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Teleriscaldamento di quarta generazione: ecco l’internet del calore che usa gli scarti delle città

teleriscaldamento in città
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Le reti di teleriscaldamento di quarta generazione trasformano il calore urbano e industriale altrimenti disperso in energia utile, integrando fonti rinnovabili e di scarto per città più efficienti, sostenibili e connesse.

Nelle città del futuro, l’energia non si spreca: circola, si trasforma e si condivide. È questo il principio che guida il teleriscaldamento di quarta generazione (4GDH), l’evoluzione più avanzata delle reti urbane per il riscaldamento e il raffrescamento. A differenza dei sistemi tradizionali, che trasportano acqua calda a temperature elevate e dipendono da grandi centrali alimentate a gas o carbone, le reti di teleriscaldamento a bassa temperatura funzionano con acqua a circa 50-70°C. In questo modo aprono la strada a un modello completamente nuovo e più sostenibile.

Grazie a questa innovazione, diventa possibile superare la dipendenza dai combustibili fossili e integrare nel sistema una varietà di fonti di calore di scarto diffuse sul territorio urbano. I data center che raffreddano i server, le metropolitane che rilasciano calore dal movimento dei convogli, le industrie e persino i depuratori urbani: tutti questi impianti generano energia termica che oggi spesso viene dispersa, ma che il 4GDH può recuperare e redistribuire.

È qui che entra in gioco il concetto di smart district heating: una rete intelligente e bidirezionale, paragonata a un vero “internet del calore”, in cui gli edifici non sono più solo utenti passivi ma diventano nodi attivi. Possono prelevare energia quando serve o restituirla al sistema quando ne hanno in eccesso, grazie anche all’impiego di pompe di calore su larga scala e tecnologie digitali per la gestione in tempo reale dei flussi termici.

Il teleriscaldamento di quarta generazione non è solo un miglioramento tecnico, ma una rivoluzione culturale ed ecologica: un’infrastruttura chiave per la decarbonizzazione del riscaldamento urbano e per costruire città davvero intelligenti, in cui la cooperazione tra edifici, impianti e reti dà vita a una simbiosi energetica capace di ridurre le emissioni e valorizzare ogni risorsa disponibile.

La rivoluzione silenziosa: dal teleriscaldamento tradizionale al 4.0

panorama di Firenze

In un contesto in cui l’emergenza climatica e l’efficienza energetica non sono più opzioni ma priorità, il concetto di teleriscaldamento 4.0 fa la sua comparsa con forza. Non più solo tubazioni che trasportano acqua bollente da un’unica centrale ai palazzi, ma vere e proprie reti di teleriscaldamento a bassa temperatura, intelligenti e bidirezionali. Parliamo di reti in cui edifici, impianti e rete stessa dialogano in modo dinamico, e sono così in grado di sfruttare pompe di calore su larga scala, recuperi di scarto e fonti rinnovabili. È il passaggio da un modello centralizzato e fossile-dipendente ad uno distribuito, flessibile, integrato nella smart city. Enti di ricerca come Ricerca sul Sistema Energetico (RSE) individuano nelle reti termiche la modalità che meglio di altre consente l’introduzione di fonti rinnovabili e calore di scarto nel riscaldamento urbano.

I limiti delle vecchie reti: alte temperature e fonti fossili

Fino alle reti di 1ª, 2ª e 3ª generazione, la logica impiantistica era chiara: l’acqua circolava a temperature elevate, spesso oltre i 100 °C, per poi raffreddarsi leggermente e tornare al polo di generazione. Tale modus operandi richiedeva grandi centrali alimentate a combustibili fossili o da inceneritori, con conseguenti elevati consumi, perdite di rete significative e scarso sfruttamento di fonti locali. Ad esempio, studi e guide tecniche segnalano che nelle reti convenzionali le perdite annuali possono raggiungere il 20-30 % dell’energia prodotta se la densità della domanda è bassa.

Questo modello comportava:

  • alta dipendenza da gas, carbone o inceneritore;
  • limitata integrazione di fonti rinnovabili o di recupero;
  • grandi temperature d’esercizio, maggiori costi di isolamento degli scambi e tubazioni;
  • limitata flessibilità nell’integrazione degli edifici come attori attivi nella rete.

Il cambio di paradigma: lavorare a bassa temperatura

L’innovazione del teleriscaldamento 4.0 risiede essenzialmente nel ribaltamento delle temperature operative: portare le reti a funzionare con acqua tra i 50-70 °C, o anche meno nelle evoluzioni future. Questo abbassamento comporta una drastica riduzione delle dispersioni di calore nelle tubazioni e, soprattutto, spalanca la porta all’utilizzo sistematico di fonti di calore rinnovabili e di scarto, fino ad oggi difficilmente integrabili con sistemi ad alta temperatura. La stessa RSE evidenzia che nelle sue analisi territoriali è stato possibile modellizzare reti di nuova generazione che prevedono un abbassamento delle temperature di funzionamento (centrale 4° generazione).

