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Crisi climatica e cementificazione minacciano le coste italiane

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Eventi climatici estremi, innalzamento del livello dei mari, consumo di suolo e erosione minacciano le coste italiane, con il rischio di perdita di biodiversità, compromissione dell’equilibrio idrogeologico, degrado ambientale. Le proposte di Legambiente per aumentare la resilienza di queste aree fragili.

Uno dei punti di forza del Paese, le nostre coste, con le spiagge e i panorami mozzafiato, è anche uno degli anelli più fragili. A ricordarcelo, con il dossier “Spiagge 2023. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane” , è Legambiente. L’associazione ambientalista ha messo in fila i dati relativi agli eventi meteo estremi resi più frequenti e intensi dalla crisi climatica, quelli sull’innalzamento dei livelli del mare, il consumo di suolo e l’erosione. Il quadro che emerge è niente affatto rassicurante.

“Le coste italiane – ha commentato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente- rappresentano una delle cartine di tornasole più importanti, insieme alle aree urbane, soprattutto per analizzare gli impatti che la crisi climatica sta già portando insieme agli eventi meteo estremi e al riscaldamento delle acque. Si tratta infatti di aree al centro dell’hot spot climatico del Mediterraneo e quindi particolarmente vulnerabili e che, in futuro, lo saranno ancor di più a causa dell’innalzamento del livello dei mari. Per questo è fondamentale intervenire con azioni concrete approvando il Piano nazionale di adattamento al clima e attuando piani e strumenti di governance che riducano il rischio per le persone, le abitazioni e le infrastrutture, e che permettano di programmare interventi volti al miglioramento della gestione dei territori”.

Eventi meteo estremi: colpito un Comune costiero su tre

Dal 2010 al giugno 2023secondo l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, su oltre 1.700 eventi meteo estremi che hanno colpito il nostro Paese, più di 700 hanno riguardato i Comuni costieri. Un Comune su tre, tra gli oltre 600 dislocati lungo le coste, è stato investito da trombe d’aria, alluvioni o frane. Si è trattato di 254 allagamenti da piogge intense, 199 trombe d’aria e raffiche di vento, 84 danni alle infrastrutture da piogge intense, 64 mareggiate, 46 esondazioni fluviali, 21 frane da piogge intense, 19 danni da grandinate, 10 danni da siccità prolungata, 9 danni al patrimonio storico da piogge intense e 6 casi di temperature record. Oltre ai pesanti costi per la comunità, anche il costo umano è molto alto: 186 le vittime. È la Sicilia la regione più colpita, con 154 eventi estremi, seguono Puglia (96), Calabria (77), Campania (73). Tra i Comuni più colpiti: Bari (43 casi), Agrigento (32), Genova (27), Palermo e Napoli (23), Ancona (22).  

Inondazioni: quali le aree più a rischio in Italia

Direttamente connesso al riscaldamento globale è il rischio che le aree costiere corrono con l’innalzamento del livello dei mari. “Le aree urbane costiere in particolare – si legge nel report di Legambiente – rischiano di subire rilevanti danni e, in alcuni casi, in uno scenario di aumento delle temperature oltre gli 1,5°C di scomparire. Nel quadro globale, particolarmen­te colpiti sarebbero i Paesi dell’Unione europea, dove circa un terzo della popolazione vive entro 50 km dalla costa”.

Secondo le analisi del Joint Research Centre della Commissione europea, in assenza di misure di mitigazione del clima e di adattamento, i danni annuali causati dalle inonda­zioni nell’UE e nel Regno Unito potrebbero arrivare a quasi 240 miliardi di euro entro fine secolo. A pagarne le conseguenze sarebbero soprattutto Germania, Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Italia. Le analisi di ENEA ci dicono che nel nostro Paese sono 40 le aree a maggior rischio: quelle della Pianura Padano-Veneta tra Trieste, Venezia e Ravenna; la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l’area di Le­sina e di Taranto in Puglia; La Spezia in Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d’Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana; la piana Ponti­na, di Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la pia­na del Volturno e del Sele in Campania; le aree di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai (Muravera) e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria (Sassari), di Porto Pollo e di Lido del Sole (Olbia) in Sardegna; Metaponto in Basilica­ta; Granelli, Noto, Pantano Logarini e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; Gioia Tauro e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria.

Oltre un terzo delle coste italiane sono state artificializzate

Tra 2006 e 2019 secondo Legambiente sono stati modificati quasi 1.800 km di costa naturale bassa: più di un terzo del totale. Uno dei problemi, avverte l’associazione, “è che in Italia si continua ad intervenire con opere come pennelli e barriere frangiflutti, per un totale di ben 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa”. Si tratta di opere “che artificializzano ulteriormente la linea di costa e che, come provato su molti litorali, modificano inevitabilmente le correnti marine e spostano semplicemente il problema su altri tratti coste”. 

Consumo di suolo: in Italia, un terzo avviene lungo le coste

Quasi un terzo del consumo di suolo italiano avviene lungo le coste: nei Comuni italiani che si affacciano sul mare, infatti, nel 2021 ammontava ad oltre 420mila ettari, cioè al 27% del totale nazionale. Il consumo di suolo porta con sé perdi­ta di biodiversità, degrado ambientale e compromissione delle risorse naturali. “L’in­cremento delle attività edilizie e la conversione dei terreni agricoli in zone residenziali o turistiche – spiega Legambiente – hanno avuto ed hanno tuttora un impatto signi­ficativo sull’ecosistema costiero, compromet­tendone l’equilibrio idrogeologico e la fruibilità di risorse naturali. Tutto questo, come dimostra la tragedia di Ischia dello scorso novembre, ma anche le alluvioni di Genova e Olbia, può influen­zare l’equilibrio idrogeologico, aumentando il ri­schio di frane, alluvioni e degrado delle risorse idriche”.

I dati peggiori si riscontrano in Sicilia, dove il suolo consumato lungo coste supera il 56% del totale regionale, il dato più elevato in Italia. Seconda la Liguria, “anche per motivi legati alla confor­mazione del territorio e ai confini amministra­tivi”: il consumo di suolo costiero oltrepassa il 55% del totale regionale. Segue la Calabria col 53%.

Coste resilienti: le proposte di Legambiente

A fronte dei rischi crescenti, Legambiente propone alcuni interventi urgenti, tra cui:

  • l’approvazione in via definitiva del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, al momento fermo dopo la fase di Valutazione ambientale strategica;
  • il superamento della logica dell’emergenza e di interventi invasivi come le opere rigide per la difesa delle coste dall’erosione;
  • l’adozione di misure di adattamento per ridurre il rischio di inondazioni nelle zone costiere come, ad esempio, interventi di rinaturalizzazione delle coste, ricostituendo le fasce dunali e le zone umide e paludose;
  • l’approvazione di una la legge sullo stop al consumo di suolo, che il Paese aspetta da 11 anni. 

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