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Climate change litigation: 5 cause legali in Italia in difesa dell’ambiente

Una manifestazione in difesa dell'ambiente
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In Italia cresce il movimento per la giustizia climatica: cittadini, giovani e associazioni citano in giudizio lo Stato per chiedere azioni concrete contro il cambiamento climatico, proteggendo il territorio e le future generazioni.

La Climate Litigation (o contenzioso climatico) rappresenta uno strumento strategico attraverso cui cittadini, associazioni e ONG cercano di ottenere giustizia climatica. Come? costringendo Stati e aziende a rispondere del loro contributo alla crisi ambientale. A livello globale, il numero di casi supera ormai quota 2.500, con sentenze storiche come quella in Olanda contro Shell che ha imposto all’azienda di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. In Italia, le cause legali sul clima in Italia hanno iniziato a prendere forma in maniera significativa con il caso più emblematico, noto come “Giudizio Universale“, la prima azione legale contro lo Stato per inazione climatica.

Le strategie legali si fondano sul principio che la mancata protezione dell’ambiente e dei diritti connessi alla salute costituisce una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana e da trattati internazionali. Anche senza una vittoria giudiziaria, queste azioni hanno un forte impatto mediatico. Infatti in questo modo aumentano la consapevolezza pubblica ed esercitano pressione su politici e imprese. Ma vediamo nel dettaglio cos’è la Climate Change Litigation, quali sono le più importanti cause in Italia, gli articoli di legge e le sentenze che stanno riscrivendo la storia moderna.

Cos’è la Climate Litigation e perché è l’ultima spiaggia degli attivisti

Manifestazione per il cambiamento climatico

La Climate Litigation nasce come ultima risorsa quando i meccanismi politici e normativi falliscono. Si tratta dell’applicazione del diritto ambientale e delle normative vigenti per affrontare le controversie climatiche Lo scopo è cercare di imporre responsabilità a chi contribuisce significativamente al cambiamento climatico.

La definizione: usare il diritto quando la politica fallisce

Il concetto di Climate Litigation consiste nell’utilizzare i tribunali come strumento di advocacy quando la politica non riesce a rispondere con decisione alla crisi climatica. Attraverso queste azioni legali, cittadini, ONG e movimenti ambientalisti cercano di ottenere decisioni vincolanti che impongano a Stati e imprese di ridurre le emissioni e adottare politiche coerenti con gli obiettivi climatici. La responsabilità climatica delle aziende emerge come punto chiave: molte multinazionali del settore energetico e industriale sono chiamate a rispondere del loro contributo ai cambiamenti climatici e della mancata adozione di misure preventive, nonostante la conoscenza dei rischi già da decenni.

Le due grandi famiglie di cause: contro gli Stati e contro le “Carbon Majors”

Le cause legali sul clima in Italia e nel resto del mondo si dividono principalmente in due grandi famiglie. Da un lato ci sono le azioni contro gli Stati, accusati di inazione governativa rispetto agli impegni presi con l’Accordo di Parigi del 2015. Queste controversie sostengono che non adottare piani concreti di riduzione delle emissioni equivalga a violare diritti fondamentali come salute, ambiente e sicurezza. Un esempio emblematico è la sentenza “Urgenda Foundation v State of the Netherlands” del 2019 della Corte Suprema dei Paesi Bassi. Questa ha obbligato il governo a ridurre le emissioni almeno del 25% entro il 2020, riconoscendo un dovere di protezione verso i cittadini, come vedremo meglio tra poco.

Dall’altro lato vi sono le azioni intentate contro le cosiddette Carbon Majors, ovvero le grandi aziende fossili (come Exxon, Shell, ENI, Chevron), accusate di avere una responsabilità storica per il riscaldamento globale. Queste cause si basano su studi scientifici che dimostrano come un numero limitato di imprese sia responsabile di una quota significativa delle emissioni globali di gas serra. In molti casi, la documentazione interna dimostra che tali aziende erano consapevoli dei rischi climatici già dagli anni ’70, ma hanno continuato a investire in progetti fossili e, in alcuni casi, a finanziare campagne di disinformazione.

