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Plastica dalla canna da zucchero: una rivoluzione nell’imballaggio

Scopriamo insieme le innovazioni che hanno portato alla creazione di plastica per packaging a partire dalla lavorazione della canna da zucchero.
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Non c’è dubbio rispetto al fatto che l’industria dell’imballaggio si trovi oggi più che mai di fronte ad una svolta cruciale: non è infatti più pensabile, nel mondo in cui viviamo, continuare a produrre packaging usa e getta, a maggior ragione se fatti di plastica. Questo tipo di materiale è infatti una delle principali cause di inquinamento ambientale (e degli oceani in modo particolare): ecco perché è così importante trovare delle alternative il più sostenibili possibili.

La crescente domanda di soluzioni sostenibili ha dunque spinto gli innovatori a cercare alternative ecologiche ai materiali tradizionali, e uno dei progressi più promettenti è rappresentato dalla plastica ottenuta dalla canna da zucchero. Vediamo insieme quali sono le ultime novità a riguardo e le opportunità che questo tipo di soluzione ci offre.

Indice

Come si produce plastica dalla canna da zucchero

I vantaggi ambientali della bioplastica

I possibili effetti negativi della bioplastica

Come si produce plastica dalla canna da zucchero

Forse non tutti sanno che la produzione di plastica può essere sviluppata anche a partire dalla canna da zucchero: ecco tutti i dettagli a riguardo.
Cumulo di canne da zucchero

La plastica derivante dalla canna da zucchero è tecnicamente chiamata bioplastica o PLA (acido polilattico). La sua produzione coinvolge la fermentazione del glucosio derivante dalla canna da zucchero, un processo che riduce le emissioni di carbonio rispetto alla produzione di plastica tradizionale. La canna da zucchero assorbe tra l’altro importanti quantità di anidride carbonica durante la crescita, contribuendo così a un bilancio di carbonio più sostenibile.

Uno dei primi contenitori creati con questo tipo di processo è stato presentato nel 2019 in occasione della tavola rotonda “Envases Sostenibles para Alimentos Saludables”, svoltasi nella cornice degli Fktalks al  summit sull’innovazione nel campo alimentare di Valencia, in Spagna. Questa innovativa bottiglia è stata realizzata grazie alla stretta collaborazione tra due aziende spagnole, vale a dire la ADBioplastics (un produttore di bio plastica di Valencia) e la HeisGlobal, azienda di packaging di Alicante: il contenitore è stato realizzato al 100% con un materiale derivato dalla canna da zucchero, compostabile e completamente biodegradabile. Ciò significa che, se opportunamente trattato, questo tipo di packaging è in grado di decomporsi fino al 90% nel giro di appena sei mesi, trasformandosi così in CO2, acqua e bio fertilizzante. Secondo quanto dichiarato dal suo produttore, inoltre, questa bottiglia è conforme alla normativa dell’Unione Europea sugli imballaggi recuperabili attraverso il compostaggio e la biodegradazione.

I vantaggi ambientali della bioplastica

Risulta piuttosto evidente come siano numerosi i benefici offerti all’ambiente da questa soluzione così innovativa, che tante speranze ci regala nei confronti di un potenziale futuro plastic-free. Nello specifico:

  • La crescita della canna da zucchero necessita condizioni climatiche specifiche tipiche delle regioni tropicali, con il Brasile che attualmente detiene la leadership nella produzione. Qui, la coltivazione della canna da zucchero, da cui otteniamo la nostra bioplastica, occupa solo il 2,4% della terra coltivabile. È importante sottolineare che tale espansione non coinvolge le aree protette della Foresta Amazzonica, che come sappiamo è da anni oggetto di un’importante fase di disboscamento particolarmente aggressivo. Le colture si concentrano in zone adatte alla coltivazione meccanica, ai pascoli abbandonati, ai terreni degradati e alle aree con basso sfruttamento delle risorse idriche. Inoltre, i suoi produttori prestano da sempre particolare attenzione al rispetto delle aree destinate alla produzione alimentare.
  • La bioplastica è caratterizzata da un contenuto completamente derivato da risorse rinnovabili. Inoltre, sembra che comporti una notevole riduzione delle emissioni di CO2 lungo l’intero ciclo di vita del prodotto rispetto alla produzione della plastica convenzionale (HDPE) che viene di norma ottenuta da fonti fossili. Tutto questo contribuisce in maniera sostanziale a ridurre l’impatto sul potenziale riscaldamento globale.
  • Lavorando lo zucchero di canna si produce la cosiddetta bagassa: si tratta di un sottoprodotto utilizzato come combustibile per la produzione di energia elettrica. Questa energia alimenta sia gli impianti di produzione che l’intera rete elettrica brasiliana, rappresentando il 4,6% delle fonti energetiche complessive del Paese sudamericano. Altri residui organici derivanti dal processo di lavorazione possono inoltre essere utilizzati per fertilizzare suoli precedentemente degradati, rendendoli nuovamente coltivabili senza l’uso di fertilizzanti chimici. Esportare la bioplastica genera in ogni caso un certo impatto ambientale, ma le emissioni prodotte in questo processo potrebbero essere compensate dal risparmio generato nel corso del precedente ciclo produttivo.

I possibili effetti negativi della bioplastica

Tra le fonti di materie prime per la produzione di plastica sostenibile c'è anche la canna da zucchero: ecco tutto quello che devi sapere.
Un agricoltore di Cure, in Bolivia

Come abbiamo ampiamente anticipato, l’utilizzo della bioplastica generata dalla lavorazione delle canne da zucchero potrebbe avere degli effetti positivi riguardo alla sostenibilità ambientale legata alla produzione e al consumo delle confezioni di plastica in commercio. Si tratta però di un settore ancora da esplorare, anche perché non tutti sono attualmente concordi riguardo ai suoi reali benefici.

Secondo un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Gotheborg, infatti, l’esposizione alle microparticelle di questo tipo di plastiche avrebbe cambiato il comportamento di alcuni pesci persici oggetto di mesi di sperimentazione, con importanti ripercussioni sulla loro qualità della vita. Dopo essere stati sottoposti ad una dieta a base di 2% di PLA, questi animali avrebbero dimostrato capacità di movimento ridotte, scarsa propensione a formare banchi coi propri simili e maggiori difficoltà di reagire prontamente a segnali di pericolo. Secondo Azora König Kardgar, una dottoranda presso l’Università di Gothenburg che ha condotto la ricerca, “abbiamo evidenziato che il PLA non è innocuo per i pesci, quindi non dovrebbe essere venduto come un’alternativa ecologica alla plastica ordinaria”. Prima di giungere a conclusioni definitive troppo affrettate, insomma, sembra proprio che sarà necessario effettuare ancora molti altri studi e sperimentazioni in merito.

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Alberto Muraro

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