Lavorare a bassa temperatura significa anche che gli edifici possono diventare nodi attivi: non solo fruitori, ma anche cedenti di calore (ad esempio restituendo calore residuo o scarti termici), e che le pompe di calore possono operare in modo più efficiente. In questo modo la rete diventa davvero una struttura intelligente, in cui la domanda e l’offerta si intrecciano, e in cui il teleriscaldamento 4.0 non è più solo un upgrade tecnico, ma un nuovo paradigma urbano.

Le miniere di calore urbano: le 4 fonti chiave per le reti di nuova generazione

Le città nascondono risorse energetiche finora poco sfruttate: industria, infrastrutture, acque, sole. Le reti termiche moderne stanno finalmente imparando a coglierle grazie al recupero del calore di scarto, trasformando flussi termici diffusi, prima considerati spreco, in energia utile. Iniziative europee come REWARDHeat puntano proprio a dimostrare come le reti di nuova generazione possano integrare più fonti a bassa temperatura, migliorando efficienza, flessibilità e sostenibilità. Questo approccio consente non solo di diminuire la dipendenza dai combustibili fossili ma di costruire una vera “miniera” urbana di calore, capace di alimentare il riscaldamento e raffrescamento delle città in modo intelligente e integrato.

1. Il calore industriale e dei data center

Una fonte importante è costituita dalle grandi infrastrutture industriali e dai server farm. Qui il calore da data center e quello prodotto nei cicli di raffreddamento industriale rappresentano un flusso termico costante e affidabile che può essere utilizzato dalle reti di nuova generazione. In questo contesto il recupero del calore di scarto diventa strategico perché trasforma un’emergenza energetica in risorsa. Come? Anziché disperdere il calore, lo si immette in rete a bassa temperatura, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili.

2. Il calore geotermico e idrotermico di superficie

Un’altra “miniera” è il calore da acque reflue e da falde acquifere, laghi o fiumi. Grazie all’uso di pompe di calore su larga scala è possibile estrarre energia termica da sistemi idrici superficiali o sotterranei e integrarla nelle reti urbane. In questo modo il sistema sfrutta fonti naturali finora poco valorizzate, ampliando la palette del riscaldamento urbano con soluzioni a basso impatto.

3. Il calore delle infrastrutture: metropolitane e acque reflue

Le infrastrutture urbane, come le linee ferroviarie sotterranee o le reti fognarie, rilasciano calore in modo continuo. Recuperare energia termica dai flussi d’aria delle stazioni o dai liquami significa sfruttare il recupero del calore di scarto urbano. In particolare il teleriscaldamento da metropolitana evidenzia come anche il trasporto pubblico contribuisca a diventare un generatore di energia.

4. Il solare termico su larga scala

Infine, l’integrazione di grandi campi di solare termico su scala urbana permette di immettere direttamente nella rete termica più calore da fonte rinnovabile. In combinazione con le altre fonti, questo tipo di impianto rafforza l’architettura delle reti intelligenti, ampliando l’offerta termica pulita e abbassando ulteriormente l’uso di combustibili fossili.

I casi studio italiani: dove l’internet del calore è già realtà

L’Italia sta rapidamente diventando un laboratorio concreto per il teleriscaldamento di nuova generazione. Grazie all’espansione delle reti di teleriscaldamento a bassa temperatura e all’adozione di modelli intelligenti e interconnessi, città come Torino, Brescia e Milano mostrano come il concetto di “internet del calore” stia prendendo forma anche in Italia. Secondo l’Associazione Italiana Riscaldamento Urbano (AIRU), attualmente operano più di 430 reti nel Paese, con una volumetria riscaldata che supera quasi 400 milioni m³, corrispondente a circa 1 365 000 appartamenti equivalenti serviti. Nei casi che seguono, si mettono in evidenza tre esperienze concrete in cui la cooperazione tra sistema urbano, infrastrutture e fonti di calore che altrimenti andrebbero perse dimostra la trasformazione della rete urbana termica in una piattaforma efficiente e sostenibile.

Torino: il teleriscaldamento nel cuore della città metropolitana

Nel grande progetto della Iren Energia la rete di teleriscaldamento dell’area metropolitana di Torino (che comprende i comuni di Torino, Beinasco, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Nichelino e Rivoli) copre una volumetria attorno ai 77,9 milioni di m³ allacciati, serve oltre 519 000 abitanti e utilizza circa 2 230 GWh/anno di energia immessa nella rete.

La rete è alimentata per oltre il 90 % mediante impianti di cogenerazione e termovalorizzatori, riducendo significativamente l’uso di combustibili fossili. In questo contesto, non si tratta più solo di “trasportare calore” ma di costruire un vero modello di smart district heating, in cui l’infrastruttura urbana agisce come piattaforma dinamica per la distribuzione efficiente, integrata e intelligente dell’energia termica.

