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Consumo di suolo: in Italia è aumentato del 10%  

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In meno di un anno 77 kmq di territorio sono stati cementificati, interessando anche a rischio idrogeologico e sismico. La perdita dei servizi ecosistemici garantiti dal suolo ammonta per il nostro Paese a 9 miliardi di euro all’anno.

Il consumo di suolo non conosce sosta in Italia. Secondo gli ultimi dati resi disponibili da Ispra, nei primi 10 mesi del 2022 sono stati consumati – sottratti cioè alla loro naturalità con la costruzione di strade, edifici, aeroporti, discariche – 77 kmq di territorio. Il consumo di suolo nel nostro Paese viaggia al ritmo di un maratoneta: oltre 2 mq al secondo e più di 21 ettari al giorno. Il valore più elevato degli ultimi 11 anni, calcola l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in crescita di circa il 10% rispetto all’anno precedente, alla faccia degli obiettivi di azzeramento.

Che cos’è il consumo di suolo

Il consumo di suolo è la variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale di suolo (suolo consumato), permanente (dovuto a una copertura artificiale permanente) o reversibile (dovuto a una copertura artificiale reversibile). Si considerano consumo di suolo permanente gli edifici, le strade pavimentate, le ferrovie, gli aeroporti, le banchine e le aree di movimentazione dei porti, e poi parcheggi, campi sportivi, serre pavimentate, discariche. Gli impianti fotovoltaici a terra, le strade non pavimentate e le aree in terra battuta di cantieri, piazzali, parcheggi o i depositi permanenti di materiale sono considerati invece consumo di suolo reversibile.

La Commissione Europea specifica che per consumo di suolo netto si intende la differenza tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali, dovuto a interventi di recupero, demolizione, de-impermeabilizzazione e rinaturalizzazione.

La crescita delle superfici artificiali solo in piccola parte, nel 2022, è stata compensata dal ripristino di aree naturali (6 kmq nei primi 10 mesi del 2022 secondo dati Ispra) prevalentemente dovuto al recupero di aree di cantiere e altro suolo consumato reversibile, facendo risultare ancora lontano l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, pari a quasi 71 kmq nell’ultimo anno.

Consumo di suolo: dove e perché

Al 2022 la copertura artificiale si estende nel nostro Paese per oltre 21.500 kmq: si tratta di oltre il 7% del totale del suolo italiano, fiumi e laghi inclusi. I cambiamenti nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese: nella pianura Padana, nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia; lungo la costa adriatica, in particolare in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese. Tra i Comuni con più di 50 mila abitanti, Ercolano, in Campania, rappresenta un caso virtuoso, con solo 0,2 ettari consumati in più nel 2022. Informazioni sempre aggiornate e dettagliate si possono ricavare dalla cartografia completa del consumo di suolo sull’EcoAtl@nte.

Il 13% del suolo artificializzato nel 2022 (circa 900 ettari) ricade in aree a medio rischio idrogeologico, dove l’11% di territorio è ormai impermeabilizzato, un valore sensibilmente superiore alla media nazionale. Più del 35% (oltre 2.500 ettari) si trova in aree a pericolosità sismica alta o molta alta e il 7,5% (quasi 530 ettari) è in aree a rischio frana.

Tra le principali cause del consumo di suolo, lo sviluppo dei poli logistici e la grande distribuzione organizzata, che nell’anno appena trascorso hanno toccato il massimo dal 2006. Le grandi infrastrutture rappresentano oltre l’8% del consumo totale, mentre gli edifici realizzati su suoli che nel 2021 erano agricoli o naturali sfiorano i 1.000 ettari, il 14% delle nuove superfici artificiali. Aumentano di oltre il 13% piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate, mentre le aree estrattive consumano 380 ettari di suolo in un anno, pari a più del 5% del totale. Per l’installazione a terra di impianti fotovoltaici si sono resi necessari quasi 500 ettari di terreno, 243 dei quali rientrano nella classificazione europea di consumo di suolo; per i restanti non c’è stata impermeabilizzazione né strutture inamovibili.

La perdita di servizi ecosistemici costa all’Italia 9 miliardi di euro all’anno

Perché il consumo di suolo preoccupa? Le funzioni ecologiche che un suolo di buona qualità è in grado di assicurare garantiscono, oltre al loro valore intrinseco, anche un valore economico e sociale attraverso la fornitura di servizi ecosistemici:  

Secondo le stime di Ispra la perdita dei servizi ecosistemici legati al suolo costa all’Italia 9 miliardi di euro ogni anno.

Nei principali centri urbani italiani la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più sature. “In media – sottolinea Ispra – la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4°C d’estate, con massime di 6°C a Firenze e di oltre 8°C a Milano”. Il consumo di suolo incide anche sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico: in un solo anno oltre 900 ettari di territorio in area a media pericolosità idraulica è stato impermeabilizzato.

Consumo di suolo: il percorso per azzerarlo

L’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo è stato definito a livello europeo con la Strategia tematica per la protezione del suolo del 2006, che ha sottolineato “la necessità di porre in essere buone pratiche per ridurre gli effetti negativi del consumo di suolo e, in particolare, della sua forma più evidente e irreversibile: l’impermeabilizzazione (soil sealing)”. Nel 2012 la Commissione europea ha indicato le priorità di azione e le modalità per raggiungere il consumo di suolo zero, con le linee guida per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo. Tra i Sustainable Development Goals, l’Onu ha inserito l’obiettivo di assicurare che il consumo di suolo non superi la crescita demografica (Indicatore SDG 11.3.1). A fine 2021 la Commissione Europea ha approvato la nuova Strategia 2030 dell’Unione europea per il suolo, per ribadire come la salute del suolo sia essenziale per conseguire gli obiettivi in materia di clima e di biodiversità del Green Deal europeo. Durante l’estate, poi, la Commissione europea ha presentato la propria proposta di Direttiva sul monitoraggio e la resilienza del suolo con l’obiettivo di raggiungere lo stato di buona salute dei suoli entro il 2050. Nella Direttiva, in discussione in questi giorni all’Europarlamento, mancano i target vincolanti contro la cementificazione.

A livello nazionale,  il Piano per la transizione ecologica (PTE) ha stabilito l’obiettivo di un consumo netto pari a zero entro il 2030, in linea con la data fissata dall’Onu e con un anticipo di 20 anni rispetto all’obiettivo europeo. L’azzeramento del consumo di suolo, secondo il PTE, dovrà avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse. Manca invece in Italia una legge per contrastare questa piaga che divora il suolo nazionale, tanto che Legambiente torna a ribadire l’urgenza per l’Italia di approvare una legge contro il consumo di suolo, in stallo da anni in Parlamento, e su cui aspetta dal Governo Meloni delle risposte concrete.

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