Le acque di prima pioggia rappresentano una sfida ambientale urgente per le città. Ecco perché è fondamentale gestirle correttamente.
Le acque di prima pioggia sono uno degli elementi più critici nel ciclo idrologico urbano e rappresentano una priorità ambientale importante per le città moderne. Questi primi millimetri di precipitazione, infatti, sono responsabili del dilavamento di numerosi inquinanti accumulati sulle superfici impermeabili. Se dispersi senza controllo, contribuiscono a contaminare i corsi d’acqua, aggravare il rischio di inondazioni e ridurre la disponibilità di risorse idriche. La gestione sostenibile di queste acque è quindi essenziale per migliorare la qualità ambientale urbana e integrare strategie innovative come il modello della città spugna, come stiamo per vedere.
Cosa sono le acque di prima pioggia

Le acque di prima pioggia sono definite come le prime acque di deflusso generate dai primi 5 mm di precipitazione sulle superfici impermeabili urbane. Queste sono in particolare parcheggi, piazzali, aree di rifornimento di carburante, industrie, aree di rifornimento carburante e non solo. Questa definizione, consolidata anche nel Decreto Legislativo 152/2006 e in molte linee guida tecniche, identifica un volume relativamente piccolo di acqua, ma estremamente ricco di inquinanti, che rappresenta il primo “lavaggio” delle superfici urbane. Ai fini del calcolo delle portate, si considera che il volume d’acqua corrispondente alle acque di prima pioggia si accumuli nei primi 15 minuti dall’inizio dell’evento piovoso.
Parallelamente, il corretto convogliamento e trattamento delle acque di prima pioggia passa attraverso l’adeguata gestione delle fogne bianche, ovvero le reti fognarie destinate esclusivamente alle acque meteoriche. Queste infrastrutture devono essere progettate per evitare sovraccarichi, ridurre il rischio di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee e favorire soluzioni di drenaggio sostenibile.
In termini di impatto, le acque di prima pioggia sono caratterizzate da:
- Elevata concentrazione di inquinanti: raccolgono particolato fine (PM10 e PM2.5), metalli pesanti (piombo, zinco, rame, nichel), idrocarburi policiclici aromatici (IPA), oli e grassi, sostanze nutrienti (nitrati, fosfati) e contaminanti microbiologici;
- Elevato impatto sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee: se non trattate, queste acque possono compromettere habitat fluviali e falde acquifere;
- Basso volume ma alta criticità ambientale: nonostante rappresentino una quota limitata rispetto al totale delle precipitazioni, la loro qualità le rende una priorità per la gestione urbana.
Il concetto di città spugna è strettamente collegato a questo tema. Si tratta di un modello urbano in cui il territorio è progettato per assorbire, trattenere e gestire l’acqua piovana come una spugna naturale. In questo modo si riduce il deflusso e si favorisce l’infiltrazione e il riutilizzo delle acque di prima pioggia. Questo approccio si basa su interventi diffusi e integrati nel tessuto urbano, capaci di mitigare gli effetti negativi delle superfici impermeabili tipiche delle città moderne.
Come si formano: superfici urbane, tetti, strade
Le acque di prima pioggia si formano principalmente sulle superfici impermeabili presenti in ambito urbano, che impediscono l’infiltrazione naturale nel terreno. Le principali superfici coinvolte sono:
- Tetti e coperture impermeabili: i tetti degli edifici rappresentano superfici che accumulano polveri, detriti, residui di materiale edilizio e inquinanti atmosferici. Alla prima pioggia, questo materiale viene dilavato e trasportato con il deflusso superficiale.
- Strade, marciapiedi e parcheggi asfaltati o cementati: superfici molto estese nelle aree urbane, soggette a traffico veicolare, deposito di pneumatici, oli e carburanti, polveri sottili da emissioni e residui industriali.
- Aree di stoccaggio e attività commerciali: zone in cui possono accumularsi sostanze chimiche e rifiuti particolari, che entrano nelle acque di prima pioggia.
