Le cover crops proteggono il suolo, migliorano la fertilità e favoriscono il sequestro di carbonio, rendendo l’agricoltura più sostenibile e resiliente: ecco come.
Le cover crops, o colture di copertura, sono piante che non vengono seminate per essere raccolte, bensì per proteggere e rigenerare il suolo tra un ciclo produttivo e l’altro. A oggi sono un potente alleato della natura e dell’agricoltura sostenibile, perché? A prima vista possono sembrare semplici distese di erba o trifoglio, ma sotto la superficie agiscono come una vera rete ecologica che nutre, consolida e purifica la terra.
Nate come risposta concreta alle sfide poste dal cambiamento climatico e dal degrado del terreno, le cover crops rappresentano oggi un pilastro dell’agricoltura rigenerativa. Il loro ruolo va ben oltre il tradizionale concetto di “sovescio”: non si limitano a fornire nutrienti, ma contribuiscono a migliorare la struttura del suolo, a trattenere l’acqua, e a limitare l’erosione causata da piogge o vento.
Le radici di queste piante, spesso fitte e profonde, lavorano in silenzio per aerare e stabilizzare gli strati di terreno, creando canali naturali che facilitano la penetrazione dell’acqua e la vita dei microrganismi. Alcune specie, in particolare le leguminose, hanno un superpotere: riescono a fissare l’azoto atmosferico e a restituirlo al suolo in forma biodisponibile, riducendo così la dipendenza dai fertilizzanti chimici.
Ma il contributo più prezioso delle colture di copertura arriva quando la loro biomassa si decompone: quel tappeto vegetale diventa humus, arricchendo la terra di sostanza organica e trasformandola in un pozzo di carbonio naturale o carbon sink. In questo modo, le cover crops non solo migliorano la fertilità, ma aiutano anche a catturare CO₂ dall’atmosfera, contribuendo concretamente alla mitigazione del cambiamento climatico.
La scienza del suolo vivo: perché lasciarlo nudo è un errore

Spesso pensiamo al suolo come a una semplice superficie dove piantare e raccogliere, ma in realtà è un ecosistema vivo che merita cura e lasciarlo nudo equivale a danneggiarne la funzionalità. Quando il terreno resta scoperto dopo un raccolto, perde l’occasione di rigenerarsi: le piante che lo rivestono contribuiscono in modo determinante a migliorare la fertilità del suolo e a mantenere quell’equilibrio che consente alle colture successive di prosperare.
Secondo il CREA (Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente), molti suoli agricoli italiani sono a rischio: la ricerca punta a incrementare la funzione idraulica del suolo, aumentare la sostanza organica e favorire il sequestro di carbonio. In assenza di copertura, il terreno subisce un degrado progressivo che riduce la capacità di assorbimento dell’acqua, favorisce l’erosione, indebolisce la vita microbica e compromette la capacità di sostentamento delle colture future.
Il suolo come un ecosistema: la funzione della rizosfera
La rizosfera, ossia la zona del suolo immediatamente intorno alle radici, è un hub vitale di scambi: le radici rilasciano esudati che alimentano microrganismi utili, che a loro volta rendono disponibili nutrienti alle piante. Quando le piante rimangono nel terreno (come nelle colture di copertura adottate nell’ambito dell’agricoltura rigenerativa), mantengono attiva questa dinamica. Le radici esplorano il suolo, migliorano la struttura e stimolano la proliferazione di batteri, funghi e altri organismi che contribuiscono a un miglior ciclo dei nutrienti. Così, coprire il suolo significa non solo proteggerlo, ma nutrirlo dall’interno.
I danni del suolo nudo: erosione, compattazione e perdita di carbonio
Lasciato scoperto, il suolo subisce attacchi diretti: la pioggia impatta senza filtro vegetale, scava solchi, favorisce lo scorrimento superficiale e l’erosione. Il CREA segnala che la perdita di “ritenzione idrica totale” dei suoli italiani è dell’ordine del 35% rispetto agli anni ’50. Inoltre, l’assenza di vegetazione favorisce la compattazione della superficie: questo ostacola la percolazione dell’acqua e riduce la capacità del suolo di accumulare risorse. Infine, senza radici e copertura, la sostanza organica degrada più rapidamente, il suolo perde capacità di sequestrare carbonio e si riduce la sua fertilità a lungo termine: non solo calo della produttività, ma anche perdita di un servizio ecosistemico fondamentale.
