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Le best practice per un cinema sostenibile

Un cinema vuoto
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Quando ci rechiamo in una sala per goderci un bel film siamo naturalmente portati a pensare che si tratti soltanto di una finzione, come se le immagini che passano sullo schermo non appartenessero a questo mondo. Ovviamente non è così: è infatti necessario essere consapevoli che anche le produzioni cinematografiche, così come qualunque altro settore, presentano un impatto ambientale considerevole. Sono numerosi gli elementi che registi e produttori dovrebbero tenere in seria considerazione al momento di girare una nuova pellicola: vediamo dunque insieme quali possono essere tutte le best practice per un cinema sostenibile.

Indice

Una nuova prospettiva

Il mondo del cinema può avere un importante impatto ambientale, che dovremmo riuscire a ridurre: vediamo in che modo!
Una porzione di popcorn

La consapevolezza ambientale è qualcosa che abbiamo sviluppato come esseri umani, purtroppo, soltanto negli ultimi anni. A lungo, diciamoci la verità, non abbiamo prestato la dovuta attenzione al pianeta Terra, e i risultati stiamo iniziando a vederli già da adesso, con l’incremento costante delle temperature ed eventi atmosferici violenti sempre più frequenti.

Anche il mondo del cinema e dell’audiovisivo, per fortuna, si è finalmente reso conto che ci fosse bisogno di un deciso cambio di rotta. Non è un caso, da questo punto di vista, se nelle sue ultime edizioni la Mostra del Cinema di Venezia e la relativa Biennale hanno iniziato ad attivarsi in questo senso, attraverso:

  • l’utilizzo di energia proveniente da fonte rinnovabile;
  • la riduzione dei materiali utilizzati e promozione del riciclo per il loro fine vita;
  • riutilizzo di allestimenti e attrezzature;
  • incremento dell’offerta di opzioni vegetariane nell’ambito del servizio di ristorazione e preferenza verso prodotti a kilometro zero;
  • riduzione dell’impatto della logistica.

Qualcosa di molto simile è stato fatto in tempi non sospetti anche al Festival del Cinema di Cannes, dove gli organizzatori hanno lavorato sodo per eliminare le bottiglie di plastica, per fornire ai partecipanti un catering responsabile e prodotti a km zero, sfruttando il più possibile auto elettriche o ibride per i trasporti, incentivando la mobilità a piedi, in bici o con mezzi elettrici e utilizzando una quantità minore di red carpet (che è stato cambiato meno frequentemente e sostituito con materiale riciclato).

Il caso Emomuvi

Non è affatto difficile potersi immaginare quanto possa essere complessa la macchina organizzativa legata alla produzione di un film. I registi e i producer devono infatti mettere in campo un ingente quantitativo di risorse per il cast e per tutta la crew al lavoro, come le bottiglie d’acqua, il catering, i mezzi di trasporto, i vestiti di scena e molto altro ancora. C’è poi ovviamente tutto il tema legato all’utilizzo dell’energia: basti pensare anche soltanto alle luci di scena che vengono posizionate per curare la fotografia della pellicola.

A volte questo utilizzo può trasformarsi anche in spreco vero e proprio: ecco perché si è deciso di tenere sotto controllo determinate pratiche non esattamente eco-friendly con una serie di misure.

La prima è stata la creazione di Ecomuvi. Nato nel 2013, questo importante progetto è stato concepito con l’intento di integrare i valori di sostenibilità ambientale, sociale ed economica all’interno delle dinamiche lavorative dell‘industria audiovisiva, allo scopo di sviluppare un approccio flessibile e personalizzabile per adattarsi alle varie esigenze dei set di produzione di diversa complessità. EcoMuvi esamina attentamente tutte le fasi coinvolte nella produzione di ciascun reparto e suggerisce per ognuno strategie pratiche volte a ridurre l’impatto ambientale e a migliorare le condizioni lavorative lungo l’intera filiera. Questo processo facilita la transizione verso pratiche più sostenibili per tutti i professionisti coinvolti.

Grazie alle best practice messe in campo dalle produzioni con il supporto di Ecomuvi è stato possibile, dal 2013 ad oggi:

  • Ridurre le emissioni dirette sui set EcoMuvi con pratiche concrete e misurate, per un totale di -487 tonnellate di CO2;
  • Ridurre e differenziare rifiuti, evitando ad oggi più di una tonnellata di plastica monouso (– 1.420 kilogrammi, per essere precisi);
  • Promuovere un programma di utilizzo di materiali che prevede noleggi, riutilizzo, repurposing e donazioni secondo i principi dell’economia circolare (con un +65% delle risorse che è stato riutilizzato)

La certificazione Green Film

Ecco tutte le best practice possibili a nostra disposizione per rendere le produzioni cinematografiche il più sostenibili possibili.
Un ciak cinematografico

Questa importante iniziativa lanciata dalla Trentino Film Commission si è proposta di valutare il grado di sostenibilità delle riprese cinematografiche, attribuendo ad ogni singola produzione un punteggio minimo di 20 punti affinché possa ottenere il riconoscimento Green Film.

Per raggiungere questo ambizioso traguardo, le produzioni devono, tra le altre cose, dimostrare di possedere un servizio di ristorazione ecologica, di utilizzare luci a LED, veicoli ibridi conformi agli standard Euro 5 o 6, stoviglie riutilizzabili, devono garantire un’offerta di caffè macinato fresco e l’impiego di materiali scenici composti da legno e vernici certificate.

Il processo per la certificazione passa per la verifica di alcuni elementi della relativa produzione cinematografica da parte di alcuni organismi preposti, come Arpav; è interessante sottolineare che qualora si rilevi una certa complessità della produzione e un potenziale impatto significativo sull‘ambiente, il relativo Organismo di Vigilanza potrebbe decidere di aumentare del 50% il numero delle giornate di verifica previste, in presenza di fattori “aggravanti”. Questi fattori includono, ad esempio, luoghi di ripresa considerati sensibili come le aree naturali protette o di particolare valore, o attività svolte sul set che comportano un impatto ambientale non trascurabile, come le esplosioni, gli incidenti, gli sversamenti, eccetera.

 

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Alberto Muraro

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