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La lana italiana: da rifiuto speciale a isolante per la bioedilizia

Lana italiana: una pecora prima della tosatura
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La lana italiana tosata da milioni di pecore, allevate principalmente per la carne e il latte, è una risorsa naturale, preziosa e rinnovabile. La legge del nostro Paese, però, la considera un rifiuto speciale da smaltire, impedendo ogni possibilità di valorizzazione. Questa lana rustica, igienicamente sicura e dunque potenzialmente riutilizzabile, rappresenta un onere economico non trascurabile per gli allevatori.

La mancanza di una filiera di recupero strutturata della lana italiana ha portato la maggior parte della produzione a essere smaltita in modo costoso, o, nel peggiore dei casi, bruciata o sotterrata illegalmente. Le razze ovine autoctone, come la Sarda, la Bergamasca o le altre che popolano il nostro Paese, producono una fibra non adatta al mercato tessile di lusso.

Ciononostante, questa lana è una risorsa straordinaria, per l’edilizia come per l’agricoltura. Si tratta infatti di un eccellente isolante termo-acustico per la bioedilizia oltre che di un potente fertilizzante azotato per il suolo. Progetti innovativi stanno nascendo in regioni chiave come la Sardegna, l’Abruzzo o il biellese, al fine di trasformare questo scarto in pannelli isolanti, feltri per pacciamatura e pellet fertilizzanti. Espedienti di questo tipo sono in grado di chiudere un ciclo economico e ambientale virtuoso.

Il paradosso della lana: perché gli allevatori pagano per buttarla

L’Italia è un Paese che può essere definito all’avanguardia nel design del riuso e nell’economia circolare. In questo panorama, però, troviamo anche alcune ombre. Il destino della lana italiana, per esempio, appare alquanto anomalo e le sue misure di smaltimento a dir poco inefficienti.

La classificazione normativa

Il problema primario della lana italiana è giuridico. La fibra appena tosata, detta lana sucida (cioè sporca, in quanto contaminata da lanolina, feci e terra), è classificata secondo il Regolamento della Comunità Europea (n. 1069/2009 e successivi) come sottoprodotto di origine animale di categoria 3. Questa categorizzazione mira a prevenire rischi sanitari, sebbene il rischio reale legato alla lana sia minimo, e richiede che il materiale venga smaltito tramite canali autorizzati e tracciabili. Per esempio, nei centri di raccolta specializzati.

Per gli allevatori ovini, soprattutto quelli di piccole dimensioni e minori mezzi economici, ciò significa affrontare procedure burocratiche complesse per restare nella legalità e, soprattutto, sobbarcarsi costi elevati per il trasporto e il conferimento a impianti autorizzati. Questo onere economico è talmente alto da superare – di gran lunga – qualsiasi ipotetico ricavo. Di fatto, si trasforma un potenziale reddito in un costo.

La lana italiana e la crisi delle razze autoctone

La lana italiana delle nostre razze da carne, come l’agnello romano, o da latte, quali la pecora Sarda, che produce il goloso Pecorino, non è competitiva con le lane fini. Tra le migliori, di questa tipologia, troviamo la Merino australiana o quella neozelandese. Ambedue sono molto più richieste delle nostre, sul mercato del tessile. La fibra delle pecore autoctone è tipicamente più rustica. Il fatto che appaia corta e ruvida la rende inadatta per l’industria della moda di lusso, o quella dei capi morbidi.

La facilitazione delle importazioni dall’estero della fibra ha comportato un crollo verticale del mercato tessile tradizionale per questo tipo di lana. Il suo valore economico si è oggi pressoché azzerato e la tosatura, che resta necessaria per il benessere dell’animale, è divenuta un semplice costo, senza alcun mercato di destinazione pronto ad accoglierne il prodotto.

Lana italiana: la fibra vista da vicino
La lana italiana non è raffinata come quella proveniente dall’estero e più adatta al tessile di pregio

3 nuove vite per la lana rustica

Pur non essendo la varietà migliore per il settore tessile, la lana delle specie ovine autoctone italiane possiede buone proprietà chimiche e isolanti. Queste la rendono ideale per ambiti differenti, in particolare per campi quali bioedilizia e agricoltura.