Le 3 grandi famiglie di cover crops e le loro funzioni
Le colture di copertura giocano un ruolo cruciale nel miglioramento della struttura fertile del terreno, favorendo l’accumulo della materia organica del suolo e offrendo, se ben scelte, funzionalità complementari in un vero e proprio mix di cover crops. Come specifica anche FeberBio, in agricoltura biologica, queste piante non raccolte vengono utilizzate strategicamente per proteggere il suolo, incrementarne la fertilità e sostenere i processi produttivi in modo sostenibile
1. Le graminacee (segale, avena, orzo): le “costruttrici” del suolo
Le graminacee, come la segale, l’avena o l’orzo, agiscono come vere “costruttrici” del terreno. Il loro apparato radicale fascicolato sviluppa una fitta rete che contribuisce a stabilizzare il suolo, a incrementare la porosità e a migliorare la sua struttura fisica. In questo modo prevengono l’erosione causata da pioggia o vento e migliorano la capacità del terreno di assorbire l’acqua e i nutrienti.
2. Le leguminose (veccia, favino, trifoglio): le “fabbriche” di azoto
Le leguminose, come la veccia, il favino o il trifoglio, funzionano come vere e proprie “fabbriche” di azoto grazie al fenomeno dell’azotofissazione: in simbiosi con batteri radicali specializzati esse fissano l’azoto atmosferico e lo rendono disponibile al suolo. Questo arricchisce naturalmente il terreno di fertilizzanti “interni”, favorendo la crescita delle colture successive e riducendo la necessità di concimi chimici.
3. Le brassicacee (senape, rafano): le “bio-disinfestanti”
Le brassicacee, quali la senape o il rafano, svolgono un ruolo meno noto ma importante: sono le “bio-disinfestanti”. Le loro radici fittonanti penetrano profondamente nel suolo, decompattando gli strati più densi (effetto “bio-drilling”). Inoltre rilasciano composti che possono contrastare nematodi e altri organismi problematici, contribuendo alla gestione biologica del suolo senza ricorrere a trattamenti invasivi.
Dal seme al sovescio: la gestione pratica delle cover crops
Gestire correttamente le colture di copertura significa accompagnarle lungo tutto il loro ciclo, dal momento della semina fino alla terminazione. Ogni fase, dalla scelta del periodo di semina alla composizione del miscuglio, fino al modo in cui la coltura viene interrotta, contribuisce a costruire un suolo più fertile e resiliente. Questo permette di restituire al terreno sostanza organica, azoto e protezione naturale dagli agenti esterni.
La semina autunnale: proteggere il suolo durante l’inverno
Seminare le cover crops in autunno significa proteggere il suolo nei mesi più vulnerabili. Con l’arrivo delle piogge e del freddo, il terreno rischia di restare nudo, esposto all’erosione e al dilavamento dei nutrienti. Una copertura vegetale attiva composta da graminacee, leguminose o brassicacee crea invece una barriera naturale che mantiene la struttura del suolo, favorisce la ritenzione idrica e riduce la perdita di azoto. In più, il sistema radicale di queste piante continua a lavorare sottoterra, migliorando la porosità e stimolando la vita microbica anche durante la stagione fredda.
I “cocktail” di sementi: perché mischiare è meglio
Un mix di cover crops consente di ottenere più benefici contemporaneamente. Combinando graminacee, leguminose e brassicacee, si crea un equilibrio tra piante che stabilizzano il terreno, fissano azoto e migliorano la struttura profonda. Le radici sottili delle graminacee prevengono l’erosione, le leguminose arricchiscono il terreno grazie all’azotofissazione, e le brassicacee svolgono un’azione di bio-disinfestazione naturale contro nematodi e patogeni. Questo “cocktail verde” genera un piccolo ecosistema resiliente, in cui ogni specie sostiene l’altra e contribuisce a una rigenerazione del suolo più efficace
La terminazione: quando e come interrompere la coltura
La fase finale della gestione è la terminazione: il momento in cui si interrompe la crescita della coltura di copertura per preparare il terreno alla successiva semina. Le tecniche più diffuse sono tre.
- Il sovescio, che consiste nell’interrare la biomassa per restituire sostanza organica al terreno e favorire la mineralizzazione.
- L’allettamento tramite rulli (roller crimper), usato per schiacciare e interrompere la vegetazione lasciandola come pacciamatura superficiale.
- Il semplice sfalcio, ideale per chi vuole mantenere parte della biomassa come copertura temporanea.
La scelta dipende dal tipo di coltura, dal clima e dall’obiettivo agronomico: che si tratti di aumentare la fertilità, migliorare la struttura o ridurre l’evaporazione, ogni metodo influisce in modo diverso sulla rigenerazione del terreno.
