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Dopo gli eventi estremi, la gestione degli alberi abbattuti è un problema aperto

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Gli eventi estremi di fine estate hanno portato all’abbattimento di migliaia di alberi, ma non è ancora chiaro come poter gestire questi residui legnosi. La denuncia della Federazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili.

Decine di migliaia di alberi sono stati abbattuti dalle tempeste che nei mesi estivi hanno colpito, e che c’è da temere colpiranno, con sempre maggiore frequenza e intensità, molte città e territori italiani. Il rischio è, come si dice, che oltre al danno arrivi anche la beffa.  Nella gestione del dopo emergenza, infatti, si configura “una situazione paradossale: un eccesso di offerta di residui legnosi, che rimane bloccata per l’uso energetico”, spiega Walter Righini presidente della Federazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili (Fiper) che rappresenta le imprese dell’energia da biomassa. “Le amministrazioni comunali sono chiamate a gestire ingenti tonnellate di alberi espiantati, in un quadro legislativo incerto e fonte di diverse interpretazioni, tra il regime rifiuti e la gestione dei sottoprodotti”. Per questo Righi sostiene che sia necessario fare chiarezza. Ma vediamo dove sta il problema che rischia di rende ancor più complessa la gestione dell’emergenza.

Alberi caduti: rifiuti o sottoprodotti?

“Difficile fare stime precise sul numero di alberi abbattuti, in considerazione della vastità dell’area colpita: nel corso del downburst del 24-25 luglio che ha coinvolto bellunese, Val di Fiemme, Val di Fassa, Carnia, Regione Lombardia, l’entità degli alberi caduti varia a seconda delle zone – spiega  Vanessa Gallo segretaria generale Fiper – Tra le aree più colpite la Val di Fassa, con la caduta di circa 25 metri cubi di legname, 5.000 alberi caduti solo a Milano. In Friuli il primo fortunale del 13 luglio, seguito poi da quelli del 24 – 25, ha causato la caduta di 6 – 10 mila tonnellate di alberi. Le stime sono ancora lontane dalla reale entità in quanto la maggior parte del materiale è ancora a terra”.

In seguito a questi eventi, il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha fornito due pareri sul tema. Il primo – secondo quanto ricostruisce Fiper – dà il via libera alle imprese forestali e agricole di gestire il legno vergine ricavato dalla manutenzione e messa in sicurezza del territorio nella disciplina del materiale forestale”. Confermando così l’interpretazione della Corte di Cassazione, che con due sentenze (n. 8532 del 3 marzo 2021 e n. 4221 del 1° febbraio 2023) “esclude il residuo dal trattamento del regime rifiuti”. Insomma, stando al primo parere gli alberi possono essere gestiti con la disciplina prevista per il materiale forestale e non sono quindi rifiuti.

Il secondo parere invece, pubblicato in risposta ad un quesito della Regione Veneto, afferma la necessità di dimostrare, volta per volta, la sussistenza dei 4 requisiti previsti per il sottoprodotto, altrimenti gli alberi caduti rientrano nel regime dei rifiuti. I requisiti stabiliti dal Testo unico ambientale (d.lgs 152/2006) sono:

  • la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  • è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  • la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  • l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

“La difficoltà – spiega ancora Vanessa Gallo – nasce dal considerare, per il rispetto della prima condizione, esclusivamente il processo di produzione di un oggetto e non il processo di produzione di un servizio. Infatti, nel caso della manutenzione del verde pubblico e privato, il processo di produzione riguarda il servizio di pulizia, gestione, manutenzione del patrimonio arboreo”. Anche in questo caso c’era stato già un pronunciamento del Ministero dell’Ambiente, che nel 2015 precisava che la nozione di residuo produttivo vada intesa in un’accezione più ampia, ricomprendendo anche i residui derivanti dalle attività di manutenzione del verde.

La richiesta di considerare gli alberi abbattuti residuo forestale

A quale dei due pareri fare riferimento? “Attraverso un’ordinanza del presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia – racconta Gallo – 125 Comuni hanno provveduto a gestire gli alberi abbattuti quale materiale forestale, così come il Comune di Milano”. Una scelta non indifferente per le casse pubbliche: nel caso che i tronchi vengano definiti rifiuto, il costo di smaltimento per il Comune si aggira intorno ai 7 – 8 euro a quintale; mentre se classificati materiale forestale o sottoprodotto il Comune non ha costi di smaltimento, può anzi trarne un ricavo. “Nella bassa pianura friulana, i Comuni colpiti dalla calamità hanno risparmiato sinora circa 400mila euro per ripristino del territorio, senza dover ricorrere allo scostamento di bilancio. Un bel risparmio” riflette Gallo.

“Serve una risposta rapida per far fronte all’urgenza di gestire i residui legnosi e poter attivare gli interventi necessari a promuovere fattivamente l’economia circolare” commenta Walter Righini. La federazione ha scritto una lettera al Ministero dell’Ambiente, a quello dell’Agricoltura e alle Regioni colpite per proporre di considerare residuo forestale, quindi escluso dal regime dei rifiuti:

  • il legno vergine derivante dagli abbattimenti;
  • dalle potature da manutenzione;
  • dalla messa in sicurezza;
  • dalla selvicoltura urbana;
  • dai prelievi realizzati a causa di eventi eccezionali del patrimonio arboreo pubblico e privato.

Ad oggi non è arrivata alcuna riposta, mentre Fiper sta predisponendo un nuovo dossier da trasmettere ai dicasteri e ai parlamentari per riaprire il confronto e provvedere alla definizione di un quadro legislativo chiaro e stabile.

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