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Calano i consumi, aumentano le emissioni

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Dati Enea relativi al 2022 evidenziano la difficile strada della transizione energetica, tra crisi del mercato energetico e aumento dell’utilizzo di carbone e olio combustibile. È fondamentale un’inversione di rotta, a cominciare dall’efficienza energetica. 

Calano i consumi energetici, ma crescono le emissioni inquinanti nell’ambiente. Le rilevazioni 2022 di Enea evidenziano le difficoltà della transizione energetica nel nostro Paese pur a fronte della grande attenzione dedicata al tema nel dibattito pubblico. In un anno caratterizzato dalla crisi dei mercati di gas ed elettricità, con l’impennata dei prezzi dovuta allo scoppio della guerra in Ucraina, i consumi energetici sono calati del 3% (contro una media europea del – 4%) soprattutto a causa del crollo nell’ordine del 12% registrato nel quarto trimestre. A livello di fonti primarie, il calo dei consumi è il risultato di un minor impiego di gas (-10%) e fonti rinnovabili (-12%), anche a fronte di un maggior ricorso a petrolio (+5,5%) e carbone (+29%). 

Transizione energetica in regresso a causa del maggior utilizzo di carbone e olio combustibile 

Lo scorso anno è cresciuta, anche se di un solo punto, la quota delle fonti rinnovabili sul totale di energia prodotta (20%), ma di pari passo è crollato del 54% l’indice Ispred elaborato da Enea per misurare la transizione energetica sulla base dell’andamento di prezzi, emissioni e sicurezza. Una performance dovuta in particolar modo alle componenti prezzi e decarbonizzazione, mentre è stato modesto il regresso della componente sicurezza. Non solo. Il 2022 ha visto crescere anche le emissioni di anidride carbonica, per quanto di un modesto 0,5%. Ma è il segno più a fare specie e a indicare i problemi che caratterizzano l’Italia nel cammino verso la transizione energetica. L’aumento delle emissioni inquinanti è imputabile, in primo luogo, al maggior utilizzo di carbone e olio combustibile nel termoelettrico (+ 60%), che ha più che compensato la forte contrazione del gas naturale. In contrasto con la tendenza degli ultimi anni, l’aumento delle emissioni ha riguardato solo i settori Ets (generazione elettrica ed energivori, +5,5%), mentre sono diminuite del 2,5% quelle degli altri comparti (civile, trasporti, agricoltura, rifiuti e piccola industria).

Innovazione e ricerca sui materiali sono fondamentali per la transizione energetica 

Segnali positivi emergono sul fronte delle tecnologie low-carbon, in particolare per la mobilità elettrica: i dati più aggiornati sui brevetti per accumulatori e sistemi di ricarica mostrano per l’Italia un lieve recupero dello svantaggio accumulato rispetto alle altre grandi economie del Vecchio Continente, con un miglioramento anche nell’interscambio commerciale dei veicoli elettrici. Quest’ultimo indicatore sta a evidenziare l’importanza di puntare sul progresso tecnologico e nella ricerca sui materiali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Tra i settori che maggiormente saranno chiamati a una svolta nei prossimi anni ci sono gli edifici, che nelle città europee producono il 40% di tutte le emissioni inquinanti. La direttiva europea per le case green potrà essere soggetta a rimodulazioni nel corso del confronto tra istituzioni comunitarie, prima che si arrivi alla stesura definitiva, ma il suo impianto di base non dovrebbe subire scossoni e darà una forte accelerazione alla transizione energetica degli edifici. Su questo fronte sarà utilissimo l’Indice di sostenibilità economica e ambientale (Isea) messo a punto da Enea per calcolare l’impatto energetico, economico e ambientale dei diversi materiali isolanti utilizzati nel cappotto termico, in funzione della tipologia di edificio e della fascia climatica. Un punto di partenza per mettere a punto soluzioni innovative sul fronte dell’efficienza energetica in ambito immobiliare. “Quanto all’impatto economico – inteso come rapporto tra il costo iniziale dell’opera e il conseguente risparmio associato alla riduzione dei consumi – i materiali naturali presentano un valore più alto in ogni zona climatica, per via del maggiore costo iniziale stimato”, sottolinea il ricercatore Flavio Scrucca. L’indice messo a punto ha però consentito di evidenziare come, considerando sia l’aspetto economico che ambientale, la convenienza dei materiali naturali cresca con l’aumentare del fabbisogno energetico degli edifici, quindi nelle zone climatiche più fredde, risultando paragonabile con quella dei materiali isolanti tradizionali.

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