Un pozzo di sequestro del carbonio assorbe e immagazzina l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, riducendone l’accumulo e mitigando il riscaldamento globale.
I nomi sono differenti: pozzo di sequestro del carbonio, pozzo di carbonio o serbatoio di carbonio, detto anche carbon sink in inglese. Tutti si riferiscono allo stesso sistema o, meglio, agli stessi sistemi. Metodi naturali o artificiali come il sequestro biologico, quello geologico, oceanico o la carbonatazione minerale possono ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, contribuendo a ripulire e bonificare il pianeta.
Cosa sono i pozzi di sequestro del carbonio
Il sequestro del carbonio avviene naturalmente, attraverso processi biologici e geologici, oppure utilizzando tecnologie create dall’uomo. Entrambi i metodi aiutano a rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera e possono aiutare a mitigare gli impatti del cambiamento climatico. La cattura e lo stoccaggio della CO2 ne riducono, in maniera diretta, la presenza nell’atmosfera. In questo modo, è possibile rallentare il tasso di riscaldamento globale e ridurre gravità e frequenza degli eventi legati al cambiamento climatico. Anche i più devastanti.
I pozzi, o serbatoi, di sequestro del carbonio sono tutti quei depositi naturali che assorbono anidride carbonica dall’atmosfera, riducendone la concentrazione e diminuendo l’effetto serra. Tra i serbatoi di carbonio abbiamo, naturalmente, le foreste. Fin dalla scuola primaria impariamo l’importanza della fotosintesi clorofilliana, ma non consideriamo soltanto questo elemento. Anche oceani, suolo e paludi respirano a modo loro, per così dire, sequestrando carbonio dall’atmosfera e rivelandosi strumenti fondamentali nel mantenimento della stabilità climatica del pianeta.
Definizione e tipologie, naturali oppure artificiali
I pozzi di carbonio possono essere di tre tipi: naturali, biologici o tecnici. Questi ultimi sono di origine antropica. Essi assorbono e accumulano CO₂ per lungo tempo. La immagazzinano trattenendola o, se ne sono in grado, la convertono in composti contenenti carbonio (per esempio lignina). Il trasferimento dall’atmosfera ai pozzi riduce l’effetto serra.
Suolo, foreste, oceani e tecnologia CCS
Una parte del carbonio terrestre si trova in mare, diluito nell’acqua sotto forma di CO₂. Con l’aumento della temperatura dovuto ai cambiamenti climatici, la solubilità dell’elemento in acqua diminuisce e l’oceano la espelle, reintroducendola nell’atmosfera.
Il suolo contiene più anidride carbonica dell’intera atmosfera. La materia morta, come carcasse e foglie, o quella organica nel suolo cede CO₂ man mano che si decompone. I combustibili fossili sono composti di carbonio derivati da organismi viventi sepolti milioni di anni fa. La combustione di queste fonti influisce sull’equilibrio del carbonio tra suolo e atmosfera. Piante terrestri e marine rappresentano i composti più ricchi di carbonio in assoluto. Le attività umane, come la deforestazione, riducono il carbonio immagazzinato.
L’uomo ha creato artificialmente meccanismi simili a quelli naturali. Il risultato di questi sforzi è il CCS , acronimo di Carbon Capture and Storage, che sta a indicare un processo artificiale di cattura e conservazione del carbonio. Esso consiste nella separazione dell’anidride carbonica dall’aria in cui si trova, nonché nel suo conseguente stoccaggio all’interno di enormi depositi sotterranei, come bacini petroliferi vuoti.
Quanta anidride carbonica riescono ad assorbire?
Il costo necessario a sostenere le spese di sottrazione di anidride carbonica direttamente dall’atmosfera è di – almeno – 80 euro alla tonnellata. Quello di un permesso per emetterne una tonnellata in più, nell’Unione Europea, è di circa 26 euro.
La quantità di CO₂ assorbita dai serbatoi di carbonio varia enormemente, sia in base al tipo sia a seconda delle condizioni ambientali. Le foreste assorbono tra i 20 e i 50 chili di CO₂ all’anno per albero. Il valore è stimato su piante con decenni di vita. I suoli hanno assorbito circa 1,5-2,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nel 2023, coadiuvati naturalmente dall’azione delle macchie boschive, un valore sensibilmente inferiore rispetto a quanto ci si attendeva, in base ai calcoli portati avanti a partire dalle medie decennali.
Stime globali e italiane
Secondo le stime del Journal of Silviculture and Forest Ecology, la capacità di sequestro del carbonio della terraferma è aumentata del 30% globalmente, negli ultimi dieci anni. Registriamo però perdite dello 0,25% all’anno a causa del deterioramento della capacità degli ecosistemi di assorbire CO₂.
Per l’Italia non sono disponibili calcoli precisi sull’ettaro, ma studi e stime indicano che, stando alle temperature e alla composizione geologica del nostro Paese, la crescita di conifere sequestra circa 2,45 tonnellate di carbonio per ettaro, ogni anno. Le latifoglie restano attorno alle 1,84 tC/ha ogni 12 mesi. Tra esse, i pioppeti si attestano leggermente al di sotto del dato, limitandosi a circa 1,81 tonnellate di Carbonio per ettaro sull’anno solare.
Il 30% delle emissioni antropiche di CO₂ è assorbito dagli ecosistemi terrestri. Il sequestro di carbonio negli ambienti anaerobici, come laghi e fiumi, sta diventando più rilevante, offrendo uno stoccaggio stabile e maggiormente duraturo rispetto a quello della biomassa vivente.
Lo sapevi? - Il suolo può contenere 2-3 volte più carbonio rispetto alla biomassa vegetale terrestre!
