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PFAS: Utilitalia presenta 5 proposte per affrontare l’emergenza

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Alla luce dell’obbligo imposto dalla Direttiva Ue sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, che scatterà nel gennaio 2026, che impone ai gestori delle acque idropotabili di rispettare dei limiti per le PFAS nelle acque potabili, Utilitalia ha pubblicato un Position paper con 5 proposte concrete per uscire dall’emergenza

Poche settimane prima che nell’aula di tribunale di Vicenza tuonasse la prima sentenza di condanna (26 giugno 2025), in primo grado, per il mostruoso inquinamento ambientale causato nel vicentino dall’uso industriale di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), Utilitalia – la federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas – aveva pubblicato un position paper dal titolo “Prospettive di evoluzione normativa su PFAS”. Un lavoro che è servito, innanzitutto, per fare il punto sulla regolazione di questi nuovi e temutissimi (a ragione) nemici ambientali. Con l’obiettivo finale di approntare una strategia sistemica a livello istituzionale nel contrasto agli effetti nefasti che queste sostanza arrecano agli ecosistemi, uomo compreso.

Cosa sono i PFAS e quanto sono temibili?

Secondo l’European Environment Agency (EEA), i PFAS sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali ampiamente utilizzate, note come «sostanze chimiche permanenti», in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e nell’organismo umano, purtroppo. Possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro.

Come spiegano i curatori del position paper, infatti, essi sono ampiamente utilizzati nei prodotti di consumo grazie sia alla loro inerzia chimica che alle loro proprietà lubrificanti e idro-oleorepellenti. Ma ciò che qui conta è l’effetto che la loro produzione e il loro consumo possono causare, in quanto possono entrare nell’ambiente nell’intero ciclo di vita dei prodotti che li hanno inglobati, compreso il loro fine vita, quindi gli smaltimenti in discarica, caratteristica che li rende praticamente invincibili.

L’aspetto diabolico, per l’uomo e gli ecosistemi, è che dopo l’ingresso nella catena alimentare se ne riscontra la inevitabile bioaccumulabilità nei tessuti animali (sangue, placenta, tessuti embrionali), e per questo sono stati inseriti sin dal 2009 nella lista delle sostanza POSs (Persistent organic pollutans) della Convenzione di Stoccolma (firmata nel 2001 ed entrata in vigore nel 2004) che ne regolamente drasticamente il loro utilizzo. Anche l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS ha classificato alcune di queste sostanze “sicuramente cancerogene per l’uomo (PFOA)” e “possibilmente cancerogene per l’uomo (PFOS)”.

Lo studio di Utilitalia

Nel settembre del 2020, ricorda lo stesso studio di Utilitalia, la European Food Safety Authority (EFSA) ha pubblicato lo studio “Risk to human health related to the presence of perfluoroalkyl substances in food” che ha dimostrato gli effetti del bioaccumulo di quattro PFAS attraverso l’alimentazione, soprattutto di carne di pese, frutta e prodotti a base di frutta e uova e prodotti a base di uova. Costringendo l’Authority a stabilire una dose settimanale tollerabile di 4,4 nanogrammi (ng) per ogni chilo di peso corporeo.

Le misure di contrasto dell’UE

Per prevenire l’inquinamento da PFAS la Direttiva Quadro sulle acque 2000/60 e la Direttiva Ue 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano, compresa la Direttiva 2024/3019 sulle acque reflue, hanno posto dei limiti abbastanza stringenti per la loro presenza in qualche modo tollerata. In particolare, il D.Lgs 18/2023, che ha recepito la Direttiva 2020/2184, ha dettato la disciplina sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, imponendo l’obbligo dal 12 gennaio 2026 ai gestori delle acque idropotabili di rispettare dei limiti per le PFAS nelle acque potabili. Proprio in virtù di quest’obbligo è nata l’esigenza, come si diceva prima, di provare a delineare delle policy in linea con gli obiettivi UE.

Le cinque proposte di Utilitalia

La parte cruciale del position paper è, non a caso, la presentazione di cinque proposte che, basandosi su un approccio rigorosamente scientifico, sono indirizzate al legislatore nell’arduo compito di prendere decisioni oculate nell’immediato futuro.

Eliminazione e sostituzione funzionale

La prima di queste, conseguenziale alle premesse poste, riguarda l’eliminazione e sostituzione funzionale di queste sostanze, catalogando tutti gli usi noti, descrivendo le funzioni fornite in questi usi, elencando le potenziali alternative in grado di fornire funzioni equivalenti o simili e valutare l’idoneità delle alternative identificate per sostituirli. Definendo, quindi, un orizzonte a medio-lungo termine per il divieto di produzione e commercializzazione di PFAS, che possa essere da stimolo per l’industria nella ricerca di soluzioni alternative.

I costi

La seconda proposta ha a che fare con la consapevolezza che i maggiori costi operativi e infrastrutturali per la loro gestione/sostituzione progressiva non possono gravare integralmente sulle tariffe del servizio idrico integrato. Al contrario, in applicazione del principio “chi inquina paga” e nell’ambito di un contesto armonizzato a livello europeo, si dovrebbe incentivare il settore produttivo nella ricerca a soluzioni alternative e più sostenibili, usando la leva economica nell’incentivare soluzioni più sostenibili e sicure.

I fondi per la ricerca

La terza proposta, strettamente connessa alla seconda, enfatizza la necessità di un ingente sforzo per la ricerca di prodotti alternativi ai PFAS, valutando l’idoneità delle alternative in termini di prestazioni, di sostenibilità per la salute umana e per l’ambiente nonché la relativa disponibilità sul mercato.

Le nuove tecnologie

La quarta sottolinea l’urgenza di testare nuove tecnologie nei sistemi di trattamento, anche sperimentali, ad esempio plasma a freddo, ossidazione elettrochimica, nanoassorbitori, i cui costi attualmente non sono industrialmente sostenibili. Pertanto, si chiede di intensificare e soprattutto di finanziare le attività di ricerca.

Il sostegno ai gestori dei settori idrico e ambientale

L’ultima, infine, parte dalla necessità di sostenere anche finanziariamente i gestori dei settori idrico e ambientale, che dovrebbero essere considerati, insieme al mondo industriale e della ricerca, attori determinanti nella progressiva fuoriuscita dai pericoli posti dall’uso dei PFAS.

Insomma, cinque punti da cui partire per dare una risposta organica, sistemica e urgente sulla gestione di queste sostanze, nella consapevolezza che gli sforzi maggiori vadano sostenuti sul fronte della prevenzione, che rimane la migliore opzione quando è in gioco la salute pubblica e la tutela dell’ambiente.

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