L’utente finale resta un attore fondamentale, diciamo pure il più importante, nelle strategie ambientali dei produttori. È lui infatti, con le sue scelte quotidiane, a direzionare l’operato delle aziende. La parte giocata dal consumatore nell’inseguimento di un futuro, che speriamo prossimo, davvero packaging free, è insostituibile. Se invece di optare per prodotti rivestiti in plastica monouso scegliesse quelli sfusi o protetti da imballaggi biodegradabili, oppure riutilizzabili, segnalerebbe chiaramente le sue preferenze di consumo. La riduzione dell’impatto causato dai contenitori parte dalle nostre decisioni.
Imballaggi e impatto ambientale: un problema che parte da casa nostra
Gli imballaggi costituiscono circa il 30-40% del peso e il 50% del volume di tutti i rifiuti solidi urbani.
La media italiana indica che ognuno dei nostri concittadini, mediamente, produce circa 34 kg di rifiuti da imballaggio ogni anno. Questa quantità raddoppia se si considerano i consumi effettuati fuori dalle mura di casa. L’80% dei rifiuti da imballaggio è costituito dai materiali più utilizzati a tali scopi: vetro, plastica e cartone.
Al fine di diminuire la quantità dei rifiuti prodotti è necessario porre particolare attenzione fin dal momento degli acquisti. Spesso gli imballaggi vengono utilizzati a solo scopo promozionale, per ragioni di marketing. Pertanto, è preferibile acquistare prodotti contenuti in confezioni poco voluminose. La qualità non ne risentirà granché e il pianeta ce ne sarà grato.
I dati Eurostat, pubblicati da ISPRA, mettono in evidenza come la produzione complessiva di rifiuti urbani nell’UE faccia registrare, rispetto al 2021, una riduzione del 3,4%, passando da 237,5 milioni di tonnellate a 229,4 milioni di tonnellate. Rispetto al 2020 la riduzione è dell’1,2%. Confrontando i dati del biennio 2021 – 2022, le maggiori flessioni si registrano per Finlandia (-17%) Belgio (-8%), Lussemburgo e Paesi Bassi (-7,3% e – 7,2%). I dati sono aggiornati al termine del 2022. Eurostat metterà a disposizione, nei prossimi mesi, l’aggiornamento relativo al 2023.
Differenze tra riciclare, ridurre e rifiutare
Le 3 R del riciclo sono oggi diventate 5, poiché è possibile differenziare ancor di più il trattamento dello scarto. In principio si parlava di ridurre, riusare e riciclare. Oggi gli step sono riduzione, riuso, riciclo, raccolta e recupero. Vediamoli nel dettaglio:
- ridurre (reduce): è una richiesta di impegno verso la diminuzione della quantità di rifiuti prodotti. L’obiettivo è ambizioso ma è possibile raggiungerlo, ad esempio scegliendo prodotti con meno imballaggi, o evitando l’acquisto di oggetti usa e getta;
- riusare (reuse): implica l’utilizzo ripetuto di oggetti e materiali, prolungandone la vita utile prima di smaltirli. Segnaliamo, per esempio, l’utilizzo di borracce riutilizzabili, borse della spesa riciclabili, o la decisione di ricorrere alla riparazione. All’infuori di strumenti appositamente pensati per essere impiegati più volte, con una piccola dose di inventiva e proattività, è possibile rendere molti oggetti riutilizzabili;
- riciclare (recycle): la trasformazione di materiali di scarto in nuove materie prime riduce la necessità di estrarre risorse vergini. Questa R si lega strettamente alla precedente, e ancor più alla successiva. Perché il processo sia efficace, infatti, occorre una corretta raccolta differenziata.
- raccogliere (refute): separare i rifiuti per tipologia, permettendone il successivo smistamento e recupero dei materiali, è la chiave per mettere a sistema questa concezione del trattamento e della gestione degli scarti. Il termine rifiutare, in questa accezione, è stato coniato per indicare il corretto smaltimento;
- recuperare (rot): si può estrarre valore dai rifiuti, trasformandoli in nuovi materiali e/o fonti di energia. Si pensi al recupero energetico dal residuo non riciclabile, spesso sottovalutato, o al compostaggio della frazione organica.
L’approccio integrato basato sulle 5R costituisce un approccio integrato per minimizzare l’impatto ambientale dei rifiuti e promuovere un modello di consumo e produzione più sostenibile. Fare nostra questa mentalità e applicarla quotidianamente può avviarci lungo un percorso che conduca a un modello di consumo packaging free.
Dove si trovano più imballaggi e come evitarli
Alcuni settori produttivi sono particolarmente impattanti. Sebbene ogni attività umana produca inevitabilmente rifiuti, gli ambiti della grande distribuzione; cosmetica; food delivery ed e-commerce sono quelli dall’impronta ecologica maggiormente pronunciata. Il consumatore farebbe bene a tenerlo a mente.
È importante limitare, per quanto possibile, questi prodotti e servizi. Pianificando bene la propria routine è possibile evitare completamente i servizi di delivery, così come ridurre al lumicino, se non eliminare integralmente, la necessità di fare shopping online. Quasi tutti i prodotti disponibili in rete possiamo trovarli in store fisici. Forse saranno più cari, ma un ribasso spesso lieve è davvero tanto importante da farci alzare le spalle di fronte al costo che pagherà l’ambiente per il trasporto e la consegna di quella merce?

Strategie packaging free per la vita di tutti i giorni
Nel pratico specchietto posto qui sotto, abbiamo elencato alcune semplici strategie packaging free che chiunque può applicare quotidianamente:
- rivolgersi a negozi zero waste e acquistare prodotti sfusi, packaging free per definizione. Entrare nella dimensione di una spesa di questo tipo può essere disorientante, per chi si serve nei grandi ipermercati, eppure è una valida alternativa per limitare l’impatto delle catene della grande distribuzione organizzata;
- per la cura personale, è possibile ricorrere a cosmetici ricaricabili, oppure solidi;
- utilizzare sacche di tessuto, e non di plastica. Ciò significa fare uso di materiali più ecosostenibili e disincentivare la produzione del polimero. Alla stessa maniera, scegliere contenitori riutilizzabili vuol dire poter disporre e sistemare oggetti in maniera organica, senza la necessità di impiegare nuovo packaging;
- mettiamo al bando le monodosi e i prodotti overpacked. Si tratta di merci studiate per essere pratiche da usare e attraenti da vedere, stimolando l’acquisto, ma sono una vera e propria minaccia per l’ambiente. Teniamocene lontani.
Alternative sostenibili al packaging tradizionale
Per il packaging sono sempre più utilizzati materiali innovativi, i quali si concentrano su sostenibilità, funzionalità e intelligenza. L’idea è quella di ricercare soluzioni che riducano l’impatto ambientale, migliorino l’esperienza dell’utente e offrano nuove funzionalità. Tra queste troviamo bioplastiche; materiali organici derivati di funghi e alghe; imballaggi intelligenti e riutilizzabili, dotati di sensore e QR code; contenitori in fibre vegetali e altre proposte di origine o derivazione naturale.
Parallelamente alla ricerca sui materiali, che fa passi da gigante, si muove quella delle soluzioni di business. Il settore della vendita di imballaggi biodegradabili è in crescita e aumentano anche le refill station, ovvero quei luoghi ove è possibile andare con un flacone di sapone o detersivo vuoto e riempirlo senza dover riacquistare anche il packaging. Tra i servizi che numerosi produttori stanno attivando, in buona parte dell’Europa, evidenziamo anche il vuoto a rendere. La possibilità di restituire l’imballaggio vuoto del prodotto dà modo a chi lo ha messo in vendita di riutilizzarlo, senza doversi nuovamente procurare i materiali necessari alla sua realizzazione.
Confronto tra i materiali per il packaging
MATERIALE | COMPOSTABILE | RIUTILIZZABILE | BIODEGRADABILE | NOTE |
Plastica (PET) | X | ✔️ | X | Riciclabile soltanto se ben pulita |
Bioplastica (PLA) | ✔️ | X | ✔️ | Degradabile e compostabile esclusivamente per compostaggio aziendale |
Carta semenza | ✔️ | X | ✔️ | Può persino essere piantata |
Funghi e alghe pressate | ✔️ | X | ✔️ | Materiali ideali per il packaging rigido |
Acquistare e sostenere il packaging free in Italia
Nel nostro Paese, le realtà che propongono packaging free sono in aumento. Tra le più note ricordiamo Sfusitalia, molto attiva sulla rete con iniziative di sensibilizzazione; Effecorta; Porta la Sporta, il progetto dell’Associazione Comuni Virtuosi, e Negozio Leggero. Queste etichette, e altre impegnate a livello locale, propongono un’alternativa concreta e scommettono sull’economia circolare domestica. È profondamente sbagliato considerare la riduzione del packaging come una diminuzione della sicurezza e della protezione dei prodotti; optando per una minore quantità di imballaggi si fa un grosso favore al pianeta.
Sugli store di app per smartphone esistono varie applicazioni che possono aiutarci a tenere traccia di quanto stiamo impattando con gli imballaggi. Eco Tool è quella di CONAI per rilevare l’impronta ambientale di ogni imballaggio; OroEco monitora i gesti quotidiani e misura l’impatto ambientale prodotto; My TetraPak, sviluppato dalla nota azienda che produce imballaggi per liquidi alimentari, è di respiro più professionale e permette di gestire i progetti di packaging. Il suo obiettivo è semplificare la collaborazione tra TetraPak e i designer, garantendo la sostenibilità del prodotto e del suo processo di realizzazione.