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Il Cemento “Vivente”: come i batteri creano il calcestruzzo autoriparante che allunga la vita degli edifici

Persone che stendono cemento per una pavimentazione
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Un materiale che si ripara da sé grazie alla tecnologia biomimetica: un’innovazione che rivoluziona il calcestruzzo e apre nuove prospettive per un’edilizia più sostenibile e durevole.

Il calcestruzzo autorigenerante è un biocemento sta rivoluzionando il mondo delle costruzioni. Questo materiale innovativo contiene spore di batteri dormienti e micro-capsule di nutrienti che si attivano solo quando si formano micro-crepe. L’acqua che penetra in queste fessure risveglia i batteri, che iniziano a nutrirsi e a produrre calcare (carbonato di calcio), sigillando così la crepa dall’interno. Ispirato al meccanismo naturale di autoriparazione delle ossa, questo processo biomimetico può aumentare la vita utile di edifici e infrastrutture di oltre il 50%.

I benefici sono evidenti: riduzione drastica dei costi di manutenzione, maggiore sicurezza delle strutture e minore impatto ambientale grazie alla riduzione della produzione di nuovo cemento per le riparazioni. La tecnologia, sviluppata nei laboratori dell’Università di Delft, ha già ottenuto riconoscimenti internazionali e sta iniziando le prime applicazioni commerciali con progetti pilota in tutto il mondo. Ma scopriamo di più sul cemento “vivente”, le sue applicazioni, i benefici e non solo.

Il tallone d’Achille del calcestruzzo: perché le micro-crepe sono un problema da miliardi di euro

Cemento in una betoniera

Le micro-crepe rappresentano il principale punto debole del calcestruzzo tradizionale. Queste fessurazioni invisibili possono compromettere la sicurezza delle strutture e causare gravi problemi economici legati alla manutenzione. Comprendere come queste micro-crepe influiscono sulla durabilità delle infrastrutture e sui costi di riparazione è essenziale per valutare l’importanza de materiali da costruzione innovativi come il cemento autoriparante.

Le micro-crepe: porte d’accesso per il degrado

Le micro-crepe si formano naturalmente nel calcestruzzo a causa di:

  • stress meccanici,
  • carichi pesanti,
  • vibrazioni e variazioni termiche giornaliere o stagionali.

Anche piccoli cedimenti strutturali o assestamenti del terreno possono contribuire alla loro comparsa. Queste fessurazioni, spesso invisibili a occhio nudo, diventano veri e propri punti di ingresso per acqua, agenti chimici e sostanze corrosive, innescando processi di degrado più complessi all’interno della struttura. L’accumulo di danni nel tempo può compromettere la sicurezza dell’infrastruttura e aumentare la necessità di interventi di manutenzione dei ponti e altre strutture, e questo rende costose e frequenti le riparazioni. Inoltre, la presenza di micro-crepe può ridurre la durabilità del calcestruzzo, accelerare la corrosione delle armature interne e generare problemi strutturali più seri se non monitorata e gestita correttamente.

Il circolo vizioso: acqua, gelo e corrosione dell’acciaio

Quando l’acqua riesce a penetrare nelle micro-crepe del calcestruzzo, inizia un vero e proprio circolo vizioso di degrado. Durante l’inverno, l’acqua si espande con il gelo, esercitando pressione sulle pareti della fessura e allargando progressivamente la crepa. Questo fenomeno non solo danneggia ulteriormente il calcestruzzo, ma accelera anche la corrosione delle barre di armatura interne. La corrosione provoca un rigonfiamento del metallo, che a sua volta fa staccare il calcestruzzo circostante, noto come “copriferro”. Il distaccamento del calcestruzzo compromette la protezione delle armature e riduce la capacità portante della struttura. Con il tempo, se questo processo non viene interrotto, la sicurezza dell’intera infrastruttura può essere seriamente compromessa, aumentando drasticamente la necessità di interventi di manutenzione straordinaria e le relative spese.

I costi nascosti della manutenzione

Secondo quanto riportato dalla Commissione Europea, la manutenzione delle infrastrutture stradali e ferroviarie in Europa rappresenta una voce di spesa significativa per i governi e le amministrazioni locali. Si stima che la sola manutenzione di ponti e viadotti in Europa costi oltre 60 miliardi di euro all’anno. Gran parte di questa spesa è legata proprio al degrado del calcestruzzo armato.