1. Bioedilizia: un cappotto termico naturale

La lana, una volta lavata e trattata, diventa un materiale straordinario per l’isolamento termo-acustico. Possiede infatti alcune interessanti caratteristiche che la rendono vantaggiosa per l’utilizzo nella bioedilizia:

  • igro-regolazione. Il materiale è altamente igroscopico, ovvero capace di assorbire e rilasciare umidità in base all’ambiente in cui viene posto. Così facendo, contribuisce a regolare il microclima interno dell’edificio e a prevenirne la condensa;
  • isolamento: La struttura fibrosa della lana intrappola l’aria, garantendo un’ottima resistenza termica, sia contro il freddo invernale sia contro il caldo estivo;
  • ignifugicità naturale: la lana è naturalmente autoestinguente, con un alto punto di accensione. Tale proprietà contribuisce alla sicurezza passiva degli edifici.

Sempre più aziende stanno iniziano a servirsi di lana di origine italiana per produrre pannelli morbidi, feltri e fiocchi per l’isolamento di tetti, pareti e solai. Sono già stati sviluppati brevetti in linea con tutti i principi dell’Associazione Nazionale Architettura Bioecologica (ANAB).

Nello specchietto sottostante abbiamo evidenziato alcune caratteristiche chiave della lana di pecora e di quella industriale, mettendo in risalto tutti i vantaggi per la bioedilizia.

CaratteristicaLana di Roccia/Vetro (Tradizionale)Lana di Pecora (Naturale)Vantaggi Chiave per la Bioedilizia
Origine e ciclo di vitaMinerale (Roccia Basaltica o Silicea), non rinnovabile. La produzione richiede fusione ad altissime temperature (fino a 1500°C).Animale, fibra proteica (Cheratina), rinnovabile annualmente. Ricresce naturalmente.Bassa energia incorporata: Il processo produttivo è a freddo e non richiede forni fusori, riducendo drasticamente l’impronta di carbonio. È un sequestratore naturale di CO₂ durante la crescita della pecora.
Gestione umidità (Igroscopicità)Bassa. Non è in grado di gestire attivamente l’umidità. Se si bagna, le sacche d’aria vengono sostituite dall’acqua, causando una perdita significativa del potere isolante.Altissima (Igroscopica per eccellenza). Grazie alla struttura della fibra di cheratina, può assorbire fino al 33-35% del proprio peso in acqua come vapore acqueo, senza che il suo potere isolante ne risenta o che si verifichi proliferazione fungina.Regolazione Climatica Attiva: Contribuisce attivamente alla traspirabilità delle pareti. Agisce come polmone igrometrico, assorbendo l’eccesso di umidità e rilasciandolo quando l’aria è secca. Previene la formazione di muffe e condensa interstiziale.
Salubrità e qualità dell’aria internaPuò rilasciare fibre cristalline o bio-persistenti che, durante la posa o la successiva manutenzione, possono essere irritanti per le vie respiratorie e la pelle. Non agisce su inquinanti chimici.Naturale, Anallergica e non irritante. La cheratina ha la capacità unica di assorbire e neutralizzare la formaldeide e altri composti organici volatili presenti nell’aria interna, legandoli irreversibilmente alla struttura molecolare della fibra.Miglioramento dell’IAQ: Funge da purificatore d’aria naturale passivo, creando ambienti abitativi più sani e riducendo la sick building syndrome.
Resistenza al fuocoGeneralmente Incombustibile (Classe A1), grazie al punto di fusione molto alto dei minerali.Naturalmente Ignifuga (generalmente Classe B o C, a seconda del trattamento), non propaga la fiamma e si autoestingue. Richiede un tenore di ossigeno del 25% per bruciare. L’aria ne contiene circa il 21%.Alto livello di sicurezza passiva. Non fonde, non gocciola e non rilascia fumi tossici significativi in caso di incendio.
Durabilità e resilienzaPuò degradarsi in presenza di eccessiva umidità o compattarsi nel tempo, riducendo le prestazioni termiche.Estremamente resiliente ed elastica. Mantiene la sua struttura e la capacità di recupero volumetrico per decenni. Il trattamento a base di sali di boro o borace la rende inattaccabile da insetti e roditori.Lunga vita utile: Mantiene le prestazioni termiche inalterate per tutta la vita dell’edificio.
Smaltimento a fine vitaRifiuto speciale (non pericoloso, ma ingombrante) da conferire in discarica. Richiede energia e spazio per lo smaltimento.Compostabile (se pura e non trattata chimicamente) o facilmente riciclabile per nuove applicazioni.Fine vita circolare: si reintegra nel ciclo biologico, in linea con i principi dell’economia circolare.
Costo inizialeBasso. Materiale di massa e produzione industrializzata su larga scala.Medio/Alto. I costi sono influenzati dalla filiera locale e dai processi di lavaggio e cardatura.Valore totale superiore: Sebbene il costo iniziale sia più elevato, si ripaga nel tempo grazie alla durabilità, alle minori spese di riscaldamento/raffreddamento e al comfort abitativo impareggiabile.

