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Guerilla gardening: una rivoluzione verde nelle aree urbane

Guerilla gardening: una mano accudisce un fiore
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Il guerilla gardening è una guerriglia a tutti gli effetti, ma non fa alcuna paura. Le uniche armi che vengono usate nei suoi attentati, infatti, sono bombe di semi. Terriccio, argilla, fiori misti e colorati, acqua, nonché tanta voglia di rendere ogni angolo cittadino, indipendentemente da quanto sia brutto e malcurato, pulito e rigoglioso. Questo è l’equipaggiamento standard di chi si arruola per fare flower bombing e condurre le proprie azioni di guerriglia verde in città.

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Che cos’è il guerilla gardening

Il termine guerilla gardening è traducibile con giardinaggio da guerriglia, in un italiano che rende con meno immediatezza il concetto. Il movimento ambientalista da cui è sorto questo fenomeno parte dall’analisi degli spazi urbani che abita, scegliendo di attivarsi per poterli migliorare. L’obiettivo dichiarato di chi fa giardinaggio da guerriglia è proprio quello di recuperare angoli dimenticati e iperurbanizzati attraverso la seminazione di piante e fiori. Questi guerriglieri della natura sono convinti che sia possibile ricreare il bello e riportare il verde anche dove sembra essere scomparso e non poter più tornare.

Il movimento del guerilla gardening è nato negli States e si è poi diffuso rapidamente in tutto il mondo. Il principale motivo del suo successo di partecipazione si deve al fatto che i suoi aderenti sono stati smart, come si direbbe oggi, ovvero hanno diffuso la loro idea tramite gli inarrestabili canali digitali. Un’azione tipo di giardinaggio di guerriglia consiste nel fissare un appuntamento e riunire in loco decine di persone, talvolta centinaia, a seconda del luogo e dell’ora prescelti. A questo punto, ci si arma di terra e semi e si mette in scena un’azione lampo, rapida e organizzata (guerilla) che porti alla riqualificazione verde della zona ove ci si è incontrati.

Il guerilla gardener non è né un pazzo né tantomeno un ecoterrorista. Si tratta semplicemente di un cittadino comune, sensibili al tema ambientale e spesso parte di reti o associazioni di settore, il quale non ha soltanto a cuore la natura, bensì desidera anche mettersi in gioco in prima persona, per contrastare il degrado urbano e proteggere gli spazi verdi.

Cenni storici

Il guerilla gardening ha una data di nascita ben precisa. Il movimento è nato a New York, nel 1973, per iniziativa di Liz Christy e il suo gruppo ambientalista, chiamato Green Guerillas. Questo primo collettivo si riunì per abbellire uno spazio che, all’epoca, non era che un lotto abbandonato presso il Bowery Houston, nido di caos e delinquenza. In breve, quell’area divenne uno splendido giardino, curato e apprezzato. Il parco esiste ancora oggi e il Dipartimento per il Verde di New York lo ha reso area protetta.

Da quella prima dimostrazione, il guerilla gardening ha conquistato prima l’America e poi il mondo intero.

Guerilla gardening: un guerrigliero steso su un prato
Il guerilla gardening desidera ricostituire aree verdi anche nei nuclei urbani

La flower bomb, arma d’ordinanza del guerilla gardening

Un’azione di guerilla gardening è un vero e proprio attacco verde, nel quale non si ferisce nessuno, dal momento che l’obiettivo non è l’offesa o la morte, bensì la nascita di nuove specie vegetali e il riaffioramento della bellezza della natura. L’arma per raggiungere questo scopo prende il nome di flower bomb. Il nome è stato ispirato dal celebre Flower Bomber (o Flower Thrower) di Banksy. Ognuna di queste bombe si compone in autonomia, servendosi di argilla in polvere, semi di piante, fiori, terriccio e compost. Normalmente, il guerrigliero la prepara circa 24 ore prima della dimostrazione e la lascia seccare fino al momento dell’utilizzo.

Il gesto del flower bombing

Se l’arma si chiama flower bomb, il gesto di rappresaglia – per continuare a giocare con la metafora bellica suggerita dalla denominazione di questo tipo di giardinaggio d’assalto – prende il nome di flower bombing. Si tratta di un’azione dimostrativa, tutt’altro che violenta, la quale rappresenta l’essenza stessa del guerilla gardening. Attenzione a non farci ingannare dalle parole. L’aggettivo dimostrativo potrebbe evocare azioni fatte alla presenza di numerosi testimoni, come in quei raid che vediamo nei telegiornali quando si fa cronaca di un conflitto bellico. Niente di più sbagliato.

Le manifestazioni di guerilla gardening restano spesso segrete. Vengono generalmente portate avanti nel cuore della notte o, comunque, in momenti nei quali non vi è molto traffico. I motivi di ciò sono due. Il primo è quello di agevolare l’operazione e la rapidità della sua esecuzione. Sarebbe ben più complicato portare a termine il flower bombing se ci si trovasse circondati da automobili o curiosi. Il secondo è dovuto al fatto che l’autoreferenzialità non è nell’interesse di nessun gardener e, comunque, sarebbe controproducente. L’effetto sorpresa dovuto alla scoperta della piantumazione la mattina successiva è parte integrante del fascino del guerilla gardening.

Il bombardamento a tappeto può essere portato avanti ovunque, purché vi sia ancora uno scampolo di terra che possa diventare un’aiuola fiorita e, auspicabilmente, rigogliosa.

Perché fare guerilla gardening

Le manifestazioni di guerilla gardening non sono legalizzate, sebbene siano tollerate. Le motivazioni per farlo sono varie, tutte afferenti alla voglia e al desiderio di schierarsi dalla parte giusta nella battaglia per l’ambiente. Il flower bombing è un modo efficace e intelligente di denunciare problematiche di decoro urbano e degrado di determinate aree cittadine.

Vivendo un territorio se ne vedono i problemi e le difficoltà. Nelle nostre città l’eccessiva urbanizzazione è una problematica molto sentita e la molla scatenante del guerilla gardening è di frequente quella di restituire spazi alla natura. Ciò non toglie però che questa guerriglia urbana sia stata spesso utilizzata per affrontare anche altri temi: la mancanza di strutture di aggregazione; l’insufficienza di alloggi popolari; il consumo eccessivo di suolo; l’incuria nella conservazione di spazi pubblici; il degrado delle periferie e l’abbandono di alcuni quartieri da parte delle amministrazioni.

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Mattia Mezzetti

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