Il deflusso da queste superfici si concentra nei sistemi fognari o direttamente nei corpi idrici superficiali, causando un carico elevato di sostanze inquinanti. Questo fenomeno, insieme alla crescente urbanizzazione, aumenta il rischio di sovraccarico delle reti di smaltimento e inondazioni.
Perché intercettarle è fondamentale per l’ambiente
Intercettare e gestire le acque di prima pioggia è fondamentale per diverse ragioni ambientali, economiche e sociali:
- Riduzione dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee: le acque di prima pioggia sono veicolo di metalli pesanti, idrocarburi, nutrienti e microorganismi patogeni. Senza un adeguato trattamento, queste sostanze finiscono in fiumi, laghi e falde acquifere, compromettendo la qualità dell’acqua e la biodiversità degli ecosistemi acquatici.
- Mitigazione del rischio idraulico e inondazioni: le superfici impermeabili nelle città aumentano il volume e la velocità del deflusso, sovraccaricando le reti fognarie e causando frequenti allagamenti. La gestione delle acque di prima pioggia consente di modulare questo flusso, riducendo il rischio di eventi dannosi, soprattutto in occasione di forti piogge.
- Ricarica delle falde acquifere: l’infiltrazione controllata delle acque di prima pioggia favorisce la rigenerazione delle riserve idriche sotterranee, essenziali per la disponibilità di acqua potabile e per il mantenimento dell’equilibrio idrogeologico urbano.
- Risparmio idrico e riuso: con la raccolta e il trattamento, le acque di prima pioggia possono essere riutilizzate per usi non potabili, come irrigazione di aree verdi, lavaggio strade e servizi industriali, riducendo la domanda di acqua potabile.
Questi aspetti sottolineano come una corretta gestione delle acque di prima pioggia rappresenti un elemento chiave della sostenibilità urbana, integrando la tutela ambientale con il miglioramento della qualità della vita in città.
Soluzioni sostenibili per la gestione
Le tecnologie e le strategie di gestione delle acque di prima pioggia si stanno evolvendo verso soluzioni sempre più sostenibili. Queste si ispirano ai processi naturali e mirano a ridurre il deflusso e il carico inquinante. Tra le soluzioni più diffuse troviamo:
- Sistemi di raccolta e trattamento: vasche di laminazione e detenzione per trattenere temporaneamente le acque, consentendo la sedimentazione delle sostanze solide e il rilascio controllato verso la rete fognaria.
- Sistemi di infiltrazione e riuso: trincee drenanti, pozzi perdenti e sistemi di raccolta per riutilizzo in loco delle acque.
- Soluzioni basate sulla natura (NBS): interventi come i giardini pluviali, le aree a drenaggio permeabile e i bacini di fitodepurazione, che utilizzano piante e suolo per filtrare e trattare le acque.
Esempi: tetti verdi, bacini di laminazione, pavimentazioni drenanti
Tra le tecnologie più efficaci per integrare il modello della città spugna troviamo:
- Tetti verdi: coperture vegetate che assorbono una parte significativa delle acque di prima pioggia, riducendo il volume di deflusso e favorendo l’evapotraspirazione. Questi sistemi migliorano anche l’isolamento termico degli edifici e la qualità dell’aria urbana. Studi recenti dimostrano come i tetti verdi possano trattenere fino al 50-70% delle precipitazioni, diminuendo significativamente il carico sulla rete fognaria.
- Bacini di laminazione: infrastrutture progettate per accumulare temporaneamente le acque di prima pioggia e rilasciarle lentamente, attenuando i picchi di piena. Questi bacini possono essere a cielo aperto o interrati e spesso sono integrati in parchi urbani o aree verdi.
- Pavimentazioni drenanti: superfici pavimentate permeabili, realizzate con materiali specifici o accorgimenti progettuali, che consentono all’acqua di infiltrare direttamente nel terreno. Le pavimentazioni drenanti riducono il deflusso superficiale e filtrano parte degli inquinanti trattenuti nel materiale poroso.
