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Impatto ambientale dell’avocado: uno sguardo oltre il gusto

Un avocado tagliato
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Chi, almeno una volta nella vita, non ha avuto la fortuna di gustare un ottimo guacamole, un frullato o perché no un classico toast a base di avocado? Questo particolare tipo di frutto, originario del Messico, è ormai molto diffuso in tutto il mondo ed è diventato l’elemento fondante di molte deliziose ricette diventate di moda. Negli ultimi anni, infatti, la sua produzione si è ampliata molto, valicando i confini messicani e diffondendosi in tutto il mondo, Italia compresa.

Ma vi siete mai chiesti qual è l’impatto climatico legato alla coltivazione di questo vegetale? Ecco tutto quello che è necessario sapere nel merito della questione.

Indice

Perché tutti parlano dell’avocado

Dove si coltiva l’avocado

I problemi ambientali legati alla produzione dell’avocado

Perché tutti parlano dell’avocado

L'avocado è un frutto sempre più presente sulle nostre tavole ma vi siete mai chiesti qual è il suo impatto ambientale? Ecco i dettagli.
Due fette di avocado

Ci sono diversi motivi per cui questo frutto è diventato un must sulle nostre tavole in tempi non sospetti. Si tratta di un alimento spesso elogiato per la sua natura salutare: è infatti ricco di grassi monoinsaturi, vitamine e antiossidanti. L’avocado è diventato per molti versi simbolo di uno stile di vita sano, contribuendo al boom del commercio di prodotti biologici e al mercato alimentare “verde”. Contiene tra l’altro le vitamine B, C ed E e ingenti quantità di sali minerali, in particolare potassio, magnesio e potassio e in molti ormai lo chiamano “superfood“, vale a dire un prodotto naturale ricco di proprietà benefiche per il nostro organismo.

Esistono diverse varietà di avocado, anche se la più comune è la Hass, che presenta una buccia rugosa dal colore nero, che è molto resistente alle temperature rigide e che è nata quasi per caso dopo una sperimentazione condotta da Rudolph Hass negli anni ’30. Le altre varietà note sono la Fuerte, che vanta una buccia verde più liscia, la Reed, la Bacon, e la Pinkerton.

Dove si coltiva l’avocado

Come anticipato è nel Messico dove si concentra ad oggi la coltivazione mondiale del frutto: il Paese latinoamericano detiene ad oggi circa il 40% della produzione. Stando agli ultimi dati pubblicati nel 2021, nella lista dei dieci maggiori produttori troviamo nell’ordine anche la Colombia, il Perù, l’Indonesia, la Repubblica Dominicana, il Kenya, il Brasile, Haiti, il Vietnam e infine il Cile.

A livello di importazioni invece in cima alla classifica troviamo gli Stati Uniti, che vantano una media di consumo di circa 3,5 kg per persona all’anno (rispetto ai 400 g degli italiani), ma anche l’Unione Europea in generale figura tra i principali importatori a livello mondiale.

I dati forniti dal Oecd-Fao agricultural outlook 2023-2032, a proposito, parlano piuttosto chiaro: negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio boom della produzione del frutto tropicale, con un 2023 dove abbiamo visto i numeri triplicare rispetto al 2010. Si tratta di numeri per volti versi impressionanti, che hanno permesso all’avocado di superare anche una concorrenza piuttosto agguerrita rappresentata da ananas e banane.

I problemi ambientali legati alla produzione dell’avocado

L'avocado è un frutto molto amato in tutto il mondo ma il suo impatto ambientale vale la pena di essere approfondito: ecco cosa sappiamo a proposito.
Due fette di avocado toast con le uova

Un Paese come il Messico ha evidentemente beneficiato in maniera importante dell’esplosione del mercato dell’avocado, a tal punto che il Paese ha iniziato a chiamare il frutto “oro verde”. Ma a che prezzo, a livello ambientale?

Secondo un rapporto sviluppato dall‘Instituto Nacional de Investigaciones Forestales, Agrícolas y Pecuarias in un arco di dieci anni (2001-2010), la produzione è triplicata, mentre le esportazioni sono aumentate di dieci volte, causando la trasformazione di molte terre precedentemente dedicate a diverse coltivazioni in monocolture. Questo fenomeno si è verificato non solo in Messico ma in realtà anche in tutta l‘America Centrale e Meridionale, dove la crescente richiesta di avocado dal mercato estero ha condotto ad una significativa conversione di terre vergini e foreste in piantagioni. In base alle stime aggiornate al 2012 si parla di una perdita di tali aree verdi corrispondente a circa 690 ettari all’anno.

Il fenomeno della deforestazione legata alla produzione di avocado ha purtroppo interessato anche altri Paesi: è il caso del Perù e del Cile, ad oggi le due principali fonti di approvvigionamento per l’Europa. Inoltre, la questione del trasporto su lunghe distanze, oltre 10.000 km per raggiungere l’Italia, assume un ruolo rilevante dal punto di vista ambientale. Secondo i dati Eurostat del 2016, i mezzi impiegati per trasportare annualmente 14.000 tonnellate di avocado in Italia consumano ingenti quantità di petrolio, contribuendo all’inquinamento atmosferico e all‘effetto serra.

Altre problematiche legate alla produzione dell’avocado sono da riferirsi allo sfruttamento delle risorse idriche (per produrre un chilo di avocado servono infatti circa duemila litri di acqua), dall’uso di sostanze chimiche per le piantagioni e, in ultimo, alla criminalità organizzata che estorce denaro ai piccoli produttori imponendo la propria “legge” nei campi. La produzione di avocado, in aggiunta, sta mettendo a rischio l’incolumità degli elefanti in Kenya, che a causa delle piantagioni faticano sempre più ad avere accesso alle fonti di cibo e acqua.

Infine, secondo quanto sottolineato dal WWF, il trasporto di un chilogrammo di avocado proveniente dal Cile e destinato alla Svizzera genera un’impronta di carbonio di 0,6 chilogrammi di CO2 se effettuato via nave, e di 13 chilogrammi di CO2 se realizzato tramite il trasporto aereo. La speranza, ovviamente, è che in un futuro prossimo tali quantità di emissioni inquinanti possano essere ridotte ai minimi termini.

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Alberto Muraro

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