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L’acqua di Fukushima è davvero radioattiva?

Acqua di Fukushima: una centrale nucleare
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L’11 marzo 2011 fu una pessima giornata per il Giappone. Tutto iniziò con un terremoto violento, di magnitudo 8,9. L’arcipelago asiatico è abituato ad avere a che fare con questi fenomeni, trovandosi in un’area fortemente sismica. Eppure, in questa occasione, la paura divenne terrore. L’epicentro – a 500 km da Tokyo, sul fondale del Pacifico – sollevò la terra sotto l’oceano, causando uno tsunami dovuto allo spostamento della massa d’acqua sovrastante. L’evento uccise oltre 30mila persone e danneggiò 4 dei 6 reattori nucleari della centrale di Fukushima. Per raffreddarli si sfruttò il mare. Questa decisione ha evitato danni gravi ma ha inevitabilmente aperto un dibattito sull’acqua di Fukushima.

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Lo smaltimento dell’acqua di Fukushima

L’acqua utilizzata per raffreddare i reattori ed evitare possibili danni successivi allo tsunami è stata conservata per oltre 10 anni. A partire dall’estate 2023, però, il Giappone ha deciso di liberarsene, riversandola nello stesso Pacifico da cui proveniva. La decisione ha sollevato un vespaio di polemiche da parte di persone preoccupate che l’acqua contaminata potesse nuocere a fauna e flora marina. In realtà, sembra che le preoccupazioni siano del tutto fuori luogo.

Prima di iniziare lo sversamento (partito a fine agosto 2023, con la liberazione nell’oceano di 7.800 tonnellate di acqua utilizzata presso la centrale), il governo giapponese incaricò tre eminenti scienziati di studiare le possibili conseguenze per l’ambiente del rilascio in mare dell’acqua di Fukushima. Gli esperti interpellati furono Jim Smith, professore presso l’Università di Portsmouth, in Gran Bretagna; Nigel Mark, dalla Curtin University, in Australia, e Tony Irwin della Australian National University. Il loro parere fu più che incoraggiante. Secondo gli studi portati avanti presso i loro rispettivi laboratori, infatti, gli esperti concordarono che le conseguenze del rilascio sarebbero state trascurabili.

Studi incoraggianti

Acqua di Fukushima nell'oceano
Secondo gli esperti, le conseguenze dello sversamento dell’acqua di Fukushima nell’oceano sarebbero trascurabili

La quantità di radiazioni liberata in mare secondo il piano giapponese, infatti, si manterrebbe molto contenuta. Il tasso radiattivo non si avvicinerebbe neppure alla soglia di sicurezza per la salute umana. Risulterebbe inoltre notevolmente inferiore rispetto a quello rilasciato, tramite acque reflue, da altre centrali nucleari sparse nel mondo e meno efficienti del polo coinvolto nell’incidente risalente a marzo 2011. Nello specifico, per quanto riguarda il pesce, l’acqua di Fukushima lo espone a dosi di radiazioni considerevolmente inferiori rispetto a quelle naturali o provocate dalle strumentazioni di bordo di navi e aerei.

In aggiunta, occorre sottolineare che gli ecosistemi acquatici siano estremamente resistenti all’inquinamento radioattivo. Test portati avanti nei laghi vicino a Chernobyl hanno evidenziato come l’acqua sia perfettamente in grado di neutralizzare una simile minaccia. In questa zona, sottoposta a una dose di radiazioni superiore di mille volte a quella che il Giappone riverserà nell’Oceano in ogni singola operazione, non si è verificato alcun tipo di problema con il pescato.

“La scienza della radioprotezione è chiara sul fatto che il rilascio dell’acqua di Fukushima, se effettuato come previsto, non rappresenta una vera minaccia per gli organismi dell’Oceano Pacifico. Nè per i consumatori dei prodotti del mare. Qualsiasi deviazione sostanziale dai piani di rilascio verrebbe rapidamente notata dal monitoraggio. Si prevede che anche i governi e i ricercatori di altri Paesi monitoreranno attentamente la radioattività nell’Oceano Pacifico durante il rilascio. Si tratterà probabilmente dello scarico di acque reflue da un sito nucleare più attentamente monitorato di sempre.”

Hanno scritto i tre esperti, concludendo il loro approfondimento su Science. Di fatto, possiamo stare tranquilli.

L’acqua di Fukushima come arma politica

Il governo di Pechino si è scagliato contro il riversamento in mare dell’acqua contaminata fin da quando questo non era che un piano su un computer. La Cina non ha dato alcun ascolto alle assicurazioni di TEPCO (Tokyo Electric Power), la compagnia che gestiva la centrale nucleare, o a quelle – più affidabili – dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e non ha cambiato idea neppure dopo la pubblicazione dell’articolo su Science che abbiamo già citato, risalente allo scorso ottobre. Anzi, ha risposto bloccando l’importazione di frutti di mare giapponesi, incurante del fatto che il prodotto sia molto richiesto.

Similmente, la Corea del Sud ha mostrato tutto il suo sdegno, scendendo in piazza in una serie di manifestazioni organizzate dal principale partito di opposizione.

Le preoccupazioni dei Paesi vicini sono legittime. Il Giappone ha però garantito che monitorerà continuamente le radiazioni in mare e che sverserà l’acqua spalmando l’operazione su un periodo che potrebbe anche essere di 30 anni. In fin dei conti, la quantità di fluido di cui disfarsi ammonta a 1,34 milioni di tonnellate e non c’è nessuna intenzione di prendersi rischi. Il reinserimento nell’oceano dell’acqua di Fukushima sarà gestito in maniera completamente trasparente, operando con tutte le cautele del caso. Ciò non significa, comunque, che qualche Paese rivale non strumentalizzerà la vicenda.

Pechino ha già definito i giapponesi egoisti oltre che irresponsabili e li ha accusati di essere sabotatori del sistema ecologico e inquinatori dell’ambiente marino globale. La Cina, nonostante numerosi proclami in favore della transizione ecologica, resta uno dei maggiori inquinatori mondiali a causa del suo poderoso sistema industriale.

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Mattia Mezzetti

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