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Dall’UE via libera al Net Zero Industry Act

Net Zero Industry Act
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Il Consiglio Ue ha dato il via libera definitivo alle nuove misure sull’industria verde (Net Zero Industry Act), sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico e sulla progettazione ecocompatibile

Il 27 maggio scorso, in un’insolita corsa contro il tempo in vista dell’imminente scadenza elettorale, il Consiglio UE ha approvato in via definitiva ben tre Regolamenti, definiti capisaldi della rivoluzione green. Il primo si occupa dell’industria verde (Net Zero Industry Act), il secondo della riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico, il terzo della progettazione ecocompatibile per i prodotti sostenibili. Adesso rimane solo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, così entreranno in vigore il giorno stesso della pubblicazione.

La mission del Net Zero Industry Act

Passando in rassegna i singoli provvedimenti, il Regolamento “Net Zero Industry Act”, peraltro approvato all’unanimità, mira a garantire un approccio coordinato nell’Unione per sviluppare e aumentare la capacità di produzione di tecnologie a zero emissioni, quindi materiali e macchinari considerato essenziali per raggiungere gli obiettivi climatici e la stessa neutralità climatica. Allo stesso tempo il Regolamento si pione l’obiettivo di sostenere la competitività industriale dell’Unione, migliorando, scrive nero su bianco la Commissione (che ha lavorato alacremente alla stesura del documento) “l’accesso a una fornitura sicura e sostenibile di queste tecnologie, rafforzare l’autonomia strategica e garantire la resilienza delle catene di approvvigionamento, contribuendo alla decarbonizzazione dell’economia”.

Cosa prevede il regolamento

Proprio per rompere il cappio delle dipendenze strategiche, anche alla luce delle emergenze geopolitiche che stiamo vivendo, il Regolamento stabilisce che, entro il 2030, l’Unione deve raggiungere una capacità di produzione pari ad almeno il 40% del fabbisogno annuo delle tecnologie necessarie e almeno il 15% della domanda globale entro il 2040. Un modo per cambiare decisamente rotta, almeno sotto questo aspetto. Il raggio d’azione del Regolamento è stato ampliato, rispetto alla prima ipotesi di partenza, per includere componenti, materiali e macchinari essenziali per la produzione di tecnologie a zero emissioni, tra cui energie rinnovabili, nucleare, stoccaggio di energia, cattura e stoccaggio di CO2, infrastrutture per l’idrogeno, elettrolizzatori, trasporti sostenibili, pompe di calore, efficienza energetica e tecnologie di riciclaggio.

Il finanziamento del Net Zero Industry Act

È stato pure immaginato un primo meccanismo di finanziamento di questa svolta green, che, quantomeno all’inizio, dovrebbe derivare dal 25% delle entrate del sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) agli obiettivi prefissati. I quest’ottica, precisano dalla Commissione, per accelerare lo sviluppo, i processi di rilascio dei permessi per i progetti strategici a zero emissioni dovrebbero essere snelliti, con un termine di 9-12 mesi per i progetti di produzione e 6-9 mesi per quelli strategici.

Last but not least, il Regolamento promuove lo sviluppo di valli industriali “a zero emissioni” per favorire la simbiosi industriale e gli investimenti mirati, specialmente nelle regioni carbonifere in transizione. Queste valli, designate dagli Stati membri, dovrebbero essere accompagnate da piani nazionali concreti per aumentarne l’attrattiva come sedi produttive.

Il secondo regolamento

Il secondo Regolamento si concentra, invece, sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico, costituendo parte integrante del pacchetto Fitfor 55. In particolare, il Regolamento stabilisce norme per la misurazione, la quantificazione, il monitoraggio, la comunicazione e la verifica accurata delle emissioni di metano nel settore energetico. Il provvedimento si applica alle seguenti attività:

  • esplorazione e produzione di petrolio e gas fossile, nonché raccolta e lavorazione di gas fossile;
  • pozzi inattivi, pozzi temporaneamente tappati e pozzi permanentemente tappati e abbandonati;
  • trasporto e distribuzione del gas naturale;
  • miniere di carbone sotterranee attive e miniere di carbone di superficie, miniere di carbone sotterranee chiuse e miniere di carbone sotterranee abbandonate.

Secondo il Regolamento ogni Stato membro dovrebbe nominare almeno un’autorità competente per vigilare sull’effettivo rispetto degli obblighi stabiliti da parte di operatori, imprese, gestori delle miniere e degli importatori e dovrebbe informare la Commissione di tale nomina e di eventuali modifiche. “Tali autorità competenti dovrebbero disporre – precisa il documento – di risorse finanziarie e umane sufficienti e dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire il rispetto del presente regolamento conformemente ai compiti loro specificamente attribuiti. Le autorità competenti dovrebbero istituire un punto di contatto”.

Il monitoraggio

Più nel dettaglio, gli operatori devono presentare rapporti entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del Regolamento e adottare misure di mitigazione. E ancora, entro 9 mesi dalla sua entrata in vigore per i siti esistenti ed entro 6 mesi dalla data di inizio attività per i nuovi siti, gli operatori dovranno presentare alle autorità competenti un programma di rilevamento e riparazione delle perdite, utilizzando le migliori tecnologie disponibili (best available techniques – BAT).

Inoltre, le pratiche di rilascio volontario di metano adottate in impianti industriali ed energetici, soprattutto per ragioni di manutenzione e di sicurezza (flaring e venting), dovrebbero essere limitati a situazioni di emergenza, con l’obbligo per gli operatori di conformarsi a tali misure entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento per i siti esistenti ed entro e non oltre 12 mesi dalla data di inizio attività per i nuovi siti.

 Gli Stati membri dovranno, inoltre, pubblicare entro 12 mesi un inventario delle miniere di carbone chiuse o abbandonate e monitorare le emissioni di metano da esse prodotte negli ultimi 70 anni. Norme molto più rigide riguardano, invece, le emissioni di metano dalle miniere di carbone sotterranee attive.

Infine, per le importazioni di petrolio, gas e carbone, gli importatori UE devono, infine, garantire che i contratti stipulati con paesi terzi rispettino norme equivalenti a quelle del regolamento proposto entro date specifiche.

Il terzo regolamento

Il terzo Regolamento riguarda la progettazione ecocompatibile per i prodotti sostenibili. L’obiettivo è, naturalmente, ridurre l’impronta ecologica dei prodotti lungo il loro ciclo di vita, prevedendo anche requisiti minimi per garantire la libera circolazione dei prodotti nel mercato interno. Viene anche stabilita una metodologia per valutare la riparabilità dei prodotti, con punteggi specifici per le prestazioni.

Il Regolamento, soprattutto, impone ai produttori di evitare l’obsolescenza programmata e di garantire la riparabilità dei prodotti, non limitando lo smontaggio dei componenti o l’accesso alle informazioni sulle riparazioni e ai pezzi di ricambio. Le disposizioni sui diritti di informazione dei consumatori sono rafforzate per promuovere consumi sostenibili e le stesse prestazioni di riparabilità devono essere espresse con un punteggio per facilitare il confronto tra prodotti.

In tal senso, un nuovo “passaporto del prodotto” conterrà informazioni accurate e aggiornate per aumentare la trasparenza e facilitare decisioni d’acquisto informate. Infine, un forum sulla progettazione ecocompatibile proporrà specifiche per gruppi di prodotti specifici, così come la Commissione definirà a breve anche i prodotti prioritari per il piano di lavoro 2024-2027, tra cui ferro, acciaio, alluminio, tessili, mobili, pneumatici, detergenti, vernici, lubrificanti, prodotti chimici e dispositivi elettronici.

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