Analisi dei 5 casi che stanno definendo la giustizia climatica in Italia

In Italia le cause legali sul clima stanno diventando uno strumento sempre più importante per legare il tema dei diritti umani e clima alle responsabilità di governi e imprese. Questi contenziosi mirano non solo a ottenere sentenze favorevoli, ma anche a costruire consapevolezza sociale e a fare pressione politica. Dai ricorsi collettivi contro lo Stato, alle denunce contro grandi aziende fossili, fino alle battaglie contro pubblicità ingannevoli o nuovi progetti energetici, si sta delineando una vera e propria stagione di giustizia climatica nel nostro Paese.

1. “Giudizio Universale”: lo Stato Italiano alla sbarra

La causa “Giudizio Universale è la prima azione collettiva in Italia contro lo Stato per inazione climatica. E’ promossa dall’ONG A Sud insieme a oltre 200 associazioni, cittadini e persino minori che sostengono che la mancata adozione di misure adeguate per ridurre le emissioni viola diritti umani e clima fondamentali (salute, integrità della vita, futuro delle nuove generazioni). L’azione punta a ottenere un ordine giudiziario che imponga al governo impegni concreti e misurabili per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Dopo una prima fase processuale (con giudizio di merito e successive impugnazioni), il caso ha avuto sviluppi in appello e resta un punto di riferimento per la strategia italiana di contenzioso climatico. Anche se l’esito non è scontato, il procedimento ha già amplificato il dibattito pubblico e spronato iniziative politiche e amministrative.

2. Greenpeace e ReCommon contro ENI: la responsabilità storica

La causa promossa da Greenpeace Italia e ReCommon (con 12 cittadini co-attori) contro ENI è modellata su precedenti europei (es. Milieudefensie vs Shell) e punta a dimostrare la responsabilità storica dell’azienda: documenti, ricerche e inchieste mostrano che molte major conoscevano i rischi climatici da decenni ma hanno continuato a investire in nuovi progetti fossili. L’accusa combina profili di responsabilità civile/tort e violazione di diritti (danno climatico e pregiudizio per la vita e la salute), e mette in discussione la legittimità di politiche aziendali o azionistiche che sostengono transizioni insufficienti. Nel 2024–2025 la questione della giurisdizione (se i tribunali italiani possano o debbano giudicare queste controversie) è stata oggetto di battaglie processuali. Recentemente la Corte di Cassazione italiana ha riaperto la strada al prosieguo del procedimento, segnando un precedente importante per la possibilità di portare in giudizio grandi imprese energetiche in Italia.

3. Il Greenwashing in tribunale: le cause contro le pubblicità ingannevoli

Parallelamente alle azioni civili e costituzionali, cresce il fronte delle contestazioni amministrative e concorrenziali contro il greenwashing legale: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) è intervenuta più volte per sanzionare pratiche pubblicitarie ritenute fuorvianti (per esempio la nota vicenda pubblicitaria su Diesel+ di ENI). Negli ultimi anni l’AGCM ha aperto istruttorie e imposto misure correttive o sanzioni anche a grandi gruppi (e di recente ha investigato brand della moda e della logistica come Shein). Questi procedimenti mirano a tutelare i consumatori, ma producono anche effetti rilevanti sul piano della reputazione aziendale e incentivano standard più stringenti di trasparenza nelle comunicazioni di sostenibilità.