Investire in materiali da costruzione innovativi, come il cemento autoriparante, può contribuire a ridurre questi costi, migliorando la durabilità delle infrastrutture e diminuendo la necessità di interventi di manutenzione straordinaria. Questi approcci innovativi non solo prolungano la vita utile delle strutture, ma offrono anche vantaggi economici e ambientali significativi, con un notevole risparmio di calcestruzzo.

Come funziona la magia: i batteri “muratori” al lavoro

Il calcestruzzo autoriparante non è magia, ma una sofisticata combinazione di scienza e biotecnologia. Alla base di questa innovazione ci sono i batteri nel calcestruzzo, che agiscono come veri e propri muratori invisibili, pronti a intervenire solo quando si formano fessure. Questo approccio permette alle strutture di autoripararsi, aumentando la durabilità e riducendo la necessità di costose manutenzioni, come stiamo per vedere nel dettaglio.

Gli ingredienti del “Biocemento”

Gli ingredienti chiave sono due: i batteri e il loro nutrimento.

  • I batteri: nel cuore del biocemento ci sono le spore del genere Bacillus, come ad esempio Bacillus cohnii. Questi microrganismi sono selezionati per la loro straordinaria resistenza: possono sopravvivere per decenni in ambienti altamente alcalini e privi di ossigeno, condizioni normalmente letali per altri tipi di batteri. Le spore restano “dormienti” all’interno del calcestruzzo, senza consumare risorse, fino a quando una micro-crepa non permette all’acqua di raggiungerle. A quel punto, si attivano, pronte a produrre calcare e a sigillare la fessura dall’interno. La scelta di spore così robuste è cruciale, perché garantisce che il calcestruzzo possa autoripararsi anche dopo anni di utilizzo, mantenendo la sua integrità strutturale.
  • Il nutrimento: per permettere ai batteri di svolgere il loro lavoro, all’interno del calcestruzzo vengono inserite micro-capsule di lattato di calcio, incapsulato in polimeri biodegradabili. Queste capsule proteggono il nutrimento fino al momento del bisogno: quando l’acqua penetra nella crepa, i polimeri si sciolgono, liberando il lattato di calcio che alimenta i batteri. Questo sistema assicura che l’autoriparazione avvenga solo al momento giusto e nella zona esatta del danno, ottimizzando l’efficacia e prevenendo sprechi di materiale.

Grazie a questa combinazione di spore durevoli e nutrimento intelligente, il biocemento trasforma il calcestruzzo in un materiale vivo, capace di reagire ai danni e prolungare la vita delle infrastrutture senza interventi esterni.

Il processo di “risveglio” e riparazione in 3 fasi.

Il biocemento autoriparante sfrutta un processo biologico noto come precipitazione microbiologicamente indotta di carbonato di calcio (MICP). Questo fenomeno consente al calcestruzzo di ripararsi autonomamente quando si formano crepe, aumentando la sua durabilità e riducendo la necessità di interventi di manutenzione.

  1. Attivazione: l’ingresso dell’acqua: come spiega la ricerca accademica di Mirco Biologia Italia, quando una micro-crepa si forma nel calcestruzzo, l’acqua penetra nella fessura e scioglie le micro-capsule di lattato di calcio, rilasciando il nutrimento necessario per i batteri. Questo processo innesca il risveglio delle spore batteriche, che si attivano in risposta alla presenza di acqua e nutrienti.
  2. Metabolismo: il consumo del lattato di calcio: una volta attivati, i batteri iniziano a metabolizzare il lattato di calcio rilasciato dalle capsule. Durante questo processo, consumano ossigeno e producono acido lattico, che abbassa il pH locale. Questo ambiente acido favorisce la conversione del lattato di calcio in carbonato di calcio (CaCO₃), un minerale stabile e insolubile.
  3. Precipitazione: la sigillatura della crepa. Come spiega la ricerca sul tema pubblicata su Scientific Reports, il carbonato di calcio prodotto dai batteri precipita nella fessura, formando cristalli che si legano tra loro e con le pareti della crepa. Questo processo sigilla la fessura, ripristinando l’integrità strutturale del calcestruzzo. La precipitazione di carbonato di calcio è un meccanismo naturale che avviene anche in ambienti esterni, come nelle rocce calcari, ma nel biocemento è accelerato e controllato dalla presenza dei batteri.

