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Fusione nucleare: a che punto è la ricerca energetica?

Fusione nucleare: esperimenti in laboratorio
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Il processo della fusione nucleare rilascia energia in seguito all’unione di due nuclei leggeri a temperature elevatissime. È possibile sfruttare questa reazione chimica per produrre elettricità. Per una buona parte dei fisici contemporanei, l’energia liberata dalla fusione rappresenta la fonte energetica del futuro, quella sulla quale dovremmo concentrare la fetta più ampia degli investimenti, nell’ottica di una transizione energetica davvero globale. Ma a che punto ci troviamo oggi? La ricerca riesce a tenere il passo della teoria?

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Ottenere elettricità dalla fusione nucleare

Con la parola fusione, la fisica definisce il passaggio dallo stato solido a quello liquido. L’aggiunta dell’aggettivo nucleare, però, cambia completamente il senso e il significato dell’espressione. Il processo di fusione nucleare, infatti, non è propriamente riproducibile in qualunque laboratorio di chimica scolastica si possa sperimentare la trasformazione del ghiaccio in acqua. Esso avviene nelle stelle in seguito all’unione di più elementi che si riducono a uno, sprigionando una considerevole quantità di energia.

Di consueto sono atomi di idrogeno che si uniscono tra loro, generando elio a temperature elevatissime. Non a caso, il processo è noto anche con la denominazione di fusione nucleare calda. Per intenderci, l’aggettivo è quantomeno riduttivo: le temperature di cui parliamo sono nell’ordine delle decine di milioni di gradi (il massimo raggiunto è di 70 milioni), più roventi dello stesso sole.

Gli atomi di idrogeno sono molto leggeri. Scontrandosi, formano un elemento più pesante e liberano una grande quantità di energia. Quando si scrive grande quantità si intende una cifra di numerosi ordini di grandezza superiore alla tradizionale combustione. All’interno del corpo di una stella troviamo molteplici ammassi di materia leggera, concentrati a temperature elevate e densità massicce. Gli elettroni di questa materia non sono più legati al proprio nucleo, e godono quindi di una certa libertà di movimento, sconfiggendo così la naturale repulsione dei nuclei positivi, ovvero il principale fenomeno di contrasto allo stato di plasma indispensabile perché si possa verificare la fusione nucleare.

Fusione nucleare nelle centrali: si sogna di poterla proporre in futuro
La fusione nucleare in centrale è oggi impossibile, in quanto il processo è ancora troppo esoso e possibile soltanto a livello sperimentale.

Fusione nucleare libera o controllata

Nel momento in cui gli isotopi di idrogeno allo stato plasmatico collidono si genera un atomo singolo di elio, un neutrone e moltissima energia, così tanta che può generare un’esplosione potentissima, forse persino incontrollabile. Per evitare che ciò accada è fondamentale evitare che questo processo avvenga rapidamente. Riducendo artificialmente la velocità della collisione si può rallentare molto il fenomeno, così da evitare integralmente l’esplosione e accumulare l’energia liberata. A questo punto, la si potrà trasformare in elettrica.

La cosiddetta fusione nucleare controllata, sulla quale si lavora fin dal lontano 1932, quando Mark Oliphant cominciò a sperimentare con l’idrogeno, è quella sulla quale sono impegnati i laboratori più all’avanguardia del mondo. La tecnologia attuale, ancora perfettibile, ha già raggiunto dei risultati importanti. I reattori Tokamak, a forma di ciambella, sono frutto di uno studio sul miglior dispositivo nel quale portare avanti la generazione di plasma caldo.

Al profano potrebbe sfuggire ma la sagoma del reattore è davvero molto importante. Non esistono infatti materiali capaci di contenere le elevatissime temperature richieste dalla fusione, per cui occorre creare un contenitore che permetta il confinamento magnetico del plasma, impedendogli di toccare – e incenerire in pochi istanti – le pareti.

A che punto siamo con la ricerca?

Al termine del 2022, nella giornata del 13 dicembre, si festeggiò la diffusione della notizia che annunciava un grande risultato. Finalmente, in un laboratorio californiano, si era ottenuta, in seguito a fusione nucleare, più energia di quella che era servita ad innescarla. Fino a non troppi mesi fa, la scienza aveva sempre operato in perdita, per così dire. A qualcuno potrebbe sfuggire l’importanza del risultato ottenuto ma, di fatto, è come se avessimo scoperto la ruota.

È doveroso sottolineare come il processo della fusione nucleare voglia riprodurre in maniera artificiale ciò che avviene continuamente nella stella madre del nostro sistema: il sole. Padroneggiare questo fenomeno ci consentirebbe di avere energia pulita, inesauribile e a basso costo. Per riuscire a farlo su scala, però, saranno necessari verosimilmente ancora decenni, dal momento che il bilancio energetico resta comunque troppo esoso e non sostenibile per l’intero sistema pianeta.

L’energia nucleare che siamo già in grado di produrre – pur con tutte le controindicazioni che conosciamo e su cui continuamente si torna a porre l’accento – si basa sulla fissione. La fusione è un processo più potente e meno impattante in termini di rischi e produzione di scorie. Per tal motivo ci si investe in maniera copiosa e si raccolgono con gioia i frutti della ricerca. Resta però il fatto che non sia ancora possibile spostare la fusione dal piano sperimentale a quello industriale, poiché i costi sono, ad oggi, troppo alti.

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Mattia Mezzetti

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