4. I contenziosi locali contro le nuove infrastrutture fossili

Un altro filone importante riguarda i ricorsi amministrativi al TAR promossi da comitati locali, associazioni ambientaliste e talvolta amministrazioni regionali contro autorizzazioni per gasdotti, impianti fossili e opere con impatto ambientale significativo. Il caso del Trans-Adriatic Pipeline (TAP) in Puglia è esemplare: anni di ricorsi, sospensive e pronunce del TAR e di altre sedi amministrative hanno accompagnato (e talvolta rallentato) la realizzazione del progetto, con questioni che spaziano dalla valutazione di impatto ambientale alla tutela di aree agricole e oliveti monumentali. Questi contenziosi mostrano come il diritto amministrativo diventi leva pratica per bloccare o rimodulare infrastrutture fossili a livello locale, esercitando pressione politica e giudiziaria sulle decisioni autorizzative.

5. Il fronte agricolo: le cause per i danni da siccità

Negli ultimi anni la gravità delle ondate di siccità in varie regioni italiane (Sicilia, Sardegna, Puglia e altre) ha generato ingenti danni economici alle campagne e una forte pressione su istituzioni e assicurazioni. Associazioni di categoria come Coldiretti e CIA e singole aziende hanno chiesto indennizzi straordinari e misure di emergenza, con stati di calamità e piani di ristoro attivati a livello regionale e nazionale. I contenziosi giudiziari specifici che citino istituzioni per mancata politica di adattamento sono ancora relativamente pochi come precedenti giuridici consolidati, ma crescono richieste di risarcimento e iniziative collettive. Il quadro è quindi duplice, molte aziende ricorrono ai ristori pubblici e alle procedure amministrative, mentre si aprono le prime riflessioni (e possibilità) su azioni legali che attribuiscano responsabilità per omissione nella gestione delle risorse idriche e delle misure di adattamento. L’evidenza scientifica che collega la maggiore frequenza e intensità delle siccità al cambiamento climatico rende questo terreno giuridico sempre più rilevante nei prossimi anni.

Le armi della difesa: gli articoli di legge più invocati

Il contenzioso climatico in Italia e in Europa non si regge solo sulla mobilitazione sociale, ma trova la sua forza nel ricorso mirato a strumenti giuridici già esistenti. Attivisti, ONG e cittadini che portano avanti queste azioni utilizzano norme costituzionali, principi civilistici e trattati internazionali come veri e propri strumenti di battaglia legale. La giustizia climatica si fonda infatti sull’idea che la crisi climatica non sia soltanto una questione ambientale, ma un problema che coinvolge direttamente i diritti fondamentali dei cittadini e le responsabilità di governi e imprese.

Dalla Costituzione italiana, che sancisce la tutela dell’ambiente e della salute, al Codice Civile con i principi di responsabilità per danno, passando per la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e le norme del Codice del Consumo contro pratiche scorrette e pubblicità ingannevoli, si è formato un arsenale legale versatile e potente. Questi strumenti vengono reinterpretati e adattati dai giudici in chiave contemporanea, aprendo la strada a nuove forme di tutela che uniscono diritti umani e clima.

La tabella seguente sintetizza i principali riferimenti giuridici utilizzati nei tribunali italiani ed europei, evidenziandone l’applicazione pratica e gli esempi più significativi nel campo delle cause legali sul clima in Italia e all’estero.

Base GiuridicaArticolo/Principio ChiaveApplicazione nel Contenzioso ClimaticoEsempio di Utilizzo
Costituzione ItalianaArt. 9 (Tutela ambiente, biodiversità, ecosistemi) e Art. 32 (Diritto alla salute)Si argomenta che l’inazione governativa di fronte alla crisi climatica leda i diritti fondamentali a un ambiente salubre e alla salute dei cittadini.Fondamento della causa “Giudizio Universale”.
Codice CivileArt. 2043 (Risarcimento per fatto illecito) e Art. 2051 (Danno cagionato da cosa in custodia)Si sostiene che le emissioni di un’azienda siano equiparabili a una “cosa” che ha causato un danno (la crisi climatica), rendendo l’azienda responsabile del risarcimento.Base giuridica per la causa intentata contro ENI.
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)Art. 2 (Diritto alla vita) e Art. 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare)Si argomenta che la crisi climatica rappresenti una minaccia diretta alla vita e alla qualità della vita, e che gli Stati abbiano il dovere di proteggere i propri cittadini da tali minacce.Utilizzato con successo nella storica causa “KlimaSeniorinnen” contro la Svizzera.
Codice del ConsumoArt. 20, 21, 22 (Pratiche commerciali scorrette e ingannevoli)Si contesta la comunicazione aziendale che si presenta come ecologica (“green”) nonostante le attività principali dell’azienda siano dannose per l’ambiente.Utilizzato come base per le denunce di greenwashing presentate all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

