spedizione), ancora al riutilizzo nei mercati asiatici e africani di terza scelta con l’obiettivo di evitare costi di smaltimento. Un quadro nel quale il dumping ambientale appare come ingrediente dell’attuale modello di gestione.

Le nuove regole UE

Non a caso, la Commissione UE ha riscritto il Regolamento 1013/2006 sulla movimentazione transfrontaliera dei rifiuti, rendendo ancora più stringenti le procedure, principalmente allo scopo di contrastare, per quanto possibile, il dumping ambientale. Il nuovo Regolamento 2024/1157 impone, infatti, nuove regole sulle movimentazioni transfrontaliere di rifiuti, naturalmente comprendendo anche quelli tessili.

Queste consentiranno l’esportazione di rifiuti tessili verso paesi non appartenenti all’OCSE solo a determinate condizioni. Ovvero, questi avevano tempo fino al 15 febbraio 2025 per comunicare alla Commissione la loro intenzione a importare tali rifiuti, dimostrando la loro capacità di gestirli in modo sostenibile. Una stretta resa necessaria dall’aumento significativo negli ultimi anni delle esportazioni di rifiuti tessili al di fuori dell’Unione, che hanno raggiunto 1,4 milioni di tonnellate nel solo 20206.

Viene infatti previsto che tutti gli impianti esteri di destino extra UE siano soggetti ad un audit, condotto da un ente terzo indipendente, che certifichi il rispetto di condizioni di trattamento sostanzialmente equivalenti a quelle garantite dagli impianti europei.

In aggiunta, i Paesi non OCSE dovranno iscriversi ad un elenco tenuto dalla Commissione europea per poter ricevere rifiuti dall’Europa comunicando la loro politica in tema di gestione rifiuti, la loro capacità di trattamento, la normativa ambientale adottata, eventuali piani di gestione nazionali ed altre informazioni.

Italia, paese esportatore di rifiuti tessili

Da sottolineare pure che l’Italia è un paese esportatore netto di rifiuti tessili. Nel 2019 sono state esportate dal nostro paese circa 68.200 tonnellate tra rifiuti tessili, quali indumenti ed accessori usati, scarti di selezione e rifiuti da fibre tessili lavorate (Ispra, 2024). Di queste, circa 48.300 tonnellate (ovvero la maggior quota) erano rappresentate da rifiuti quali indumenti ed accessori usati. La maggior quantità delle raccolte originali, oltre ai paesi dell’Est UE (Romania, Ungheria e Bulgaria), risulta comunque essere stata acquistata dalle imprese della selezione presenti in Tunisia, per un quantitativo formalizzato che ha superato le 38 mila tonnellate33.

Insomma, si tratta di un mercato profondamente interconnesso con il resto del mondo, laddove le regole della domanda e dell’offerta spingono, spesso, i flussi a oltrepassare i confini nazionali, sia in entrata che in uscita. E un’azione sinergica nelle fasi di verifica e controllo, come quella pensata dal nuovo Protocollo di cui si è detto finora, può aiutare gli operatori in campo a fare meglio e a fare di più, nell’interesse degli operatori in regola e, ovviamente, per una migliore tutela ambientale.

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