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Green economy in tempi di crisi: ecco come sta andando in Italia e in Europa

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Decarbonizzazione, circolarità, capitale naturale: i risultati raggiunti, i ritardi e le sfide ancora aperte. Presentata a Ecomondo, la Relazione sullo stato della green economy 2025 fa il punto sullo stato e le prospettive della transizione ecologica europea, nello scenario internazionale caratterizzato dalla retromarcia su clima e ambiente del presidente Usa e dal forte sviluppo delle esportazioni green della Cina. Con un aggiornamento sull’Italia.

Conviene all’Italia tornare indietro nella sua transizione energetica e di economia circolare? Conviene all’Europa? È la domanda che guida l’analisi della Relazione sullo stato della green economy 2025, presentata il 4 e 5 novembre agli Stati Generali della Green Economy, all’expo Ecomondo alla Fiera di Rimini. Un bilancio annuale, a cura della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, con il coinvolgimento di 66 organizzazioni di imprese della green economy italiana, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e con il patrocinio della Commissione europea e del Ministero delle imprese e del Made in Italy. “Abbiamo messo al centro di questa edizione un tema cruciale per il nostro paese: conviene o meno all’Italia tornare indietro nella transizione ad una green economy decarbonizzata, circolare e che tutela il capitale naturale?  Noi riteniamo di no”, ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile e curatore della Relazione.

La risposta è no, tanto per l’Italia quanto per l’Europa. E il parere che arriva dalla Relazione e dalle due giornate di confronto è quello di tenere la barra dritta, nonostante il mare in tempesta. Considerazioni valide soprattutto per l’Ue, in scomoda posizione tra il negazionismo climatico trumpiano e l’accelerazione dello sviluppo delle produzioni green della Cina. Ma anche per l’Italia, che tentenna sul taglio alle emissioni e non solo, con risultati complessivamente discutibili rispetto alle tematiche strategiche prese in considerazione.

Il quadro della green economy in Italia

“Per l’Italia, al centro dell’hot-spot climatico del Mediterraneo, con un aumento delle temperature che corre il doppio della media mondiale, la transizione energetica e climatica è di vitale importanza”, ha sottolineato Ronchi. Ma dal 1990 al 2024, le emissioni di gas serra in Italia sono state ridotte complessivamente solo del 28%. Per raggiungere l’obiettivo assegnato al nostro paese nell’ambito del burden sharing europeo del 43% al 2030, occorre tagliarle di un altro 15% nei rimanenti 6 anni.

Nel 2024, però, il taglio delle emissioni di gas serra non ha raggiunto nemmeno il 2% su base annua, poco più di 7 milioni di tonnellate: un quarto della diminuzione registrata nel 2023. Il 2024 è stato per l’Italia l’anno più caldo di sempre con oltre 3.600 eventi climatici estremi, quattro volte quelli del 2018. Le altre voci analizzate sono risparmio ed efficienza energetica, fonti rinnovabili, economia circolare, mobilità sostenibile, sistema agroalimentare, consumo di suolo, risorse idriche e transizione ecologica nella città.

Qualche luce

Di buono, in Italia, c’è che la produzione di energia elettrica da rinnovabili è arrivata al 49% di tutta la generazione nazionale di elettricità (in traiettoria col target del PNIEC, del 70% al 2030); che l’Italia mantiene il suo primato europeo nel riciclo dei rifiuti (con l’86% del totale dei rifiuti avviati a riciclo nel 2022, davanti a Spagna e Francia rispettivamente al 55% e al 52% e alla Germania al 44%, e il più elevato tasso di riciclaggio di rifiuti di imballaggio con il 75,6% rispetto al dato medio europeo del 67% nel 2023); che l’agricoltura biologica cresce del 24% nel 2024 e che l’Italia è il Paese europeo con il più elevato numero di prodotti DOP, IGP, STG.