La storica sentenza ‘Urgenda’ in Olanda

Con la storica sentenza Urgenda Foundation v. State of the Netherlands, il 20 dicembre 2019 la Corte Suprema dei Paesi Bassi (Hoge Raad) ha confermato i precedenti giudizi e ha stabilito che lo Stato olandese ha l’obbligo di adottare misure per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 25% rispetto ai livelli del 1990 entro la fine del 2020, ordinando di fatto al governo di intensificare l’azione climatica in ragione del suo dovere di protezione verso i cittadini.

La decisione si fonda su un ragionamento giuridico articolato: i giudici hanno richiamato il principio del duty of care (dovere di diligenza) e gli obblighi derivanti dai diritti umani — in particolare articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che tutelano la vita e la sfera privata — per ritenere che lo Stato non possa sottrarsi alla responsabilità di prevenire danni climatici prevedibili e gravi. Il ragionamento della Corte è stato dettagliato nella motivazione, che collega norme nazionali, obblighi internazionali e le evidenze scientifiche sul rischio climatico.

La vicenda processuale è cominciata con il giudizio del Tribunale distrettuale de L’Aja nel 2015, che impose l’obiettivo del -25% al 2020. La decisione fu confermata dalla Corte d’Appello nel 2018 e infine accolta in cassazione dalla Corte Suprema nel 2019, che ha rigettato il ricorso dello Stato. Questo percorso giudiziario, con ben tre gradi di giudizio, è parte della forza persuasiva della sentenza: non si è trattato di una pronuncia isolata, ma del consolidamento di argomentazioni valutate da più collegi.

L’importanza pratica e simbolica della sentenza è grande: si tratta del primo caso in cui un tribunale ha ordinato a uno Stato nazionale di adottare misure concrete per ridurre le emissioni, creando un precedente che ha alimentato e legittimato ondate successive di climate litigation in Europa e oltre. Giuristi e centri di ricerca sul hanno descritto la decisione come una pietra miliare che ha ampliato l’orizzonte dei rimedi giudiziari a fronte della crisi climatica.

Lo sapevi? Anche senza ottenere sempre una vittoria in tribunale, le cause legali sul clima in Italia e nel mondo funzionano come veri strumenti di pressione: basta il procedimento stesso per far parlare media, cittadini e istituzioni, aumentando la consapevolezza pubblica e spingendo governi e aziende ad agire più velocemente contro la crisi climatica.

In sintesi

In Italia le cause legali sul clima stanno emergendo come strumento centrale di giustizia climatica, con cui cittadini e associazioni collegano i temi dei diritti umani e clima alle responsabilità di governi e imprese. Attraverso il ricorso al diritto ambientale, queste azioni non puntano solo a ottenere sentenze, ma anche a esercitare pressione politica e a rafforzare la consapevolezza pubblica sulla necessità di risposte concrete alla crisi climatica.

Video: Giudizio Universale:denunciare lo Stato per inazione climatica

Il video racconta il crescente impegno per la giustizia climatica in Italia, mostrando come cittadini di tutte le età si uniscano per affrontare la crisi climatica. Attraverso la citazione in giudizio dello Stato Italiano, oltre 200 attivisti chiedono azioni immediate per ridurre le emissioni, inserendosi in un movimento globale di climate litigation che ha già prodotto risultati concreti in diversi paesi e che in Italia ha portato alla cosiddetta “causa del secolo”.

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Rosaria De Benedictis

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