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L’economia circolare è la sola strada possibile

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A fine giugno il Mite ha approvato la Strategia nazionale per l’economia circolare, che definisce obiettivi e azioni per indirizzare i modelli di produzione e di consumo verso una gestione circolare e responsabile delle risorse. Una strada obbligata anche per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica.

Assicurare un’effettiva transizione verso un’economia di tipo circolare è l’obiettivo che si è posto il Ministero della Transizione ecologica approvando la versione definitiva della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare contenuta nel Decreto ministeriale 259 varato alla fine di giugno. La Strategia nazionale definisce nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, affinché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi rispetto alle materie prime vergini. A tal fine, la Strategia agisce sulla catena di acquisto dei materiali (fissando i criteri ambientali minimi per gli acquisti verdi nella Pubblica Amministrazione), sui criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste), sulla responsabilità estesa del produttore e il ruolo del consumatore, sulla diffusione di pratiche di condivisione e di “prodotto come servizio”. La Strategia definisce una roadmap di azioni e target misurabili, da qui al 2035, fondamentali anche per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica.

Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità servono nuovi modelli produttivi

La Strategia mette nero su bianco che è necessario individuare nuovi modelli produttivi, compatibili con il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. È fondamentale cioè innovare sui processi e sui prodotti, puntando su pratiche improntate a cicli di vita a minor impatto di carbonio possibile. Anche il recupero, la manutenzione e la reperibilità dei manufatti richiedono nuovi modelli di business, così come nuove competenze e figure professionali. Il sistema di educazione e quello della formazione devono essere coinvolti nel processo e interfacciarsi con le imprese, identificandone i fabbisogni e le figure professionali richieste. In più occasioni il documento sostiene l’opportunità di rafforzare gli incentivi finanziari per il lancio di progetti di ricerca dedicati alle nuove tecnologie, in collaborazione con le università ed i centri di ricerca, e di introdurre meccanismi premianti per le aziende virtuose.

Simbiosi industriale, la chiave per ottimizzare l’uso delle risorse

Altro tassello di fondamentale importanza nell’ambito della Strategia è la simbiosi industriale, definita come un sistema integrato per condividere risorse (materiali, acqua, sottoprodotti, scarti, servizi, competenze, strumenti, database, ecc.) secondo un approccio di tipo cooperativo in cui l’output di un’azienda può essere utilizzato come input da un’azienda terza nell’ambito del suo processo di produzione (Chertow 2000, Lombardi e Laybourn 2012). La simbiosi industriale rappresenta, dunque, una chiave di ottimizzazione dell’uso delle risorse, in grado di generare vantaggi competitivi per le imprese di un territorio. Le aziende possono così utilizzare in modo più efficace flussi di materiali, energia, acqua e altre attività, conseguendo una maggiore produttività complessiva. L’Italia dei distretti industriali – l’ultimo censimento Istat fermo al 2015 ne aveva censiti ben 141 – che rappresenta circa un quarto del sistema produttivo del Paese, conosce bene il valore delle sinergie e delle reti (infrastrutturali e di saperi), tratto distintivo della cosiddetta Terza Italia, come l’economista Arnaldo Bagnasco negli anni Settanta definì quella parte produttiva del Paese caratterizzata dalla forza della piccola e media impresa di origine familiare, in alternativa alla contrapposizione Nord-Sud.

Responsabilità estesa del produttore per prevenire la produzione di rifiuti

La responsabilità estesa del produttore è un approccio di politica ambientale nel quale il produttore di un bene ha la responsabilità finanziaria, e a volte anche organizzativa, di gestire il ciclo di vita di un prodotto fino alla fine, anche quando dopo il consumo diventa un rifiuto: si estende dunque alle operazioni di raccolta differenziata, cernita e trattamento del rifiuto stesso, necessarie al raggiungimento degli obiettivi europei. L’Unione europea, con la direttiva 2018/851/Ue, ha puntato su questo modello per prevenire la produzione dei rifiuti, incrementare il riutilizzo e il recupero e raggiungere i nuovi ambiziosi obiettivi sulla gestione dei rifiuti. Se ne auspica adesso l’adozione soprattutto nelle filiere delle plastiche (attualmente vale solo per gli imballaggi in plastica) e del tessile, due cicli particolarmente impattanti, in cui anche il fine vita dei prodotti incide negativamente sulle rispettive impronte ecologiche. Nell’ambito della Strategia trova spazio anche il tema dei nuovi modelli di consumo, degli incentivi della spesa pubblica a sostegno di prodotti di riciclo (su tutti il green public procurement e i criteri ambientali minimi premiali da usare nelle gare pubbliche), delle politiche di riduzione della produzione dei rifiuti (ecodesign, diritto al riuso e alla riparazione, nuovi decreti end of waste che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto per filiere specifiche di rifiuti), del recupero delle materie prime critiche dagli scarti. È un documento di largo respiro, che dovrà segnare l’orizzonte delle prossime generazioni. Deve essere messo in campo nell’immediato. Non ci sono alternative alla gestione circolare e responsabile delle risorse naturali: i cambiamenti climatici, con le città infuocate e senz’acqua già a giugno, sono solo l’ammonimento più lampante.

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