Benefici a confronto
Di seguito è presentata una tabella che riassume in maniera chiara i principali benefici delle colture di copertura, evidenziando il loro contributo al sequestro di carbonio nel suolo, oltre ai meccanismi agronomici specifici e agli impatti economici e ambientali a lungo termine per l’azienda agricola.
| Beneficio Chiave | Meccanismo Specifico | Impatto Economico e Ambientale a Lungo Termine per l’Azienda Agricola |
| Miglioramento della Fertilità del Suolo | Le leguminose fissano l’azoto atmosferico, mentre la decomposizione della biomassa rilascia nutrienti essenziali nel terreno. | Riduzione stimata del 50-70% dei costi associati all’acquisto di fertilizzanti azotati di sintesi. |
| Sequestro di Carbonio | Attraverso la fotosintesi, la CO₂ viene catturata dall’atmosfera e convertita in biomassa radicale e aerea, arricchendo il suolo di sostanza organica. | Aumento significativo della resilienza del suolo ai cambiamenti climatici e potenziale accesso al mercato dei crediti di carbonio, generando nuove fonti di reddito. |
| Gestione Ottimizzata delle Risorse Idriche | Le radici delle cover crops creano canali che favoriscono l’infiltrazione dell’acqua, mentre la copertura vegetale riduce l’evaporazione superficiale. | Incremento della capacità di ritenzione idrica del suolo, rendendo le coltivazioni più resilienti ai periodi di siccità e riducendo la necessità di irrigazione. |
| Controllo Naturale delle Infestanti | La densa copertura delle cover crops (“effetto ombreggiante”) soffoca la crescita delle erbe spontanee indesiderate. | Diminuzione dei costi per l’acquisto di erbicidi e per le operazioni di lavorazione meccanica del terreno. |
| Aumento della Biodiversità | I fiori delle cover crops attraggono e supportano popolazioni di insetti impollinatori e altri insetti utili all’agroecosistema. | Miglioramento generale della salute dell’ecosistema agricolo, con una potenziale riduzione dell’incidenza di parassiti e una maggiore stabilità biologica. |
Il ruolo delle cover crops nella PAC
La nuova Politica Agricola Comune (PAC) dell’Unione Europea incentiva fortemente le pratiche agricole sostenibili attraverso gli “eco-schemi”, ovvero misure che riconoscono un pagamento aggiuntivo per superficie alle aziende agricole che adottano azioni a beneficio dell’ambiente e del suolo. L’adozione delle colture di copertura rientra esplicitamente in alcune di queste misure: in particolare viene riconosciuta quando si impegna a non lasciare i terreni nudi nel periodo invernale, contribuendo così al miglioramento della fertilità del terreno e al sequestro di carbonio nel suolo.
Secondo l’ONG DEAFAL (Delegazione per l’Agricoltura Familiare in America Latina, attiva anche in Italia nella formazione sull’agricoltura rigenerativa) le metodologie rigenerative basate sulle cover crops aumentano la resilienza del suolo e contribuiscono a rendere le aziende più pronte a beneficiare degli incentivi previsti dalla PAC. In questo contesto, l’incentivo economico per ettaro garantito dall’eco-schema costituisce un’accelerazione concreta della diffusione di queste pratiche virtuose: non si tratta solo di migliorare la produttività o la fertilità, ma anche di allinearsi alle politiche europee sulla sostenibilità ambientale e sul clima.
Lo sapevi? Alcune aziende agricole italiane stanno sperimentando “mix dinamici” di cover crops composti anche da dieci specie diverse. Queste combinazioni vengono scelte in base al clima e al tipo di terreno, e riescono a catturare fino a cinque volte più carbonio rispetto a un terreno lasciato nudo per tutta la stagione invernale.
In sintesi
Le cover crops rappresentano uno strumento semplice ma potente per rigenerare il suolo, migliorare la fertilità, trattenere l’acqua e favorire il sequestro di carbonio nel suolo. Grazie all’adozione di mix di graminacee, leguminose e brassicacee, gli agricoltori possono proteggere i terreni, ridurre l’uso di fertilizzanti chimici e contribuire alla resilienza climatica. È una strategia che coniuga sostenibilità, produttività e innovazione, dimostrando che prendersi cura della terra può portare benefici concreti e duraturi per l’ambiente e per l’agricoltura stessa.
Video: La scienza della salute del suolo: cover crops e umidità
Il video spiega come nessun sistema colturale sia completamente resistente alla siccità, ma che esistono strategie per ridurne gli effetti. Il Dr. Chris Reberg-Horton della North Carolina State University illustra come le cover crops influenzano la gestione dell’acqua nel suolo durante tutto il ciclo di vita della coltura principale, aiutando a conservare l’umidità e a rendere le coltivazioni più resilienti agli anni secchi.




