Quando a febbraio del 2022 le truppe di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina l’incubo della guerra è tornato a bussare, dopo anni, anche sul territorio europeo. A lungo ci siamo sentiti in qualche modo risparmiati dal rischio bellico, ma ciò che è accaduto nell’est del continente europeo ha rimesso in discussione le nostre certezze. Quello di cui a proposito si parla forse troppo poco è il fatto che, al di là della morte e della distruzione che un conflitto porta, un periodo bellico prolungato presenta anche un devastante impatto da un punto di vista ambientale. Porre fine a qualunque guerra del mondo, per quanto sia un obiettivo per ora utopistico, è senza dubbio una delle priorità che il genere umano si dovrebbe imporre, per la vita delle persone ma anche per combattere contro l’inquinamento.
Indice contenuti
- L’impatto precedente alla guerra
- Guerra e inquinamento: l’impatto del conflitto in corso
- Regole che saltano
- Il paradosso bellico
L’impatto precedente alla guerra
Si potrebbe pensare che a generare inquinamento in questi casi sia solo l’arco temporale in cui il conflitto si combatte concretamente, ma non è esattamente così. I primi problemi, infatti, emergono ben prima che due o più fazioni si scontrino sanguinosamente sul campo.
Mantenere e formare le forze militari richiede enormi quantità di risorse, tra cui citiamo (giusto a titolo esemplificativo) metalli più o meno rari, acqua o idrocarburi. Veicoli militari, aerei, navi, edifici e infrastrutture richiedono energia, che nella maggior parte dei casi proviene dal petrolio, che com’è noto ha un’efficienza energetica molto bassa e un impatto sul clima devastante a dir poco.
Le emissioni di CO2 nell’atmosfera generate delle forze armate più grandi superano quelle di molti paesi del mondo messi insieme. Secondo i dati ripresi dal Conflict and Environment Observatory, a proposito, di stima che i militari siano responsabili del 5,5% di tutte le emissioni globali di gas serra.
Un altro tema che vale la pena di approfondire è legato al mantenimento e al rinnovo dell’equipaggiamento dei militari, un processo che comporta costi di smaltimento continui, con conseguenze importanti per l’ambiente. Tra l’altro, anche le armi convenzionali (oltre a quelle nucleari o chimiche) possono avere un impatto ambientale significativo, soprattutto quando vengono smaltite attraverso combustione o esplosione all’aperto. Ricordiamo inoltre che nel passato grandi quantità di munizioni in surplus sono state gettate in mare.
Guerra e inquinamento: l’impatto del conflitto in corso
Quando poi il conflitto è in corso il pianeta Terra soffre in modo particolare. Nel caso di guerre brevi ma intense vengono utilizzate enormi quantità di carburante, il che comporta il rilascio di massicce emissioni di CO2 che contribuiscono al cambiamento climatico e all’aumento delle temperature globali.
Inoltre, il fatto che i veicoli militari si spostino per lunghe tratte genera importanti danni ai paesaggi sensibili e alla biodiversità, così come ovviamente anche l’uso di ordigni esplosivi. Non dimentichiamo inoltre che l’uso di armi che possono deflagrare in aree urbane genera grandi quantità di detriti e macerie, in grado di inquinare irrimediabilmente l’aria e il suolo. Il fatto che spesso gli impianti di produzione di energia vengano messi in pericolo mina anche la stabilità di centrali eoliche o di parchi solari, che com’è noto contribuiscono alla fornitura energetica sostenibile di case ed edifici di varia natura.
Spesso inoltre può capitare che le rappresaglie di una o l’altra parte portino alla distruzione intenzionale di impianti industriali, petroliferi o energetici, con effetti terrificanti sulla natura e sulla salute degli esseri umani che vivono nei dintorni. A volte assistiamo anche ad attacchi mirati ad infrastrutture agricole come canali e pozzi, e non è raro assistere ad incendi appiccati con lo scopo di danneggiare i raccolti e mettere ancor più in ginocchio la popolazione locale che vive di agricoltura.
Regole che saltano
Riflettiamo anche sul fatto che in un contesto di guerra molte delle indicazioni che di norma vengono rispettate (o che si cerca di far rispettare) vanno in secondo, se non addirittura in terzo, piano. Le leggi e i regolamenti ambientali locali in questi contesti possono essere completamente ignorati, e le amministrazioni locali e nazionali possono perdere la capacità di monitorare, valutare o rispondere ai problemi ambientali in maniera efficace.
Quello che sovente accade in questi casi è che tutti i traguardi raggiunti da certi Paesi vadano sprecati, con passi indietro importanti sul clima e sull’ambiente. In una situazione simile infatti i Governi potrebbero non riuscire a adempiere ai loro impegni ambientali internazionali come promesso ai cittadini, anche perché magari potrebbero non vantare più del supporto di alcune iniziative internazionali fondamentali per raggiungere certi traguardi. Non si dimentichi, infine, che la presenza di un conflitto può generare gravi pericoli tecnologici legati alle infrastrutture industriali, rendendo più difficile la cooperazione internazionale necessaria per affrontare tali minacce.
Il paradosso bellico
Sembra strano da dire, ma in realtà in alcuni casi può accadere che la presenza di un conflitto offra una sorta di paradossale protezione a determinate aree, per esempio rallentando uno sviluppo insostenibile che sarebbe avvenuto in regioni instabili, oppure ancora limitando le attività umane inquinanti a causa della presenza di residui esplosivi di guerra. Attenzione però: ovviamente, non ci sono dubbi rispetto al fatto che una guerra provochi di gran lunga molti più danni in una qualunque area rispetto ai suoi potenziali vantaggi.