Calcestruzzo tradizionale vs. autoriparante: un confronto impietoso

La differenza tra il calcestruzzo tradizionale e quello autoriparante va ben oltre la semplice composizione chimica. Come abbiamo visto finora, mentre il primo richiede interventi costanti per mantenere la sua integrità, il secondo sfrutta i batteri nel calcestruzzo per ripararsi autonomamente, offrendo vantaggi significativi in termini di durabilità, sicurezza e sostenibilità.

La tabella seguente confronta le principali caratteristiche dei due materiali, evidenziando i vantaggi misurabili del calcestruzzo autoriparante:

CaratteristicaCalcestruzzo TradizionaleCalcestruzzo AutoriparanteVantaggio Misurabile
Vita Utile Stimata50-80 anni100-150+ anniAumento della durabilità > 50%
Costi di ManutenzioneAlti e continui (ispezioni, riparazioni)Drasticamente ridottiRiduzione fino al -50% dei costi di manutenzione del ciclo di vita
Sicurezza StrutturaleDiminuisce progressivamente con l’invecchiamentoMantenuta più a lungo, auto-preservanteAumento della resilienza e sicurezza nel tempo
Impatto AmbientaleAlto (produzione + riparazioni)InferioreMinore produzione di cemento per riparazioni (-10/15% sul totale del ciclo di vita)
Costo InizialeStandardSuperiore del 20-30%L’investimento iniziale è compensato dai minori costi di manutenzione dopo 10-15 anni.

Henk Jonkers: Il Padre del “Calcestruzzo Vivente”

Dietro la rivoluzione del calcestruzzo autoriparante c’è il microbiologo olandese Henk Jonkers, dell’Università Tecnica di Delft. Negli anni 2000, le sue ricerche hanno gettato le basi per un approccio completamente nuovo alla durabilità delle infrastrutture: materiali da costruzione capaci di intervenire autonomamente per sigillare le proprie micro-crepe, riducendo il degrado e allungando significativamente la vita utile degli edifici.

L’innovazione di Jonkers non è passata inosservata: nel 2015 è stato nominato finalista dell’European Inventor Award, un riconoscimento che celebra le invenzioni con impatto scientifico, industriale e sociale. Questo premio ha contribuito a portare l’attenzione internazionale sul potenziale del biocemento e sul ruolo dei batteri nel migliorare la durabilità delle strutture.

Oggi la commercializzazione su larga scala della sua scoperta è affidata alla Basilisk Self-Healing Concrete, azienda che collabora strettamente con Jonkers e con la TU Delft per attività di ricerca, innovazione e sviluppo di nuove generazioni di prodotti.

La filosofia della Basilisk è chiara: reinventare il calcestruzzo per ridurne l’impatto ambientale, garantendo soluzioni sostenibili e meno costose sul lungo periodo. L’azienda punta a sfidare gli standard consolidati, a ridurre in modo significativo l’impronta di CO₂, a proporre soluzioni cost-neutral con un chiaro business case e a offrire materiali che richiedono meno manutenzione. Il nome stesso, “Basilisk”, si ispira alla lucertola verde capace di camminare sull’acqua: così come l’animale trasforma una minaccia in vantaggio, la tecnologia di Basilisk utilizza l’acqua, normalmente nemica del calcestruzzo, per attivare i batteri e chiudere le crepe, prolungando la vita delle strutture.

Lo sapevi? Le ricerche più recenti della TU Delf hanno dimostrato che le spore batteriche presenti nel calcestruzzo possono attivarsi in risposta all’acqua, produrre carbonato di calcio e sigillare autonomamente le crepe fino a 0,8 mm, anche in condizioni reali di carico e stress. Questi risultati confermano che la tecnologia di Jonkers non è solo teorica: rappresenta un cambiamento concreto nella progettazione di materiali sostenibili e resilienti.

In sintesi

Basilisk rappresenta un esempio concreto di come la tecnologia biomimetica possa trasformare un materiale tradizionale come il calcestruzzo in una risorsa innovativa e sostenibile. Grazie alla ricerca scientifica e alla collaborazione con l’università, l’azienda dimostra che ripensare le basi dell’edilizia significa ridurre l’impatto ambientale e costruire infrastrutture più durature, aprendo la strada a un futuro in cui tecnologia e natura lavorano insieme.

Video: Hendrik Marius Jonkers – Self-healing concrete containing bacteria

Il video presenta un’analisi innovativa condotta dal  biologo specializzato in ingegneria civile Hendrik Marius Jonkers, che guida un gruppo di lavoro sulla sostenibilità.

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Rosaria De Benedictis

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