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Il Cnr crea una rete di ricerca sull’impatto degli inquinanti

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Il progetto Cisas mette in rete ricercatori del Cnr, Università, agenzie ambientali, aziende sanitarie, Istituto superiore di sanità e Commissari alle bonifiche con l’obiettivo di avanzare nelle conoscenze, nei metodi e negli strumenti di bonifica

“Abbiamo analizzato le vie attraverso le quali i principali inquinanti presenti nei siti contaminati arrivano agli esseri umani, acquisendo un patrimonio informativo che consente di stabilire le priorità per le bonifiche”. Liliana Cori, ricercatrice dell’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), sintetizza così i risultati del progetto Cisas (Centro internazionale di studi avanzati su ambiente, ecosistema e salute umana), avviato nel 2016 e i cui risultati sono da poco stati resi noti. “Un lavoro molto ampio – commenta la ricercatrice – durante il quale abbiamo stabilito un dialogo con i territori, analizzato la percezione dei rischi, fatto formazione e informazione”. Mario Sprovieri è coordinatore del progetto e dirigente di ricerca dell’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Cnr. “Siamo partiti ipotizzando di avviare un polo di ricerca di livello internazionale in Sicilia, dove è nota la rilevanza dei problemi legati ad ambiente e salute – ricorda Sprovieri – e abbiamo coinvolto sei istituti del Cnr per applicare le migliori conoscenze ai primi siti inquinati di cui ci siamo occupati: Augusta- Priolo e Milazzo in Sicilia, Crotone, in Calabria”.

La rete del progetto Cisas

“Si tratta di tre aree di intensa produzione industriale – spiega Cori – molto diverse tra loro ma con la presenza di ampie aree marine in comune. Su questi siti abbiamo mappato gli inquinanti presenti, analizzando i sedimenti marini, i pesci e gli organismi più piccoli, i suoli, l’aria, le acque dolci. Abbiamo studiato i sistemi di distribuzione del cibo, identificando anche situazioni pericolose, come quelle in cui vengono venduti prodotti ittici pescati abusivamente nelle aree inquinate”. Gli epidemiologi ambientali hanno identificato le patologie più frequenti per ciascuna area, mettendo in campo studi sperimentali per comprendere in modo approfondito gli effetti dei cosiddetti interferenti endocrini, che influenzano sia il funzionamento della tiroide che l’espressione di diversi geni nel corpo umano. Studi che permettono di cogliere segnali precoci di malattia e di programmare interventi di cura prima che sia troppo tardi. “Abbiamo creato una rete di 150 ricercatori del Cnr e altri 100 tra università, agenzie ambientali, aziende sanitarie e Istituto Superiore di Sanità, oltre alla struttura commissariale per la gestione dei rifiuti e ai commissari alle bonifiche – racconta Sprovieri – su molti argomenti sono stati sviluppati avanzamenti significativi delle conoscenze, dei metodi e degli strumenti. Oltre a collaborare con le istituzioni, abbiamo sollecitato i responsabili della tutela ambientale e della salute collettiva nelle aree inquinate e confidiamo che le nostre conoscenze siano applicate in modo diffuso”.

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