POZZI DI CARBONIO NATURALI | POZZI DI CARBONIO ARTIFICIALI | |
VANTAGGI | Costi bassi: le spese sono legate alla protezione e al ripristino, non alla creazione ex novo. Co-benefici: forniscono habitat, preservano la biodiversità, regolano il ciclo dell’acqua e migliorano la qualità del suolo e dell’aria. Scalabilità naturale: hanno una capacità intrinseca, e su vasta scala, di assorbire e stoccare carbonio. | Indipendenza da fattori climatici: non sono direttamente influenzati da siccità, incendi o simili eventualità. Targeting delle emissioni: possono catturare anidride carbonica direttamente da fonti industriali, centrali elettriche o altri luoghi altamente emissibi. Stoccaggio a lungo termine: Lo stoccaggio geologico è estremamente duraturo. |
LIMITI | Vulnerabilità: sono estremamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Questi possono ridurne l’efficacia e, in alcuni casi, trasformarli in fonti di emissione. Permanenza: lo stoccaggio del carbonio è meno permanente rispetto a quello geologico. Difficoltà di monitoraggio e verifica: è complesso quantificare quanto carbonio venga assorbito e garantire la permanenza del sequestro. | Costi elevati: la tecnologia CCS è costosa da implementare e operare. Consumo energetico: i processi di cattura e compressione richiedono un’elevata quantità di energia. Infrastrutture: occorrono nuove infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio della CO2, come gasdotti e siti geologici dedicati. Disponibilità di sedi: molti Paesi non dispongono di siti geologici adatti allo stoccaggio. |
COSTI | Variabili ma generalmente bassi. I costi di ripristino di una foresta o ecosistema costiero sono molto inferiori a quelli della costruzione di un impianto industriale. | Elevato e variabile. Può variare da circa 20 € a 200 € per tonnellata a seconda della concentrazione del gas e della tecnologia. La cifra include cattura, trasporto e stoccaggio. |
Differenze tra sistemi naturali e industriali
Come evidenziato in tabella, vi sono alcune differenze chiare tra un sistema naturale e uno artificiale. Il primo ha bassi costi ma non garantisce una custodia ermetica e duratura dell’anidride carbonica. L’infrastruttura realizzata dall’uomo, invece, è in grado di proteggere per secoli la CO₂ immagazzinata. Costruirla richiede però tempo, danaro e molta energia. Per tal motivo è dunque necessario valutare bene, con attenzione, quanti e quali serbatoi per il sequestro del carbonio realizzare.
Sfide e potenziale futuro del sequestro del carbonio
Possiamo evidenziare cinque sfide legate al sequestro del carbonio:
- costi elevati;
- scale di implementazione (punto piuttosto urgente, poiché al momento sequestriamo troppo poca anidride carbonica per considerare il processo incisivo);
- stoccaggio a lungo termine;
- monitoraggio e permanenza del sequestro;
- rischi e impatti ambientali di ogni serbatoio.
D’altra parte, è bene precisare che, qualora si trovasse il modo di diversificare le soluzioni per rimuovere CO₂ su vasta scala, portando evidenti benefici ambientali e dando avvio a un mercato virtuoso, lo sforzo per vincere tutte le sfide appena elencate sarebbe pienamente giustificabile e andrebbe compiuto.
Permanenza del carbonio e rischi di rilascio
Questi due punti sono quelli più spinosi, al giorno d’oggi. È necessario sviluppare ulteriormente metodi più precisi e affidabili per monitorare il sequestro di carbonio nel suolo. Non siamo infatti in grado di garantire che la mitigazione sia permanente. I detrattori di questa metodologia di lotta al cambiamento climatico sostengono che la rimozione di CO₂ tramite sequestro sia soltanto temporanea. Non vi è evidenza definitiva del fatto che abbiano torto.
Sussistono poi preoccupazioni e dubbi che fanno grattare la testa agli scienziati, riguardo alla sicurezza e all’efficacia a lungo termine dello stoccaggio geologico. Il rischio di perdite nel tempo, specie sul medio-lungo periodo, è infatti reale, sebbene venga considerato modesto. Per tal motivo, la ricerca di nuove tecnologie e possibilità prosegue senza soluzione di continuità.
Nuove tecnologie: DAC, biochar e mineralizzazione
La nuova frontiera del sequestro del carbonio sta mettendo a punto nuove tecnologie. Le più interessanti, al momento, sono la cattura diretta dall’aria (DAC); il biochar e la mineralizzazione. Si tratta di nuovi metodi per rimuovere la CO₂ atmosferica, immagazzinandola in modo sicuro.
- DAC, Direct Air Capture. Si tratta di un’avveniristica tecnologia per sequestrare anidride carbonica attraverso processi chimici e chimico-fisici, innescati da potenti solventi. Siamo ancora in fase iniziale e abbiamo soltanto alcuni progetti pilota già avviati ma chi li finanzia è convinto che questa tecnologia possa accelerare i (lunghi) tempi CCS.
- Biochar. È un carbone vegetale ottenuto attraverso pirolisi e dotato di struttura stabile, ricca di carbonio e resistente alla decomposizione. Lo si può utilizzare come ammendante, al fine di stoccare in maniera duratura l’elemento nel suolo. Il suo impiego migliora la struttura del terreno, ne aumenta l’aggregazione e incrementa la capacità di trattenere carbonio organico rispetto a numerosi altri materiali naturali.
- La mineralizzazione accelera la reazione – del tutto naturale – di alterazione dei minerali. Convertendo la CO₂ in carbonati solidi (come la calcite) è possibile sequestrarla in modo sicuro e permanente. Si parla di millenni, non secoli. Questa tecnologia è in fase più avanzata rispetto alle precedenti, tanto che siamo già all’industrializzazione della tecnica.