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Energia dagli scarti del vino

Scarti del vino: un vigneto
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Perché gettare via gli scarti del vino quando rappresentano un’importante fonte di energia pulita? Dalla amata bevanda è possibile ricavare ingredienti che possano essere inseriti lungo il processo produttivo di cariche pulite. Si tratta di una tecnologia ancora in fase iniziale, che interessa molto i produttori vitivinicoli e vede la mobilitazione di atenei prestigiosi tra cui, in prima fila, quello veneziano di Cà Foscari, perché si pone come un’importante innovazione nel campo delle risorse verdi, sostenibili e a impatto zero.

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Come ottenere energia dagli scarti del vino?

Ma com’è possibile ottenere energia dagli scarti del vino? Il procedimento è piuttosto articolato. Al termine della lavorazione del mosto, quando si va a chiarificare la bevanda prima di stiparla nelle botti, si producono degli scarti, anche noti come feccia del vino. Da questa è possibile ottenere, dopo ulteriore lavorazione, una specie di fango contenente liquidi e altro materiale residuo. L’uva, una volta fermentata, rilascia tannini, antociani e altri polifenoli tipici. Il composto ottenuto viene raccolto e collocato all’interno di sistemi fotovoltaici. Mediante pannelli a colorante organico (noti come celle di Grätzel), basati sull’azione della tintura estratta dai residui della vinificazione, si può ricavare energia.

Queste particolari celle fotovoltaiche si compongono di materiale nanostrutturato poroso, in biossido di titanio. Il materiale ha il compito di catturare la luce del sole e iniettare elettroni nel semiconduttore. In questo modo, si mette in funzione la catena della produzione energetica. La carica così prodotta sarà rinnovabile e sostenibile. Di fatto, dotandosi di pannelli di Grätzel, le aziende vinicole potrebbero produrre energia per mantenere in movimento la propria strumentazione.

Scarti del vino: una bottiglia di rosso
Per produrre una bottiglia di vino si producono scarti. È possibile renderli energia?

Scarti del vino e nanotecnologie

La cella utilizzata dall’università Cà Foscari per ottenere energia dalla feccia vinicola è piuttosto sofisticata. I dettagli dello strumento li ha forniti la professoressa Elisa Moretti, docente di chimica inorganica presso l’ateneo e responsabile scientifica del progetto portato avanti dagli studenti:

“Questo tipo di cella solare è una macchina molecolare che lavora nel campo delle nanotecnologie. Essa mima il processo di fotosintesi clorofilliana e rappresenta un’alternativa ai sistemi tradizionali per l’efficienza di conversione energetica. C’è tutta l’intenzione di continuare ad approfondire questa tecnologia.”

Il progetto universitario è a lungo termine e si avvicina al compimento del quinto anno di vita. I risultati sono però stati molto buoni fin dall’inizio, tanto che nel 2019 si parlava già di una possibile messa a sistema di pannelli fotovoltaici alternativi. Le celle che sfruttano il colorante vinicolo sarebbero infatti più economiche di quelle in silicio. Anche il loro impatto sull’ambiente è molto inferiore. Si tratta naturalmente di stime, basate esclusivamente su risultati di laboratorio. Un possibile brevetto resta ancora lontano, anche perché bisogna portare avanti test approfonditi, con vere radiazioni solari, e non soltanto con macchine che le imitano, come è stato fatto finora.

Se la commercializzazione resta ancora distante qualche anno, le celle hanno già fatto il loro debutto in pubblico, presenziando alla più importante fiera nazionale del settore: Vinitaly.

La sinergia tra ateneo e mondo produttivo

Il progetto di ricerca dell’università vede la collaborazione dell’azienda Serena Wines, importante produttrice di Prosecco, e si basa sulla cella ideata dalla professoressa Moretti. La fase di ricerca in laboratorio è durata due anni, poi è stata prorogata durante la pandemia e ora il sistema fotovoltaico basato sugli scarti della vinificazione è disponibile alla prototipazione, step necessario prima di ogni eventuale collocazione sul mercato.

La capacità brevettuale gioca un ruolo di primo piano per la competitività aziendale. In settori di primo piano, come ad esempio quello della sostenibilità, che attirano investitori e occupano una posizione strategica nei piani di crescita e sviluppo aziendali, è importante muoversi d’anticipo. Dalla sinergia tra l’universo della formazione e il mondo del lavoro possono svilupparsi risorse e tecnologie capaci di avviare una nuova fase nella produzione energetica.

“La nostra azienda ha sempre affiancato l’innovazione tecnologica e l’utilizzo di macchinari di nuova generazione, per far fronte alle richieste del mercato con una speciale attenzione all’ambiente, oltre che al cliente. È con la stessa ottica di green economy che abbiamo deciso di diventare partner di questo progetto, in qualità di finanziatori e titolari del brevetto. Serena Wines 1881, tra le prime 5 produttrici di Prosecco e leader nella produzione e commercializzazione di vino in fusto in acciaio nel canale Horeca, con un fatturato bilanciato tra mercato nazionale e internazionale, è fornitore del materiale di scarto di vinificazione che funge da colorante per i pannelli fotovoltaici inventati dalla professoressa Elisa Moretti.”

Ha dichiarato a Start Up Italia Giorgio Serena, il presidente di Serena Wines.

Dove si è svolta la ricerca

La ricerca si è tenuta presso alcuni laboratori dedicati allo studio di processi fotocatalitici e alle energie rinnovabili, dotati di strumenti per progettazione, sintesi e indagine di nanomateriali inorganici funzionali. I ricercatori si sono avvalsi di un simulatore di luce solare. Esso poteva riprodurre l’energia radiante del Sole che giunge sulla superficie terrestre, necessaria per mettere a punto queste celle di Grätzel. Tutti i lavori sono stati portati avanti presso il campus scientifico dell’università.

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Mattia Mezzetti

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