Molte ombre

Riguardo a questi settori, va detto, tuttavia, che quello agricolo è molto esposto alla crisi climatica e che i danni all’agricoltura causati da eventi atmosferici estremi in Italia tra il 1980 e il 2023 hanno comportato costi per 135 miliardi di euro, il dato più elevato in Europa dopo quello della Germania (180 miliardi). Sul fronte della circolarità dell’economia, l’Italia ha registrato, nel 2024, tra i principali Paesi europei, la più alta dipendenza dalle importazioni di materiali: il 46,6%.

Occorre tenere gli occhi aperti sul mercato delle materie prime seconde, in particolare quello della plastica riciclata che è precipitato in una forte crisi e che, se non risolta, potrebbe produrre ricadute negative anche sugli sbocchi delle raccolte differenziate. E, seppure bravi nel riciclare, siamo il peggiore dei principali Paesi europei per l’elevata produzione di rifiuti (esclusi quelli minerali) per unità di PIL (66 kg di rifiuti generati ogni mille euro di Pil nel 2022 a fronte dei 58 della Spagna, 48 della Germania, 42 della Francia).

L’energia

Alla voce energia: l’Italia rimane fra i Paesi europei con la più alta dipendenza energetica dall’estero. Dal 2005 al 2024, i consumi di energia per unità di ricchezza prodotta si sono ridotti del 28%, meno della media europea del 35%. Per i consumi finali di energia, le stime per il 2024 non sono positive: i consumi registrano un aumento di circa l’1,5%, da ricondursi interamente ai settori degli edifici e dei trasporti, che si confermano i veri settori “hard to abate” per l’Italia. Inoltre, abbiamo un tasso di motorizzazione nazionale che supera le 700 auto ogni mille abitanti (a fronte di una media UE di 571). Ma la nostra produzione automobilistica copre solo il 2% di quella europea e le auto elettriche non decollano. Benzina e diesel alimentano ancora l’82,5% del parco auto italiano. Altra voce preoccupante, il consumo di suolo.

Il bilancio della green economy europea nel contesto globale

Sulla stessa onda il bilancio della green economy europea. L’Europa è il continente che si sta scaldando più rapidamente. Sono necessari sforzi maggiori per risparmiare energia negli edifici, per il riscaldamento e il raffrescamento e nel settore dei trasporti, dove i consumi di energia nel 2023 erano ancora del 14%, più elevati di quelli del 1990. Il tasso di utilizzo circolare dei materiali nella UE è basso e quasi fermo (dal 10,7% nel 2010 all’11,8% nel 2023) mentre la quantità di materiali consumata continua a crescere.

L’economia dell’UE dipende dall’importazione del 52% dei minerali metalliferi. Ben 34 materie prime utilizzate dalla UE sono considerate critiche e, per difficoltà di approvvigionamento, diverse dipendono per la gran parte da un solo paese fornitore; la Cina, ad esempio, fornisce il 100% delle terre rare. Il consumo di suolo continua a crescere. Più del 60% dei suoli dell’Unione è, inoltre, soggetto a processi di deterioramento. Nota positiva: le rinnovabili sono in forte crescita. Nel 2024 il 47,4% dell’energia elettrica nella Ue è stata generata da fonti rinnovabili e nel giugno del 2025 ha superato il 50%.

Guidare il futuro in tempi di crisi

Non a caso l’appuntamento a Ecomondo s’intitolava “Green economy: guidare il futuro in tempi di crisi”. Sconsigliato fare retromarcia, nonostante le spinte. L’Europa non somiglia agli Usa: non esporta gas e petrolio ma li importa a costi elevati. “Una transizione ecologica efficace renderebbe l’Unione Europea economicamente e politicamente più forte. Una retromarcia metterebbe invece in crisi non solo le politiche climatiche e ambientali, ma il modello sociale e di sviluppo europeo”, ha affermato Edo Ronchi. Serve incrementare in modo consistente gli investimenti per le misure climatiche. Va però in senso inverso la proposta di Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 presentata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

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