2. Agricoltura: il fertilizzante a lento rilascio

La lana si compone principalmente di cheratina. Questa proteina è ricchissima di azoto (per circa il 14% del suo peso), un elemento essenziale per la crescita salutare delle piante. Secondo studi di settore portati avanti dal CNR, la lana sminuzzata e pellettizzata rilascia l’azoto in modo lento e costante nel terreno. In questo modo, previene il dilavamento tipico dei concimi chimici. I pellet fertilizzanti derivati dalla fibra sono capaci di trattenere una grande quantità di acqua, migliorando la resilienza del suolo alla siccità.

3. Geotessili e bonifiche

Grazie alla sua composizione, la lana si dimostra un eccellente assorbente per sostanze grasse e idrocarburi. I feltri di lana possono essere impiegati come geotessili, dunque usati in opere di ingegneria naturalistica per il contenimento e il consolidamento di scarpate, al fine di proteggere luoghi e persone in maniera assolutamente sostenibile, oppure come enormi spugne biologiche per porre rimedio a sversamenti di petrolio e olio industriale. Per quanto riguarda questa destinazione d’uso, siamo ancora in una fase sperimentale.

Casi di successo: c’è chi sta chiudendo il cerchio

La chiave per superare il problema del rifiuto speciale e valorizzare, a dovere, la lana italiana è ricorrere alla creazione di una micro-filiera locale che gestisca accuratamente il lavaggio e la trasformazione. Una volta sanificata, la fibra potrebbe essere indirizzata a tutte le destinazioni d’uso appena elencate e portare un ritorno economico all’intero indotto, a partire dagli allevatori che oggi si sobbarcano tutte le spese del suo smaltimento. Come già evidenziato, però, è possibile fermare questo incomprensibile spreco. C’è chi ha già cominciato a farlo, nel concreto.

Breve rassegna di progetti innovativi basati sulla lana italiana

La lana italiana, sottratta alla sua attuale classificazione, può divenire un vero e proprio simbolo dell’economia circolare, capace di rilanciare l’allevamento, sostenere la bioedilizia e migliorare l’agricoltura, in un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Di seguito, abbiamo raccolto alcuni esempi che dimostrano come il problema non sia la fibra, bensì la logistica e la mancanza di impianti di lavaggio industriale a costi accessibili. Si tratta di un passaggio essenziale per liberare la lana dal vincolo di rifiuto speciale. A quel punto, potrebbe diventare economicamente sostenibile e utilizzabile come Materia Prima Seconda.

  • In una regione con un patrimonio ovino immenso come la Sardegna, l’azienda Edilana è pioniera nella trasformazione della lana della razza Sarda in pannelli isolanti per bioedilizia. La realtà ha già dimostrato la fattibilità industriale del processo. Al fine di connettere gli allevatori locali ai pochi centri di raccolta e lavaggio dislocati sull’isola si sta lavorando alla creazione di una rete che metta in stretta comunicazione chi produce la fibra e chi la tratta.
  • In Lessinia (Veneto), alcuni progetti locali si concentrano sul recupero della lana delle pecore di razza Brogna, allo scopo di produrre pellet fertilizzanti e materiale isolante. Il prossimo step sarà la creazione di un marchio di qualità territoriale.
  • In un distretto tessile storico come quello del biellese, alcune iniziative stanno riattivando la tradizione del lavaggio e della trasformazione della lana, come si faceva un tempo, quando la fibra era usata per tessere. Oggi il focus resta sul recupero delle lane rustiche ma la loro destinazione d’uso è meno convenzionale. Gli sbocchi principali sono arredo e isolamento.

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Mattia Mezzetti

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