Brescia: il calore recuperato per la pasta

Nella zona di Brescia, l’azienda A2A S.p.A. gestisce un sistema in cui il calore residuo della rete urbana di teleriscaldamento viene ceduto a un pastificio per alimentare i suoi processi produttivi. Questo esempio illustra come la rete termica non solo riscaldi edifici residenziali e commerciali, ma possa diventare un fattore attivo di competitività industriale, valorizzando il concetto di recupero del calore di scarto all’interno dell’ecosistema urbano‑industriale.

Milano: i progetti pilota dalla metropolitana e dalla falda

A Milano, la rete termica avvia progetti pilota che sfruttano flussi termici tipici della grande città. Da un lato il calore generato dalle gallerie della linea M5 (metropolitana di Milano), dall’altro il calore estratto da falde acquifere mediante pompe di calore su larga scala. Queste iniziative sperimentali mostrano come la mobilità urbana, le infrastrutture sotterranee e le risorse naturali urbane possano integrarsi, trasformando ambienti urbani in sistemi termici attivi e connessi.

Confronto tra le generazioni di teleriscaldamento

L’evoluzione delle reti di teleriscaldamento mostra un chiaro percorso di innovazione tecnologica e sostenibilità. Dalle prime generazioni ad alta temperatura, dipendenti quasi esclusivamente dai combustibili fossili, fino alle reti di quarta e quinta generazione, il sistema urbano di riscaldamento è diventato sempre più efficiente, flessibile e integrato con fonti rinnovabili e di recupero. La tabella seguente riassume le caratteristiche principali di ciascuna generazione, evidenziando temperatura operativa, fonte primaria, efficienza e flessibilità.

GenerazionePeriodoTemperatura OperativaFonte Energetica PrimariaEfficienza e Perdite di ReteFlessibilità
2ª Gen.1930-1980Alta (>100°C)Carbone, olio combustibile, inceneritori.Bassa, con alte perdite.Molto bassa (monodirezionale).
3ª Gen.1980-OggiMedia (80-100°C)Gas naturale (cogenerazione), biomasse.Media, con perdite medie.Bassa (monodirezionale).
4ª Gen.OggiBassa (50-70°C)Mix di fonti: calore di scarto, geotermia, solare termico, pompe di calore.Alta, con basse perdite.Alta (rete intelligente e digitalizzata).
5ª Gen.FuturoMolto Bassa (temperatura ambiente)Stesse fonti della 4ª Gen, ma con reti bidirezionali dove ogni edificio è un “prosumer”.Altissima, con perdite bassissime.Massima (scambio di calore tra edifici).

Verso la 5ª generazione

L’evoluzione successiva, già in fase di sperimentazione, è il teleriscaldamento di 5ª generazione: queste reti operano a temperatura ambiente (ca. 10‑20 °C) e funzionano come un vero «circuito di scambio» urbano. Un edificio che necessita raffrescamento (per esempio un grande supermercato) cede il proprio calore in eccesso alla rete, mentre un altro edificio vicino che ha bisogno di riscaldamento lo preleva, utilizzando una piccola pompa di calore per portarlo alla temperatura desiderata. È il modello definitivo di simbiosi energetica urbana.

Le reti 5GDHC (fifth‑generation district heating and cooling) permettono l’integrazione di calore a bassa temperatura, recupero di flussi termici urbani e scambio bidirezionale tra edifici: il flusso termico diventa attivo, non più solo unidirezionale. Progetti europei in corso, come ALPHA, si propongono di accelerare l’adozione delle soluzioni 5GDHC nelle regioni alpine, sviluppando modelli standardizzati e quadro normativo per questa generazione di reti.

Lo sapevi? Nel progetto FLEXYNETS dell’Unione Europea, le reti di quinta generazione che funzionano a temperature “neutrali” (circa 15‑20 °C) hanno permesso una riduzione delle perdite di calore fino al 75 % rispetto ai sistemi tradizionali.

In sintesi

Il teleriscaldamento di nuova generazione rappresenta una vera rivoluzione per le città. Dalle reti a bassa temperatura che valorizzano il recupero del calore di scarto, fino ai sistemi intelligenti e bidirezionali della quinta generazione, ogni innovazione aumenta efficienza, sostenibilità e flessibilità urbana. Queste tecnologie trasformano il calore altrimenti disperso in risorsa preziosa, dimostrando che è possibile conciliare comfort, economia e ambiente, aprendo la strada a città più verdi e resilienti.

Video: 4GDHC versus 5GDHC a Roma

Il video presenta un’analisi dei costi del teleriscaldamento di quarta e quinta generazione a Roma, confrontando le due soluzioni sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento. Mostra come le reti 5G, pur richiedendo investimenti iniziali maggiori, possano offrire maggiore efficienza e flessibilità nella gestione del calore urbano rispetto alle reti 4G.

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Rosaria De Benedictis

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