Questi interventi, combinati tra loro, permettono di trasformare le aree urbane in sistemi in grado di assorbire e gestire efficacemente le acque meteoriche, limitando gli impatti negativi e contribuendo alla resilienza delle città
Normative, esempi virtuosi e prospettive future
La gestione delle acque di prima pioggia è sempre più regolamentata da normative specifiche, che definiscono obblighi e criteri tecnici per la loro raccolta e trattamento. Accanto a queste regolamentazioni, si stanno diffondendo progetti virtuosi che dimostrano l’efficacia di soluzioni innovative e sostenibili.
Regolamenti comunali e requisiti edilizi
In Italia la gestione delle acque di prima pioggia è normata principalmente dal Decreto Legislativo 152/2006, definito anche “Testo unico sulle acque” recante “Norme in materia ambientale”. Questo impone obblighi di raccolta e trattamento per superfici impermeabili specifiche, quali parcheggi superiori a 500 m², aree di stoccaggio di sostanze pericolose, e impianti industriali. A livello regionale e comunale, molte amministrazioni hanno adottato regolamenti più restrittivi e linee guida tecniche che integrano requisiti edilizi volti a incentivare sistemi di drenaggio sostenibile, come le linee guida ARPA LG28/DT. Ma vediamo altri esempi:
- La Regione Lombardia ha sviluppato un piano regionale per la gestione delle acque di prima pioggia che prevede l’obbligo di sistemi di filtrazione e laminazione nelle nuove aree urbanizzate.
- L’Emilia-Romagna ha pubblicato linee guida tecniche dettagliate per la progettazione e manutenzione degli impianti di gestione delle acque meteoriche.
Questi regolamenti contribuiscono a standardizzare le pratiche di gestione, favorendo la diffusione di tecnologie sostenibili e garantendo il rispetto degli standard di qualità ambientale.
Progetti internazionali e modelli replicabili
A livello internazionale, diversi progetti pilota e modelli di città spugna stanno dimostrando l’efficacia di strategie integrate per la gestione delle acque di prima pioggia. Tra i più noti:
- Singapore: con il suo programma “Active, Beautiful and Clean Waters” (ABC Waters), ha trasformato canali e bacini in infrastrutture multifunzionali. Queste che integrano raccolta, trattamento e riuso delle acque meteoriche, migliorando la qualità ambientale e la vivibilità urbana.
- Rotterdam (Paesi Bassi): ha sviluppato un sistema urbano di drenaggio sostenibile basato su bacini di laminazione, pavimentazioni permeabili e spazi verdi che riducono il rischio di allagamenti e migliorano l’infiltrazione.
- Trento (Italia): Il Comune di Trento è tra gli 80 selezionati dal Ministero della Transizione Ecologica per il “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano”, promosso insieme a ISPRA e ANCI. In questo quadro, si stanno realizzando interventi per la gestione sostenibile delle acque meteoriche e l’adattamento agli eventi estremi, con azioni previste fino al 2024. Parallelamente, il progetto UniCittà – attivo dal 2016 – rafforza la sinergia tra amministrazione e Università di Trento, valorizzando la ricerca applicata su tematiche ambientali e urbane. Trento è inoltre coinvolta in iniziative europee come STARDUST e nei progetti PNRR legati alla sostenibilità e alla resilienza urbana, tra cui rientrano anche opere per la gestione delle acque di prima pioggia.
Le acque di prima pioggia rappresentano una risorsa preziosa ma anche un rischio significativo per gli ambienti urbani se non gestite correttamente. La loro intercettazione e trattamento sono fondamentali per preservare la qualità delle acque superficiali e sotterranee, mitigare il rischio idraulico, favorire la ricarica delle falde e promuovere un uso sostenibile delle risorse idriche.
L’integrazione di tecnologie innovative, infrastrutture verdi e normative adeguate consente di realizzare città più resilienti, capaci di adattarsi agli eventi meteorologici intensi sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici.