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Pfas: si tenta di mappare la contaminazione in Europa

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La contaminazione da Pfas ha portata globale. Anche se la mappatura realizzata dal quotidiano Le Monde ha più di una pecca. Ce lo spiega Stefano Polesello, ricercatore del Cnr-Irsa. 

“La contaminazione da Pfas ha portata globale. I risultati della mappatura di Le Monde non sono sorprendenti per chi si occupa del tema in maniera professionale, ma lo scopo del lavoro non è scientifico, bensì comunicativo e in questo senso può risultare utile per chi legge”. È la convinzione di Stefano Polesello, ricercatore dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr (Cnr – Irsa), specializzato nella gestione e protezione delle risorse idriche e nello sviluppo di metodologie e tecnologie per la potabilizzazione dell’acqua e la sua depurazione. Con lui abbiamo parlato della mappa pubblicata dal quotidiano francese Le Monde con i giornalisti di 17 media partner, per provare a misurare a livello europeo l’entità della contaminazione da Pfas, sostanze chimiche usate nell’industria come impermeabilizzanti e responsabili di problemi seri alla salute. Per quasi un anno, Le Monde ha censito più di 17mila siti che richiedono l’attenzione delle autorità pubbliche (con valori di Pfas nelle acque superiori a 10 nanogrammi per litro).

Stefano Polesello, che idea si è fatto della mappa della contaminazione da Pfas pubblicata da Le Monde?

 “Per noi che lavoriamo da anni su queste tematiche, non si tratta certo di risultati sorprendenti, ma lo scopo di questa mappa non è scientifico, bensì comunicativo, verso il grande pubblico, per far capire che la dimensione del problema Pfas è globale. La raccolta e mappatura di dati ufficiali sulla contaminazione da Pfas sul territorio europeo è uno strumento utile per rendere evidente a tutti, non solo a noi esperti, che l’uso e la diffusione ambientale di Pfas è una problematica che coinvolge tutti i territori, non solo quelli colpiti da episodi di inquinamento più clamoroso, come alcune aree del Veneto e del Piemonte. La mappa diventa così uno strumento di conoscenza e sostegno alle iniziative di regolamentazione e restrizione dell’uso dei Pfas in corso nell’Unione europea. La prima riflessione a mappa appena pubblicata è stata: perché abbiamo dovuto aspettare un consorzio di giornalisti per avere uno strumento che avrebbe potuto essere messo a disposizione dalle autorità europee?” 

Ritiene che questo lavoro di mappatura della contaminazione da Pfas sia completo? 

“Per una corretta lettura dei dati, direi che la mappa pubblicata da LeMonde presenta delle criticità. Innanzitutto, non sono evidenti i criteri di scelta dei valori nei singoli siti, che sembrano essere le concentrazioni più alte misurate in un lasso di tempo non sempre uguale, in alcuni casi superiore a 10 anni. Ciò rende non confrontabili i dati e impossibile verificare una eventuale evoluzione delle concentrazioni e delle sostanze utilizzate, in particolare nei siti produttivi. Inoltre, il numero di siti identificati in ciascun Paese o area riflette le informazioni pubbliche disponibili, che non sempre rappresentano l’entità della contaminazione da Pfas. Di conseguenza, alcuni dei siti presunti sulla mappa non sono contaminati da Pfas e altri siti contaminati non sono inclusi nella mappa”. 

La mappatura dei siti di probabile emissione di Pfas ha creato un certo allarme nei cittadini. Cosa ne pensa?

 “Questa mappatura è basata sulla classificazione ufficiale delle attività produttive, ma è solo un elenco di attività, per le quali sarebbe necessario un monitoraggio. La sua sovrapposizione con i punti rossi rilevati dal monitoraggio (quelli contaminati) ha portato ad attribuzioni semplicistiche di responsabilità di inquinamento, rilanciate da diverse testate giornalistiche locali”. 

Quale è la situazione della contaminazione da Pfas in Italia? 

“La situazione italiana si caratterizza per la presenza di due importanti siti industriali produttivi di queste sostanze (Miteni a Trissino, che ha chiuso le attività nel 2018, e Solvay Specialty Polymers a Spinetta Marengo), intorno ai quali sono state misurate alte concentrazioni di queste sostanze, in varie matrici ambientali. Il resto del Paese è comunque interessato, così come le aree urbanizzate e industrializzate d’Europa e dei Paesi occidentali, ma anche della Cina, da una contaminazione diffusa da Pfas di tutte le acque e le altre matrici ambientali. La persistenza di queste sostanze le rende praticamente eterne, quindi la contaminazione si accumula negli ecosistemi e nell’uomo”.

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